Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28658 del 30/11/2017


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Cassazione civile, sez. III, 30/11/2017, (ud. 17/10/2017, dep.30/11/2017),  n. 28658

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.E.M. – premesso che, nelle date 8 settembre 2005 e 2 novembre 2005 (allorchè rivestiva il grado di Caporal Maggiore in ferma “breve” presso il 3^ Reggimento Alpini “(OMISSIS)” di (OMISSIS)), aveva subito due trattamenti sanitari obbligatori; che, a seguito della sua impugnativa, il secondo trattamento era stato dichiarato illegittimo dalla competente autorità giudiziaria, la quale aveva revocato il decreto di convalida dello stesso emesso dal Sindaco del Comune di Pinerolo; e che, in seguito a tale illegittimo trattamento, egli aveva subito danni non patrimoniali (derivanti dalla privazione della libertà personale e dalla somministrazione coattiva di farmaci) e patrimoniali (derivanti in particolare dalla perdita dell’opportunità di partecipare ad un concorso bandito per 1.000 posti per il transito al servizio “permanente”) – convenne dinanzi al Tribunale di Torino la Asl n. (OMISSIS) di Pinerolo, il Ministero della Salute, il Ministero della Difesa, Il Sindaco del Comune di Pinerolo e i medici B.S. e G.A., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni predetti, quantificati in circa 1.460.000 Euro.

Il Tribunale, pronunciando nel contraddittorio con le compagnie assicuratrici Lloyd’s e Faro s.p.a. (chiamate in manleva, rispettivamente, dalla Asl e dai medici), dichiarò il difetto di legittimazione passiva del Ministero della Salute e rigettò la domanda nei confronti degli altri convenuti.

La Corte di Appello di Torino ha dichiarato inammissibile sia l’appello principale proposto da F.E.M. sia quello incidentale proposto dalla Asl n. (OMISSIS) di Torino, succeduta a quella di Pinerolo.

Avverso la sentenza della Corte territoriale il F. ricorre per cassazione sulla base di due motivi.

Rispondono un unico controricorso la Asl n. (OMISSIS) di Torino, B.S. e gli eredi di G.A..

Rispondono, altresì, con distinti controricorsi il Comune di Pinerolo, in persona del Sindaco in carica, il Ministero della Difesa, e gli assicuratori dei Lloyds interessati, in persona del legale rappresentante per l’Italia, i quali ultimi propongono altresì ricorso incidentale condizionato.

Non svolgono attività difensiva in questa sede il Ministero della Salute e la Faro s.p.a..

Il Comune di Pinerolo e gli assicuratori dei Lloyd’s hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso principale censura la sentenza impugnata – sia sotto il profilo della violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3) sia sotto il profilo dell’omesso esame di fatto decisivo, nonchè della “manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione” (art. 360 c.p.c., n. 5) – per avere dichiarato inammissibile il motivo di appello con cui il F. aveva impugnato la statuizione di primo grado che, previo rigetto dell’eccezione sollevata dal Ministero della Difesa, aveva affermato la giurisdizione del giudice ordinario in luogo di quella del giudice amministrativo.

Deduce, per un verso, la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 3 e 63 nonchè dell’art. 7 codice del processo amministrativo (D.Lgs. n. 104 del 2010), sul rilievo che egli, in quanto militare, sarebbe rientrato tra le categorie di personale rimasto in regime di diritto pubblico, le controversie riguardanti il quale sarebbero restate devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; per altro verso la prevalenza, ai fini della giurisdizione, della responsabilità contrattuale imputabile, ex art. 2087 c.c. al Ministero della Difesa (per aver violato l’obbligo di garantirgli condizioni di lavoro che non pregiudicassero la sua integrità fisica e la sua personalità morale) sulla responsabilità extracontrattuale che egli aveva inteso far valere con l’originaria domanda risarcitoria fondata sull’illegittimità del trattamento sanitario subito.

2. Il secondo motivo censura la sentenza impugnata – sotto il profilo della violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3) – per avere dichiarato inammissibile il motivo di appello con cui il ricorrente aveva dedotto la sussistenza della responsabilità contrattuale dei Ministeri, del Sindaco, dei commilitoni, dei superiori e dei medici per i comportamenti da loro tenuti nei suoi confronti.

