Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28673 del 09/11/2018
Cassazione civile sez. trib., 09/11/2018, (ud. 04/07/2018, dep. 09/11/2018), n.28673
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino L – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giusep – rel. Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Mar – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria G. – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 28252/2011 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via
dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
Cisel Srl, rappresentata e difesa dall’Avv. Pierluigi Benfatto,
presso cui è elettivamente domiciliata in Corridonia (MC) via
dell’Industria n. 241, giusta procura speciale a margine del
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale delle
Marche n. 202/4/10, depositata il 2 dicembre 2010, notificata il 16
settembre 2011;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 4 luglio 2018
dal Cons. Dott. Giuseppe Fuochi Tinarelli.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale De Augustinis Umberto, che ha concluso per l’accoglimento
del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Cisel Srl impugnava l’avviso di accertamento per l’anno 2004 per Iva in relazione a indebite detrazioni d’imposta nonchè per cessioni intracomunitarie poste in essere in regime di non imponibilità in assenza delle condizioni di legge.
L’impugnazione, parzialmente respinta dalla Commissione tributaria provinciale di Ancona, era accolta dal giudice d’appello che, quanto al primo rilievo, rilevava il venir meno dell’avviso di accertamento per spontaneo adeguamento della contribuente e, in relazione alle operazione intracomunitarie, affermava l’illegittimità della ripresa.
L’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione con un motivo; resiste la contribuente con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione del D.L. n. 331 del 1993, artt. 41, 46 e 50 conv. nella L. n. 427 del 1993, per aver la CTR ritenuto irrilevante, ai fini del riconoscimento del regime di non imponibilità, l’errata indicazione del codice identificativo dell’acquirente comunitario – nella specie, per essere cessata la relativa partita Iva anteriormente alla transazione commerciale – da ritenersi rilevante ai fini del riconoscimento della qualità di soggetto passivo d’imposta.
1.1. Il motivo è infondato.
Costituisce principio consolidato, da cui non vi è ragione di discostarsi, che, nel caso di cessioni intracomunitarie, la mera erronea indicazione del codice identificativo del cessionario, ovvero, come nella specie, l’indicazione di un codice cessato al momento dell’operazione, ovvero, ancora, l’omessa indicazione nell’elenco riepilogativo Istat (Intrastat), non costituiscono ragioni sufficienti a far venir meno la possibilità di applicazione del regime di non imponibilità di cui al D.L. n. 331 del 1993, art. 50, comma 1 e 2, trattandosi di requisiti formali e non sostanziali (v. da ultimo Cass. n. 16756 del 2016, rv. 641065; Cass. n. 23763 del 2015, rv. 637650).
Va dato atto, sul punto che, in questa evenienza, assumendo rilievo la sostanza e l’effettività della transazione, il contribuente è tenuto a dimostrare che – pur a fronte della indicazione erronea che non consente l’ordinario funzionamento del sistema di gestione degli scambi intracomunitari sotto il profilo fiscale – le operazioni erano effettive.
Tale profilo, tuttavia, è affermato come incontroverso dalla CTR (“i funzionari della Dogana non hanno mai messo in dubbio l’avvenuta esecuzione dei rapporti commerciali in questione”), accertamento in alcun modo censurato dall’Ufficio ricorrente.
2. Il ricorso va pertanto rigettato con aggravio delle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna l’Agenzia delle entrate alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.300,00, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 4 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2018