Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28655 del 15/12/2020

Cassazione civile sez. I, 15/12/2020, (ud. 13/11/2020, dep. 15/12/2020), n.28655

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorso 8523/2019 proposto da:

L.F., e K.N., nella qualità di genitori

esercenti la responsabiltà genitoriale sul figlio minore

L.A., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato Aldo

Grilli, in forza di procura speciale in atti;

– ricorrenti –

contro

Procura Generale Presso La Corte D’appello Di L’aquila;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il

07/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/11/2020 da Dott. IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello de L’Aquila, con decreto n. 73/2019, depositato il 7/02/2019, ha respinto il reclamo proposto da L.F. e K.N., cittadini (OMISSIS), nei confronti della Procura Generale presso la Corte d’appello de L’Aquila, avverso il decreto del Tribunale per l’minorenni, che aveva respinto la loro richiesta, D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 31 di autorizzazione a permanere in Italia, dovendo accudire il figlio minorenne, nato ad (OMISSIS).

I giudici della Corte distrettuale hanno ritenuto che non ricorressero gravi motivi connessi allo sviluppo psico-fisico del minore, atteso che il bambino, di poco più di un anno di età, non poteva ritenersi radicato in Italia e non erano state dedotte ulteriori gravi ragioni, se non un generico riferimento alle minori occasioni di istruzione dello stesso in Albania, stante le difficoltà dei genitori di trovare casa e lavoro una volta tornati in Patria.

Avverso la suddetta pronuncia, L.F. e K.N. propongono ricorso per cassazione, notificato il 4/3/2019, affidato a due motivi, nei confronti della Procura Generale presso la Corte d’appello de L’Aquila (che non svolge difese). Il PG ha depositato conclusioni scritte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

l. I ricorrenti lamentano, con,il primo motivo, la violazione e falsa

ò applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31 sulla sussistenza dei presupposti per la permanenza in Italia dei genitori stranieri del minore; con il secondo motivo, si lamenta poi l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo, rappresentato dai gravi motivi, nella specie sussistenti, per la chiesta autorizzazione alla permanenza in Italia (inclusi motivi di salute del bambino, che avrebbe contratto, in Albania, un’infezione, per essere stato sottoposto dai nonni alla circoncisione).

2. Le censure, da trattare unitariamente, in quanto connesse, sono infondate.

Questa Corte, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 21799/2010, ha affermato che “la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31 in presenza di gravi motivi connessi al suo sviluppo psico-fisico non richiede necessariamente l’esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, potendo comprendere qualsiasi dannò effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che, in considerazione dell’età o delle condizioni di salute, ricollegabili al complessivo equilibrio psicofisico, deriva o deriverà certamente al minore dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto”, pur dovendo trattarsi tuttavia “di situazioni non di lunga indeterminabile durata e non caratterizzate da tendenziale stabilità che, pur non prestandosi ad essere catalogate o standardizzate, si concretino in eventi traumatici e non prevedibili che trascendano il normale disagio dovuto al proprio rimpatrio o a quello di un familiare” (conf. Cass. 25419/2015; Cass. 29795/2017).

In una recente pronuncia (Cass.4197/2018) si è poi ulteriormente chiarito che “in tema di autorizzazione temporanea alla permanenza in Italia dei genitore del minore, il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31 non può essere interpretato in senso restrittivo, tutelando esso il diritto del minore ad avere rapporti continuativi con entrambi i genitori anche in deroga alle altre disposizioni del decreto, sicchè la norma non pretende la ricorrenza di situazioni eccezionali o necessariamente collegate alla sua salute, ma comprende qualsiasi danno grave che potrebbe subire il minore, sulla base di un giudizio prognostico circa le conseguenze di un peggioramento delle sue condizioni di vita con incidenza, sulla sua personalità, cui egli sarebbe esposto a causa dell’allontanamento dei genitori o dello sradicamento dall’ambiente in cui è nato e vissuto, qualora segua il genitore espulso nel luogo di destinazione; ne consegue che le situazioni che possono integrare i “gravi motivi” di cui al citato art. 31 non si prestano ad essere catalogate o standardizzate, spettando al giudice di merito valutare le circostanze del caso concreto con particolare attenzione, oltrechè alle esigenze di cure mediche, all’età del minore, che assume un rilievo presuntivo decrescente con l’aumentare della stessa, e al radicamento nel territorio italiano, il cui rilievo presuntivo è, invece, crescente con l’aumentare dell’età, in considerazione della prioritaria esigenza di stabilità affettiva nel delicato periodo di crescita”.

Le Sezioni Unite si sono poi ulteriormente pronunciate (Cass. 15750/2019) e, ribadendo che funzione della disposizione “è quella di salvaguardare il superiore interesse del minore in situazioni nelle quali l’allontanamento o il mancato ingresso di un suo familiare potrebbe pregiudicarne gravemente l’esistenza” e che l’interesse del familiare ad ottenere l’autorizzazione alla permanenza o all’ingresso nel territorio nazionale “riceve tutela in via riflessa; ovvero nella misura in cui sia funzionale a salvaguardare lo sviluppo psicofisico del minore, che e il bene giuridico protetto dalla norma nonchè la ragione unica del provvedimento autorizzatorio”, hanno affermato che la norma sulle attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia intende assicurare che la fattispecie permissiva non si risolva in un evento controproducente per il fanciullo od intollerabile per le ragioni interne di ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato e che l’attività del familiare incompatibile con la permanenza in Italia è destinata a rilevare, per esigenze logico-sistematiche, non solo in fase di revoca dell’autorizzazione ma anche in fase di rilascio della stessa.

Sempre questa Corte (Cass. 15642/20) ha precisato, da ultimo, che “la speciale autorizzazione all’ingresso o alla permanenza in territorio italiano, prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, in favore del familiare del minore straniero che si trovi in Italia, si fonda sul presupposto che, ai sensi dell’art. 19, comma 2, lett. a), D.Lgs. cit., quest’ultimo non può essere espulso. Ne consegue che la valutazione delle condizioni per il rilascio di detta autorizzazione non può esaurirsi in un giudizio sul radicamento del minore sul territorio italiano, il quale si risolverebbe in una grave violazione del divieto di espulsione. Tale considerazione può essere utilizzata solo come elemento integrativo, che concorre alla formulazione del giudizio prognostico, il quale deve fondarsi, indefettibilmente, sull’accertamento, secondo un giudizio probabilistico, del nesso causale tra l’allontanamento coattivo del genitore e i verosimili effetti pregiudizievoli sull’equilibrio psico-fisico del minore”.

Nella specie, la Corte d’appello ha dato rilievo, al pari del giudice di primo grado, sia al fatto che il minore, attesa la tenera età (di poco più un anno, all’epoca), non presenta un effettivo radicamento in Italia e sia alla mancata allegazione dei gravi motivi necessari, essendo state prospettate solo minori occasioni di assicurare un percorso di istruzione del minore.

Trattasi di valutazione di merito che non collide con i principi di diritto sopra enucleati da questa Corte nelle pronunce richiamate.

Nel ricorso si è solo genericamente accennato ad una infezione contratta dal minore durante un soggiorno in Albania, senza specificazione su eventuali patologie conseguenti per il minore.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

Il presente procedimento risulta esente e non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020

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