Deduce, da un lato, la violazione degli artt. 2087 e 2946 c.c., sul presupposto che la condotta lesiva del Ministero della Difesa, di concerto con quello della Salute, sarebbe stata espressione della violazione dell’obbligo contrattuale di garantirgli, in quanto dipendente, condizioni di lavoro non lesive dell’integrità fisica e della personalità morale; dall’altro lato, la violazione dell’art. 28 Cost., sul rilievo che l’immedesimazione organica sussistente tra i suoi superiori e il Ministero della Difesa, nonchè tra i medici e le amministrazioni di rispettiva appartenenza, sarebbe stata “espressione di un rapporto di servizio in seno alla Pubblica Amministrazione”, nonchè di “un contatto qualificato” da cui discenderebbe “la responsabilità contrattuale di questi soggetti, estensibile alla Pubblica Amministrazione”.

3. Entrambi i motivi sono inammissibili.

3.1. La Corte di Appello, nel provvedere sul motivo di gravame con cui il F. aveva impugnato la statuizione della sentenza di primo grado che aveva affermato la giurisdizione del giudice ordinario, ha fondato la declaratoria di inammissibilità su tre rationes decidendi.

In primo luogo ha ritenuto che il F. non avesse interesse (art. 100 c.p.c.) alla riforma della statuizione relativa alla giurisdizione, rispetto alla quale non era stato soccombente ma vittorioso, atteso che la domanda era stata da lui proposta dinanzi al giudice ordinario e l’eccezione di difetto di giurisdizione era stata sollevata da uno dei convenuti.

In secondo luogo ha ritenuto violato l’art. 345 c.p.c., sul presupposto del “radicale mutamento della prospettazione del titolo della domanda”.

In terzo luogo, infine, ha rilevato il difetto di specificità del motivo di gravame, per mancata aderenza alla ratio della decisione impugnata, la quale era fondata proprio sulle difese svolte dall’attore in primo grado, che erano state “completamente capovolte” in appello.

3.2. Analogamente, nel provvedere sul motivo di appello con cui il F. aveva dedotto la sussistenza della responsabilità contrattuale delle amministrazioni convenute, nonchè dei commilitoni, dei superiori e dei medici, la Corte di Appello ha fondato la declaratoria di inammissibilità su due rationes decidendi.

In primo luogo ha ritenuto nuovamente violato l’art. 345 c.c., in ragione del non consentito mutamento del titolo della domanda e dell’allegazione di circostanze del tutto nuove.

In secondo luogo ha ritenuto che il motivo di gravame difettasse del necessario requisito della specificità, richiesto dell’art. 342 c.p.c., sia perchè “non riducibile in termini razionali” (in quanto articolato in periodi non teleologicamente collegati tra loro e in quanto contenente citazioni giurisprudenziali non immediatamente riferibili alla motivazione della sentenza impugnata) sia perchè non coerente con il contenuto di quest’ultima, in quanto privo di argomentazioni utili ad incrinarne il fondamento logico-giuridico.

3.3. Orbene, con il ricorso per cassazione il ricorrente non prende posizione su alcuna delle rationes decidendi della sentenza della Corte territoriale ma si limita a ribadire le medesime argomentazioni poste a fondamento dell’appello, in ordine all’asserita spettanza della giurisdizione sulla presente controversia al giudice amministrativo e in ordine all’asserita sussistenza della responsabilità contrattuale delle pubbliche amministrazioni e delle persone fisiche convenute.

Le doglianze sono pertanto inammissibili per difetto di specificità in relazione al tenore della decisione impugnata atteso che si limitano, indebitamente, a ribadire le ragioni del gravame proposto avverso la decisione di primo grado, senza censurare quelle per le quali la Corte territoriale ha ritenuto tale gravame non ammissibile.

Questa Corte ha infatti ripetutamente affermato, per un verso, che la mancata considerazione delle motivazioni poste a base del provvedimento impugnato comporta l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, del ricorso per cassazione, atteso che questo deve necessariamente contenere l’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e deve necessariamente tradursi in una critica della stessa (Cass. 31/08/2015, n. 17330; Cass. 11/01/2005, n. 359); per altro verso, che con il ricorso per cassazione non possono essere proposte, e vanno quindi dichiarate inammissibili, le censure rivolte contro la sentenza di primo grado (Cass. 21/03/2014, n. 6733; Cass. 15/03/2006, n. 5637).

4. La declaratoria di inammissibilità del ricorso principale comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato proposto dagli Assicuratori dei Lloyds interessati, i quali, con riguardo alla sola ipotesi in cui l’accoglimento del ricorso principale aprisse la possibilità del riconoscimento, nei confronti del F., della responsabilità delle pubbliche amministrazioni e della persone fisiche da lui convenute, hanno dedotto l’inoperatività, totale o parziale, della polizza assicurativa stipulata con la Asl.

