Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28658 del 24/12/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 28658 Anno 2013
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: NAZZICONE LOREDANA

SENTENZA

sul ricorso 5732-2010 proposto da:
CASSA DI RISPARMIO DI SAVONA S.P.A., in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS 34-B, presso

Data pubblicazione: 24/12/2013

l’avvocato CECCONI MAURIZIO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato VILLANI GIORGIO,
2013

giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

1831

contro

FALLIMENTO LOGISTICA E RISTORAZIONE S.P.A., in

1

persona del Curatore dott. ALBERTO VIRGINIO FONTANA,
elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE
MARZIO 1, presso l’avvocato VIANELLO LUCA, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
GALLIANO GUIDO, giusta procura a margine del

avverso la sentenza n.

controri corrente

213/2009 della CORTE

D’APPELLO di GENOVA, depositata il 23/02/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

27/11/2013

dal

Consigliere

Dott.

LOREDANA NAllICONE;
udito,

per la ricorrente,

l’Avvocato MAURIZIO

CECCONI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato LUCA
VIANELLO che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

controricorso;

,——

./
2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 23 febbraio 2009, la Corte
d’appello di Genova, in parziale riforma della
sentenza del 1 0 dicembre 2005 del Tribunale della
stessa città, ha aumentato da

e

81.048,68 ad

e

119.760,00 l’importo delle rimesse su conto corrente
bancario revocate in accoglimento dell’azione

revocatoria proposta, ai sensi del secondo comma
dell’art. 67 legge fall., nel testo previgente, dal
Fallimento della Logistica e Ristorazione s.p.a. nei
confronti della Cassa di Risparmio di Savona, in
relazione alle rimesse effettuate dalla fallita
nell’anno anteriore al fallimento, dichiarato il 15
luglio 1988.
La Corte ha ritenuto non provata l’esistenza di
un’apertura di credito, cui non sono equiparabili
l'”anticipazione fatture” e il “castelletto di
sconto”, né le autorizzazioni a “sconfinamenti di
cassa” o le anticipazioni degli importi degli assegni
tratti su altre banche: situazioni tutte che, per la
corte d’appello, non comprovano la conclusione di un
contratto di apertura di credito con cui la banca sia
obbligata ad attribuire al cliente con immediatezza
la disponibilità di una determinata somma.
Quanto, in particolare, alla considerazione, nei
calcoli del consulente tecnico, dei versamenti di
assegni bancari con riferimento alla data di valuta,
anziché a quella di accredito, ha ravvisato in tale
operazione, anche sulla base delle testimonianze, la
prassi di anticipare da parte dell’istituto di
credito i relativi importi, rendendoli disponibili
immediatamente, prassi tuttavia irrilevante ai fini
r.g. 5732/2010

3

u co
Lored

. est.
icone

della revocabilità e della individuazione della data
della rimessa.
Ha, poi, reputato generico ed inammissibile il

revocatoria”

degli accrediti

“duplicazione della
“intervenuti sul conto

corrente fatture girati al conto ordinario”;
provata la

scientia decoctionis,

nonché

sulla base di una

deliberata riduzione del capitale nel 1986 e poi nel
1987, peraltro non attuata, e di un decreto
ingiuntivo dell’INPS per quasi tre miliardi di lire
notificato nell’ottobre 1986.
Considerata, peraltro,

la ricapitalizzazione

alla fine del 1987 da parte di un nuovo socio, con
rinnovata fiducia verso l’impresa da parte del ceto
bancario, ha individuato la decorrenza dell’elemento
soggettivo nel mese di marzo 1988, allorché è rimasta
inattuata la ricapitalizzazione deliberata,
provvedendo, pertanto, ad aumentare l’importo
calcolato in primo grado con le rimesse del periodo
“dal 1.3.1987 al 19.5.1988”.
Infine, ha escluso la rivalutazione monetaria
dall’intero importo, trattandosi di debito di valuta.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per
cassazione la banca, sulla base di quattro motivi.
Resiste la curatela con controricorso. La ricorrente
ha, altresì, depositato la memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Il ricorso viene proposto sulla base di
quattro motivi.
1.1. – Con il primo motivo, la ricorrente
lamenta la “violazione e falsa applicazione dell’art.
360 n. 3 in relazione agli art. 2721 e 2724 c.c.”,
r.g. 5732/2010

