Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28652 del 15/12/2020

Cassazione civile sez. I, 15/12/2020, (ud. 13/11/2020, dep. 15/12/2020), n.28652

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5660/2019 proposto da:

Comune di Monasterace, in persona del sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Monte delle Gioie n. 13,

presso lo studio dell’avvocato Valensise Carolina, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Scaglione Francesco,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del

Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

nonchè contro

M.G., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in Roma,

Via Crescenzio n. 62, presso lo studio dell’avvocato De Stefano

Alessandro, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati Lo

Cicero Ugo, M.G., giusta procura in calce al

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

Comune di Monasterace, in persona del sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Monte delle Gioie n. 13,

presso lo studio dell’avvocato Valensise Carolina, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Scaglione Francesco,

giusta procura in calce al ricorso principale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 888/2018 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 19/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/11/2020 dal cons. Dott. IOFRIDA GIULIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Locri, con sentenza passata in giudicato, del 1997, – in controversia promossa, nel 1982, da C.D. in M., proprietaria esclusiva, in forza di divisione con i coeredi di Q.T. ved. C., non trascritta, di una porzione delle particelle (OMISSIS), sita nel territorio comunale, avente un fronte lungo la Strada statale (OMISSIS), nei confronti del Comune di Monasterace, nonchè dei coeredi di Q.T. ved. C. ed in altro giudizio, riunito, promosso dalla stessa attrice anche nei confronti dell’Amministrazione del Demanio Marittimo, per sentire condannare il convenuto Comune, in relazione all’occupazione delle particelle (OMISSIS) di porzione di terreno disposta dal Comune, nel giugno 1980, per la realizzazione di opera pubblica (un sottopassaggio ferroviario pedonale, la copertura di un burrone ed un piazzale antistante la strada statale (OMISSIS) e nei pressi della stazione ferroviaria), al risarcimento dei danni, giudizio che, a seguito di una complessa vicenda processuale, era stato riassunto, nel 1993, da M.C.D. + ALTRI OMESSI.C.V.L.C.S.W.L.C.U.L.C.F.e.L.C.R.q.a.c.d.Cimino Quaranta Teresa ,.-.d.c.l.m.d.c.i.o.a.p.(OMISSIS).

R.i.g.n.1.d.Cimino Delia Muscolo, + ALTRI OMESSI, nei confronti del Comune di Monasterace e del Ministero della Marina Mercantile, il Tribunale di Reggio Calabria, con sentenza del marzo 2002, condannava il Comune convenuto al risarcimento in favore degli attori, legittimi proprietari, quali eredi/aventi causa di C.T. ved. Q., del cespite immobiliare, per un ammontare di Euro 121.538,00 (L. 170.000 al mq, per 1385 mq occupati alla data del 22/12/1984), in relazione all’occupazione de facto, in assenza di una regolare procedura di esproprio, della particella (OMISSIS), posta in essere dal Comune, oltre interessi legali dal 22/12/1984 (data di valutazione) al soddisfo.

La Corte d’appello di Reggio Calabria, con sentenza n. 888/2018, depositata il 19/12/2018, accertata, anche all’esito di consulenza tecnica d’ufficio, la natura privata e non demaniale dell’area in oggetto, come emergente dall’atto pubblico di compravendita del 1921 (da cui si evinceva l’acquisto, da parte di Q.T., dante causa degli attuali attori, di un suolo posto “di fronte alla stazione ferroviaria dell’epoca per una lunghezza di metri 35 e in profondità dalla scarpata della strada al mare per una lunghezza di metri quaranta”) e dal possesso ininterrotto, da parte Q.C.T. e dei rispettivi eredi, di detto suolo e di altri terreni confinanti, poi divisi tra i coeredi, nonchè dato atto che all’occupazione d’urgenza non era seguito decreto di esproprio, ha, in parziale accoglimento dell’appello del Comune, riformato la decisione di primo grado, condannando il Comune medesimo al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, della minor somma di Euro 54.376,54, così determinato il valore, all’anno 1981, oltre “rivalutazione monetaria” ed interessi dal settembre 1981 (data di irreversibile trasformazione del suolo per la realizzazione dell’opera pubblica) e sino al saldo.

Avverso la suddetta pronuncia, il Comune di Monesterace propone ricorso per cassazione, notificato l’11/2/2019, affidato a due motivi, nei confronti di M.G., + ALTRI OMESSI (che resisto con controricorso e ricorso incidentale in quattro motivi, notificato il 14-19/3/2019), nonchè del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (che resiste con controricorso). Il ricorrente principale ha depositato controricorso al ricorso incidentale. Il ricorrente principale ed i controricorrenti M. + altri hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente principale lamenta, con il primo motivo, l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, in ordine alla non “coincidenza” tra il terreno oggetto di lite, occupato dal Comune, e quello di proprietà degli attori; con il secondo motivo, si denuncia poi la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte d’appello riconosciuto anche la rivalutazione monetaria sulla sorte risarcitoria, trattandosi di debito di valore, in difetto di appello incidentale sul punto.