5. Le spese del giudizio legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. La liquidazione tiene conto della circostanza che la Asl n. (OMISSIS) di Torino, B.S. e gli eredi di G.A. hanno resistito con un unico controricorso, mentre il Ministero della Difesa, il Comune di Pinerolo e gli Assicuratori Lloyds hanno resistito con distinti controricorsi, nonchè del fatto che solo gli ultimi due hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

6. Sussistono le condizioni per la condanna del ricorrente principale ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 4, norma introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 13successivamente abrogata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46, comma 20, ed applicabile ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze pubblicate a decorrere dal 2 marzo 2006 (D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2).

6.1. In proposito questa Corte ha affermato (Cass. 07/10/2013, n. 22812; Cass. 11/03/2014 2014, n. 5599; Cass. 08/03/2017, n. 5801) che la previsione continua ad essere applicabile tenuto conto che la legge n. 69 del 2009 (art. 58, comma 1) ha precisato che le nuove norme che modificano il codice di procedura civile, e quindi anche la norma abrogativa, si applicano ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore (4 luglio 2009), non alle impugnazioni avverso le sentenze pubblicate dopo tale data (come invece previsto per singole disposizioni dal medesimo art. 58, comma 5). Pertanto, poichè il presente giudizio è stato instaurato nel luglio 2008 e la sentenza impugnata è stata pubblicata il giorno 8 aprile 2015, si applica la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 40 del 2006.

6.2. Non vi è dubbio, inoltre, sulla sussistenza dei presupposti della condanna ai sensi della norma in esame.

Questa infatti, a differenza di quella comminabile ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 1 non richiede la domanda di parte nè la prova del danno, ma tuttavia esige pur sempre, sul piano soggettivo, quanto meno la colpa grave della parte soccombente, la quale sussiste nell’ipotesi di violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l’infondatezza o l’inammissibilità della propria domanda.

Ebbene, il grado minimo di diligenza deve ritenersi senz’altro violato allorchè, come nel caso di specie, vengano reiterate tesi giuridiche già reputate infondate dal giudice di merito sulla base della riproposizione dei medesimi argomenti già compiutamente ed analiticamente confutati, senza tenere nella minima considerazione le ragioni per le quali erano state ritenute inaccoglibili e senza sottoporre ad alcuna critica tali ragioni. Questa Corte ha del resto già statuito che, ai fini della condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3, (norma che ha sostituito l’art. 385 c.p.c., comma 4, con riguardo ai giudizi introdotti dopo il 4 luglio 2009), integra colpa grave la proposizione di un ricorso per cassazione basato su motivi manifestamente infondati, poichè ripetitivi di quanto già confutato dal giudice di appello, precisando che in tali e consimili casi il ricorso per cassazione determina un ingiustificato aggravamento del sistema giurisdizionale, risultando piegato a fini dilatori e destinato, così, ad aumentare il volume del contenzioso e, conseguentemente, ad ostacolare la ragionevole durata dei processi pendenti, donde la necessità, anche alla luce della giurisprudenza della Corte Costituzionale (Corte Cost. n. 152 del 2006), di sanzionare tale contegno ai sensi della norma suddetta (Cass. 29/09/2016, n. 19285).

6.3. In applicazione dell’art. 385 c.p.c., comma 4, F.E.M. va pertanto condannato al pagamento, in favore dei controricorrenti, di una somma che, avuto riguardo al limite massimo stabilito dalla norma in parola, nonchè all’importo liquidato per le spese, da assumersi quale parametro di riferimento (Cass. 14/10/2016, n.20732), può essere equitativamente determinata in Euro 10.000,00 ciascuno, oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza sino al saldo.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Condanna il ricorrente principale al pagamento, in favore di ciascuna delle quattro parti controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, per la Asl n. (OMISSIS), B.S. e gli eredi di G.A., in complessivi Euro 10.200,00 di cui 200,00 per esborsi; per il Ministero della Difesa in Euro 10.200,00 di cui 200,00 per esborsi; per il Comune di Pinerolo in Euro 13.200,00 di cui 200,00 per esborsi; per gli assicuratori Lloyd’s in Euro 13.200,00 di cui 200,00 per esborsi (oltre, per ciascuna delle quattro parti controricorrenti, alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge).

Condanna il ricorrente principale a pagare a ciascuna delle quattro parti controricorrenti la somma di Euro 10.000,00, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 4, oltre interessi legali dalla data della pubblicazione della presente sentenza sino al saldo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2017

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