4

Il coni. r14est.
Loreda N zz cone

motivo concernente la

nonché

l'”omessa insufficiente o contraddittoria

motivazione circa un fatto controverso e decisivo”,
avendo la corte d’appello – pur dopo avere affermato
che il contratto di apertura di credito non esige la
forma scritta ad substantiam e nonostante i documenti
prodotti e le prove testimoniali raccolte in primo

apertura di credito fra le parti, affermando essere
diversi i semplici fidi od affidamenti dal contratto
vero e proprio di apertura di credito.
1.2. – Con il secondo motivo, deduce

“la

violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n. 3
c.p.c.”,

per avere la corte d’appello errato

nell’individuare la data di accredito delle rimesse
sui conti correnti, determinando la data delle somme
portate dagli assegni versati in quella “di valuta”,
laddove i relativi importi erano stati immediatamente
resi disponibili al cliente.
1.3. – Con il terzo motivo,

censura

“la

violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n. 5
c.p.c.”:

lamenta che la sentenza impugnata abbia

omesso di verificare se le somme anticipate sui
titoli scontati fossero andate a buon fine, nonché se
tali somme siano state contabilizzate due volte fra
gli importi revocabili, ossia nel momento delle
anticipazioni sul conto corrente ordinario e poi al
momento dell’annotazione a credito nel conto corrente
“di evidenza”, limitandosi a giudicare il motivo
generico.
1.4. – Con il quarto motivo, deduce

“la

violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n. l
c.p.c. e in particolare degli artt. 67 1. fall. e
r.g. 5732/2010

5

Il co s. r1éI est.
Loredai NzÀicone

grado – escluso l’esistenza di un contratto di

2697 c.c.”,

nonché il vizio di motivazione circa

l’elemento soggettivo della fattispecie, sia per non
avere la corte d’appello dimostrato che del decreto
ingiuntivo a favore dell’INPS la banca fosse a
conoscenza, sia per aver considerato l’evento della
ricapitalizzazione ora in senso favorevole ed ora in
senso opposto e sia, infine, contraddicendosi
sci entia

allorché – dopo avere affermato che la

decoctionis fosse ravvisabile dal marzo 1988 – ha poi
fatto riferimento al “1/3/1997”.
2.1. – Il primo motivo è in parte inammissibile
ed in parte infondato.
Come palesa la riproduzione nel ricorso di tutti
i capitoli di prova testimoniale e di una parte delle
deposizioni rese, la ricorrente mira in realtà a
sottoporre alla Corte un nuovo giudizio sul fatto,
invece precluso in sede di legittimità.
Quanto al vizio di motivazione,

esso è

inammissibile, perché il fatto controverso indicato
dal ricorrente ai sensi dell’art. 360, primo comma,
n. 5 c.p.c. (nel testo applicabile

ratione temporis

risultante dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed
anteriore al d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito
in 1. 7 agosto 2012, n. 134) consiste nella
conclusione di un contratto di apertura di credito in
senso proprio tra le parti, che è invero la
qualificazione giuridica di un fatto, e non un fatto.
Nessuna censura, inoltre, merita la sentenza
impugnata, laddove ha affermato che il contratto di
apertura di credito non ha forma solenne, e pur
tuttavia è diverso da altre tipologie di generici
“affidamenti”, essendosi essa pienamente conformata
r.g. 5732/2010

6

Il coni. re
Loreda

t.
ne

alla fermissima giurisprudenza di questa Corte,
secondo cui:
a)

la revocabilità,

ex

art. 67 legge fall.,

delle rimesse in conto corrente bancario eseguite
dall’imprenditore poi fallito nel periodo sospetto è
condizionata al carattere solutorio, e non meramente

copertura di un conto corrente bancario si dà nel
caso di apertura di credito, che è onere della banca
provare, in quanto solo grazie alle caratteristiche
di tale contratto, posto che non vi è credito
esigibile della banca (esso lo diventerà solo al
momento della cessazione dell’apertura stessa), può
affermarsi che le rimesse non costituiscano pagamento
(di recente, Cass., sez. VI-1, 22 ottobre 2013, n.
23975; e già, fra le tante, sez. I, 9 novembre 2007,
n. 23393; 11 settembre 1998, n. 9018);
b)

