Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28653 del 15/12/2020

Cassazione civile sez. I, 15/12/2020, (ud. 13/11/2020, dep. 15/12/2020), n.28653

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8826/2019 proposto da:

Consorzio Regionale per lo Sviluppo delle Attività Produttive

(CORAP), in persona del commissario straordinario pro tempore,

domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile

della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato

S.E., giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.N.F., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Policastri Giovanni B., giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1492/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

pubblicata il 25/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/11/2020 dal cons. Dott. IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza n. 1492/2018, depositata in data 25/7/2018 – in controversia promossa, con citazione del novembre 2015, da D.N.F. nei confronti Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Cosenza, per sentire determinare l’indennità dovuta per l’esproprio, con decreto dell’8/9/2005 (poi rettificato nell’ottobre dello stesso anno), di un terreno edificabile, sito nell’agglomerato di (OMISSIS), per la realizzazione di insediamenti produttivi e pertinenze connesse, con immissione in possesso successiva al decreto di esproprio, – ha, nella contumacia del Consorzio, all’esito di CTU, ordinato al Consorzio stesso il deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti, in favore dell’attore, della somma di Euro 1.517.231,57, oltre interessi legali dal giorno dell’espropriazione al soddisfo.

Avverso la suddetta pronuncia, asseritamente non notificata, il Consorzio Regionale per lo Sviluppo delle Attività Produttive (CORAP) propone ricorso per cassazione, notificato, a mezzo U.G., il 25/2/4/3/2019, affidato a tre motivi, nei confronti di D.N.F. (che resiste con controricorso, notificato il 12/4/2019, via PEC). Il controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta: 1) con il primo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 164 c.p.c. comma 1 in punto di vocatio in ius e di nullità della notificazione, in data 3/11/2015, dell’atto introduttivo del giudizio effettuata nei confronti di un Ente pubblico già all’epoca soppresso, il Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Cosenza, per effetto della L.R. Calabria n. 24 del 2013, e privo di capacità processuale (o meglio ad indirizzo PEC correlato al vecchio Consorzio, peraltro, senza prova dell’effettiva consegna al destinatario) e non del CORAP, già subentrato all’ente estinto, con conseguente nullità dell’atto di citazione introduttivo del giudizio; 2) con il secondo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.P.R. n. 327 del 2001 TU, art. 32 in relazione all’errata individuazione, da parte della Corte di merito, della natura e destinazione del terreno occupato e quindi del suo valore, atteso che gli strumenti urbanistici, vigenti alla data dell’esproprio, qualificavano il terreno come di natura agricola e non edificatoria; 3) con il terzo motivo, sia la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, dell’art. 112 c.p.c., per ultrapetizione, nonchè art. 132 c.p.c. e art. 111 Cost., per omessa motivazione, in punto di sussistenza dei requisiti necessari per il riconoscimento dell’indennità di coltivatore diretto, sia la violazione del L. n. 865 del 1971, dell’art. 17 e del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 39, comma 7.

2. Il controricorrente eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per cassazione per violazione del termine di cui all’art. 325 c.p.c., rilevando che la sentenza della Corte d’appello è stata notificata alla parte personalmente, essendo il Consorzio rimasto contumace nel giudizio, a mezzo PEC il 3/9/2018, e che il ricorso per cassazione è stato notificato soltanto il 25/2/-4/3/2019 (oltre anche il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza).

In particolare, il controricorrente D.N. ha allegato documentazione (all.to 3 del controricorso), relativa alla notificazione della sentenza impugnata della Corte d’appello di Catanzaro n. 1492/2018, stante la contumacia nel giudizio dinanzi alla Corte d’appello, all’indirizzo PEC dell’ente pubblico economico, il Consorzio Regionale per lo Sviluppo delle Attività Produttive, succeduto per fusione per incorporazione al Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Cosenza, indirizzo che il difensore notificante, L. n. 53 del 1994, ex art. 3 bis ha dichiarato di avere estratto dal registro generale degli indirizzi elettronici, con ricevuta di accettazione e consegna del 3/9/2018.

3. Il ricorso è improcedibile, indipendentemente dal riscontro effettivo della tempestività o meno del rispetto del termine breve, ex art. 325 c.p.c., come eccepito dal controricorrente, stante il mancato deposito da parte del ricorrente di copia della sentenza impugnata entro il termine di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1 (secondo il quale, il ricorso per cassazione deve essere depositato, a pena di improcedibilità, nel termine di giorni venti dall’ultima notificazione, ed insieme con il ricorso deve essere depositata, sempre a pena di improcedibilità, per quanto qui interessa, copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta).

Invero, il Corap ha allegato che la sentenza impugnata della Corte d’appello non gli è stata notificata, depositando copia autentica della sentenza impugnata senza relata di notifica (ed esercitando quindi l’impugnazione entro il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c.), ma il controricorrente ha eccepito che la sentenza impugnata è stata notificata ai fini del decorso del termine breve di cui all’art. 325 c.p.c. e che il ricorso per cassazione è stato tardivamente notificato, senza che nulla abbia replicato il ricorrente, malgrado notifica del controricorso.

Orbene, nell’ipotesi in cui il ricorrente per cassazione non alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, “la Corte di cassazione deve ritenere che lo stesso ricorrente abbia esercitato il diritto di impugnazione entro il c. d. termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., procedendo all’accertamento della sua osservanza” e “tuttavia, qualora o per eccezione del controricorrente o per le emergenze del diretto esame delle produzioni delle parti o del fascicolo d’ufficio emerga che la sentenza impugnata era stata notificata ai fini del decorso del termine di impugnazione, la S.C., indipendentemente dal riscontro della tempestività o meno del rispetto del termine breve, deve accertare se la parte ricorrente abbia ottemperato all’onere del deposito della copia della sentenza impugnata entro il termine di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1 e, in mancanza, deve dichiarare improcedibile il ricorso, atteso che il riscontro della improcedibilità precede quello dell’eventuale inammissibilità. La previsione – di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, – dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al primo coma della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta è funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione, a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale, della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve” (Cass. S.U. 9005/2009; Cass. 6706/2013; Cass. L. 7469/2014, Cass. 1295/2018).

4. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato improcedibile il ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara improcedibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.000,00, a titolo di compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonchè al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020

 

 

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