Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28665 del 09/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 09/11/2018, (ud. 05/06/2018, dep. 09/11/2018), n.28665

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 2297/2011 R.G. proposto da:

Nikenny Corporation s.r.l., in liquidazione (C.F. (OMISSIS)), in

persona del liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa

dall’avv. Natale Callipari, elettivamente domiciliata presso lo

studio dell’avv. Roberto Malizia, in Roma via Veneto 108;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, (C.F. (OMISSIS)), in persona del direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello

Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma Via

dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 107/10/2010 della Commissione Tributaria

Regionale di Bologna, depositata il 25 ottobre 2010;

Sentita la relazione svolta all’udienza del 5 giugno 2018 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Fichera;

Udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dott. Tommaso

Basile, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

Uditi l’avv. Roberto Tartaglia per la ricorrente e l’avv. Raffaela

Ferrando per la controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nikenny Corporation s.r.l. impugnò l’avviso di accertamento spiccato dall’Agenzia delle Entrate, con il quale erano stati recuperati a tassazione maggiori redditi soggetti ad IRES, IRAP ed IVA, in relazione all’anno d’imposta 2004.

Accolta parzialmente l’impugnazione in primo grado, Agenzia delle Entrate propose appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Bologna, che con sentenza depositata il 25 ottobre 2011, accolse il gravame dichiarando legittimo l’accertamento, con esclusione della sola ripresa a tassazione concernente una indebita detrazione di dazi doganali.

Avverso la detta sentenza, Nikenny Corporation s.r.l. – poi in liquidazione volontaria – ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste con controricorso Agenzia delle Entrate.

La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, deve rilevarsi che l’art. 372 c.p.c., in tema di deposito di documenti nuovi in sede di legittimità, nonostante il testuale riferimento alla sola inammissibilità del ricorso, consente la produzione di ogni documento incidente sulla proponibilità, procedibilità e proseguibilità del ricorso medesimo, inclusi quelli diretti ad evidenziare l’acquiescenza del ricorrente alla sentenza impugnata per comportamenti anteriori all’impugnazione, ovvero la cessazione della materia del contendere per fatti sopravvenuti che elidano l’interesse alla pronuncia sul ricorso purchè riconosciuti ed ammessi da tutti i contendenti (Cass. 29/02/2016, n. 3934).

Dunque, deve ritenersi sicuramente ammissibile la produzione da parte dell’Agenzia delle Entrate del provvedimento di annullamento parziale dell’avviso di accertamento impugnato, finalizzato ad una pronuncia di cessazione della materia del contendere, mentre inammissibile si mostra la produzione di talune sentenze penali da parte della ricorrente, all’evidenza tese a dimostrare la fondatezza dei motivi di ricorso.

2. Con il primo motivo lamenta la ricorrente violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2, artt. 2727 e 2729 c.c., nonchè vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), avendo il giudice di merito erroneamente ritenuto che fosse stato dimostrato l’intento fraudolento e l’inesistenza delle transazioni commerciali intervenute tra la contribuente e il terzo Tech Line s.r.l. nel corso dell’anno 2004.

2.1. Il motivo è inammissibile.

E invero, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 07/12/2017, n. 29404; Cass. 31/07/2017, n. 19011; Cass. 07/04/2017, n. 9097; Cass. 02/08/2016, n. 16056).

Nella vicenda all’esame, invece, la ricorrente con i motivi in esame, avvalendosi dello strumento del vizio di motivazione, ha inteso in maniera inammissibile sollecitare alla Corte un riesame nel merito degli accertamenti in fatto cui era giunta la commissione tributaria regionale, in ordine alla natura soggettivamente inesistente delle operazioni negoziali intercorse tra la ricorrente e il terzo Tech Line s.r.l., lamentando in sostanza una errata valutazione della documentazione probatoria prodotta dall’Amministrazione a sostegno dell’accertamento impugnato, ovvero la mancata considerazione di altra documentazione peraltro neppure specificatamente indicata nel corpo del motivo in spregio del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), (Cass. 28/09/2016, n. 19048) -, che avrebbe dimostrato la fondatezza dei motivi di impugnazione formulati dalla contribuente.

3. Con il secondo motivo la ricorrente eccepisce la violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21, avendo il giudice d’appello escluso la detraibilità dell’IVA per acquisti effettivamente posti in essere dalla contribuente.

3.1. Il motivo è infondato.

Com’è noto, in tema di IVA, ai sensi del combinato disposto del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19, art. 21, comma 7 e art. 26, comma 3, è precluso al cessionario dei beni il diritto alla detrazione o alla variazione dell’imposta nel caso di emissione di fatture per operazioni inesistenti anche solo sotto il profilo soggettivo, poichè, pur essendo i beni effettivamente entrati nella disponibilità dell’impresa utilizzatrice, la falsa indicazione di uno dei soggetti del rapporto determina l’evasione del tributo relativo alla diversa operazione, effettivamente realizzata tra altri soggetti (Cass. 07/10/2015, n. 20060; Cass. 16/05/2012, n. 7672).

Corretta allora si mostra la decisione del giudice di merito il quale, una volta accertato che le transazioni commerciali tra la odierna ricorrente e il terzo Tech Line s.r.l. erano risultate inesistenti, sia pure soltanto soggettivamente, ha escluso in applicazione dei principi surrichiamati che potesse essere detratta l’IVA sugli acquisti effettuati.

4. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito ed agli accessori di legge.

Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2018

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