il contratto di apertura di credito va

distinto da altri strumenti bancari, quali il
castelletto di sconto, il fido per smobilizzo crediti
ed altri, ai primi non propriamente equiparabili
nella loro configurazione giuridica, ma assimilati
nella pratica bancaria in quanto rispondenti alla
medesima finalità, e riflettenti rapporti di analoga
natura, i quali non attribuiscono al cliente della
banca, a differenza del contratto di apertura di
credito, la facoltà di disporre con immediatezza di
una determinata somma di danaro (in quanto questa
sarà determinata dall’entità degli accreditamenti
effettuati a seguito delle singole operazioni di
sconto), ma sono esclusivamente fonte, per l’istituto
di credito, dell’obbligo di accettazione per lo
r.g. 5732/2010

7

Il cons. el et.
Loredana azicne

ripristinatorio delle disponibilità; pertanto, la cd.

sconto, entro un predeterminato ammontare, dei titoli
che l’affidato presenterà: ed in presenza dei quali,
pertanto, la rimessa resta solutoria (così Cass.,
sez. I, 20 marzo 2008, n. 7451; 5 giugno 2007, n.
13176, resa nel medesimo fallimento per cui è causa e
non massimata; e cfr. ancora sez. I, 14 luglio 2010,

14470; 7 marzo 2003, n. 3396; 5 maggio 2000, n. 5634;
30 gennaio 1998, n. 970; 5 febbraio 1997, n. 1083; 28
aprile 1995, n. 4718; 11 settembre 1993, n. 9479);

c) la distinzione predetta neppure viene meno se
tra le due linee di credito esistenti – apertura di
credito sino ad un certo importo, e mero fido
generico per importi ulteriori – sia stabilito un
collegamento di fatto, nel senso che i ricavi
conseguiti attraverso sconti ed anticipazioni siano
destinati a confluire nel conto corrente di
corrispondenza che riflette l’apertura di credito,
trattandosi di meccanismo interno di alimentazione di
quel conto attraverso le rimesse provenienti dalle
singole operazioni di smobilizzo crediti, alla
stregua di qualunque altra rimessa di diversa
provenienza (cfr. Cass., sez. I, 20 marzo 2008, n.
7451; 5 giugno 2007, n. 13176, citt.).
2.2. – Il secondo motivo è inammissibile per
violazione dell’art. 366, primo comma, n. 4, c.p.c.,
dal momento che esso si limita a dedurre la
violazione dello stesso art. 360, primo comma, n. 3
c.p.c., dunque omettendo di indicare quali norme
sarebbero state violate, né potendo all’evidenza la
corte d’appello avere violato una norma processuale
che non regola il rito innanzi ad essa.
r.g. 5732/2010

8

11 cons. el •st.
one
Loredan

n. 16560; 30 luglio 2009, n. 17747; 9 luglio 2005, n.

2.3. – Stessa sorte segue il terzo motivo, il
quale stavolta deduce

“la violazione e falsa

applicazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c.”,

norma

parimenti inapplicabile innanzi alla corte d’appello;
si deve, poi, osservare che del tutto fondata è la
qualificazione di genericità al motivo formulata

2.4. – Il quarto motivo è infondato.
Alla stregua della complessiva motivazione della
sentenza impugnata, risulta invero palese come il
riferimento operato, quale termine iniziale della
riscontrata sussistenza dell’elemento soggettivo, al
“1/3/1997” sia il frutto di un mero errore materiale,
avendo in realtà la corte considerato e conteggiato
le rimesse dal 1 0 marzo 1998, posto, a tacer d’altro,
che la data indicata in sentenza si colloca ben oltre
il limite temporale dell’anno previsto dall’art. 67
c.p.c., nel testo all’epoca in vigore.
Circa la censura di aver male apprezzato
l’esistenza della

scientia decoctionis

della banca,

va premesso che l’apprezzamento del giudice di merito
sul ricorso alla presunzione quale mezzo di prova e
la valutazione della ricorrenza dei requisiti di
precisione, gravità e concordanza richiesti dalla
legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di
presunzione sono incensurabili in sede di
legittimità, l’unico sindacato in proposito riservato
al giudice di cassazione essendo quello sulla
coerenza della relativa motivazione (Cass., sez. I, 5
dicembre 2008, n. 28839; 20 novembre 2003, n. 17596),
e che, al fine di adempiere all’obbligo della
motivazione, il giudice del merito non è tenuto a
r.g. 5732/2010

9

Il cons ci. et.
ne
Lored

dalla corte territoriale.

valutare

singolarmente

tutte

le

risultanze

processuali ed a confutare tutte le argomentazioni
prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente
che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel
loro complesso, indichi gli elementi sui quali
intende fondare il proprio convincimento, dovendosi
ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri

rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati
specificamente, sono logicamente incompatibili con la
decisione adottata (Cass., sez. I, 11 aprile 2011, n.
8220, resa con riguardo al medesimo fallimento).
È stato altresì precisato che l’elemento
soggettivo è oggetto di apprezzamento riservato al
giudice di merito, potendo egli formare il relativo
convincimento anche attraverso il ricorso alla
presunzione, alla luce del parametro della comune
prudenza ed avvedutezza e della normale ed ordinaria
diligenza, con rilevanza peculiare della condizione
professionale

dell’acciplens,

in quanto la misura

della predetta diligenza va riferita alla categoria
di appartenenza del terzo ed all’onere di
informazione tipico del settore di operatività
(Cass., sez. I, 4 febbraio 2008, n. 2557; 18 aprile
2011, n. 8827); mentre la certezza logica
dell’esistenza del requisito soggettivo della
revocatoria fallimentare (vertendosi in tema di prova
indiziaria e non diretta) può legittimamente dirsi
acquisita non quando sia provata la conoscenza
effettiva, da parte di quello specifico creditore,
dello stato di decozione dell’impresa (prova
inesigibile

perché

diretta),

quando

tale

conoscenza possa ravvisarsi con riferimento ad una
r.g. 5732/2010

10

11 cons
Loredan

le t.
ne

figura di contraente astratto (prova inutilizzabile
perché correlata ad un parametro, del tutto teorico,
di “creditore avveduto”), bensì quando la probabilità
della

scientia decoctionis

trovi il suo fondamento

nei presupposti e nelle condizioni (economiche,
sociali, organizzative, topografiche, culturali)

nella specie, il creditore del fallito (Cass., sez.
VI-1, ord. 3 maggio 2012, n. 6686).
A tali principi si è attenuta la sentenza
impugnata.
La corte territoriale ha, invero, indicato
plurimi elementi a sostegno della
decoctionis

sci entia

e li ha valutati in modo globale ed

unitario, così corrispondendo ai precetti dei quali è
stata ingiustificatamente denunziata la violazione e
fornendo una motivazione congrua sul piano logico
oltreché giuridico, fondata sul decreto ingiuntivo
ottenuto dall’Inps per quasi tre miliardi, sulla
deliberazione di riduzione del capitale sociale, cui
non fu poi data attuazione, e sulla mancata
ricapitalizzazione anche da parte di un nuovo socio
che era dapprima stato coinvolto: elementi che sono
stati apprezzati come indizi convergenti a far
emergere, da un lato, il dissesto dell’impresa e,
dall’altro, la sua conoscenza da parte della banca.
Né è ammissibile la censura a riguardo, laddove
è intesa a svalutare la conclusione raggiunta
attraverso la prospettazione di una diversa
valutazione di quelle risultanze.
5. – Le spese seguono la soccombenza e si
liquidano come nel dispositivo, ai sensi del d.m. 12
r.g. 5732/2010

11

Il cons el. e t.
Lored
az ‘Te

nelle quali si sia concretamente trovato ad operare,

luglio

2012,

n.

140,

applicabile anche alle

prestazioni professionali

eseguite nel vigore delle

previgenti tariffe (Cass., sez. un., 12 ottobre 2012,
n. 17405).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente

7.200,00, di cui C 200,00 per esborsi, oltre agli
accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27
novembre 2013.

al pagamento delle spese di lite, che liquida in C

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