2. I ricorrenti incidentali lamentano: 1) con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 2909 c.c. e art. 112 c.p.c., in quanto, mentre il Tribunale, condividendo le conclusioni del consulente tecnico incaricato, aveva individuato nel 1984 l’epoca di irreversibile trasformazione del fondo, cui occorreva fare riferimento per la quantificazione del danno e la determinazione del valore di mercato del bene, la Corte d’appello, in difetto di impugnazione sul punto, ha invece, recependo le diverse determinazioni del nuovo consulente designato, preso come riferimento un diverso periodo (1981); 2) con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 115 c.p.c., atteso che la collocazione al “22 dicembre 1984” del momento della irreversibile trasformazione del suolo costituiva un dato pacifico e non contestato, vincolante per il giudice; 3) con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 2043 c.c. e dei principi desumibili dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis secondo l’interpretazione della Corte Costituzionale con la sentenza n. 442/1993, censurando la decisione della Corte d’appello anche nella parte in cui ha distinto l’area edificabile (per la quale è stato stimato un valore di L. 95.000 al mq, a settembre 1981, decurtando la stima UTE della percentuale del 5% per oneri di urbanizzazione) e l’area destinata a parcheggio (cui si è attribuito un valore pari al 50% di quella edificabile), alla luce del piano di fabbricazione approvato dal Comune nel 1972 e riapprovato in via definitiva nel 1975, dovendosi invece ritenere che la destinazione a parcheggio aveva natura espropriativa e non conformativa (come eccepito nella terza comparsa conclusionale in appello); 4) con il quarto motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 1187 del 1968, art. 2 non avendo la Corte d’appello tenuto conto del fatto che il vincolo di destinazione posto dal piano di fabbricazione, nel 1981, data presa come riferimento dalla Corte d’appello, era decaduto per mancata approvazione nel quinquennio successivo di piani particolareggiati e di lottizzazione convenzionati, cosicchè l’area doveva essere valutata a valore pieno e non dimezzato.

3. La prima censura del ricorso principale è inammissibile.

Assume il ricorrente che la Corte d’appello avrebbe omesso di considerare che il primo consulente tecnico d’ufficio incaricato di verificare la corrispondenza tra il suolo edificatorio a suo tempo acquistato, nel 1921, dalla dante causa degli attuali attori, alla particella (OMISSIS) oggetto di occupazione da parte del Comune, aveva dato risposta negativa al quesito.

La Corte d’appello ha ritenuto di superare il motivo di doglianza del Comune e di affermare che il suolo occupato dall’Ente locale, per la realizzazione di una piazza comunale, corrispondeva a quello acquistato dalla dante causa degli attori nel 1921, anche tenuto conto delle risultanze delle prove testimoniali espletate (dalle quali era emerso il possesso ininterrotto del suolo in capo all’acquirente), non potendosi dare rilievo alle differenze di forma e di estensione (1450 mq in luogo dei 1400 compravenduti) conseguente alla successiva iscrizione della stessa nell’istituito N. C.T.; la Corte distrettuale dava anche rilievo a nota della Capitaneria di Porto ed al fatto che la asserita natura pubblica o demaniale del bene non era stata dedotta negli atti di costituzione del Ministero della Marina Mercantile prima e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti poi, che non avevano avanzato alcuna domanda al riguardo.

Ora, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. S.U. 8053/2014; Cass. 23940/2017).

Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 7921/2011; Cass. 9097/2017; Cass. 29404/2017).

Nella specie, non vi è stato omesso esame di un fatto storico decisivo, avendo la Corte d’appello proceduto ad una propria valutazione delle risultanze istruttorie, ed in primis alla valutazione dell’asserita carenza della proprietà in capo agli attori del terreno oggetto del giudizio, anche sulla base delle risultanze peritali; con il motivo, si vuole sollecitare un nuovo esame delle risultanze fattuali accertate dal giudice di merito. Inoltre il vizio di insufficiente motivazione non può essere più sindacato dal giudice di legittimità.

4. Il secondo motivo è infondato.

Assume di Comune che la Corte d’appello sarebbe incorsa in vizio di ultrapetizione avendo disposto la rivalutazione della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno, sebbene il Tribunale nulla avesse statuito al riguardo e la sentenza di primo grado non fosse stata impugnata dagli eredi C. con uno specifico motivo di appello.

Ora, la Corte d’appello ha provveduto ad una rideterminazione del credito risarcitorio e nella nuova liquidazione, trattandosi di credito di valore, da effettuare alla stregua dei valori monetari corrispondenti al momento della relativa pronuncia, ha correttamente tenuto conto della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla decisione, potendolo fare anche di ufficio, a prescindere dalla prova della sussistenza di uno specifico pregiudizio, oltre gli interessi legali (in tema, Cass. 15604/2014; Cass. 1802/2010). Invero, in presenza di debito di valore, da risarcimento del danno per fatto illecito, l’adeguamento del valore monetario al momento della decisione deve essere accordato anche d’ufficio, sulla base del solo fatto notorio dell’inflazione, ed anche per il periodo intercorrente tra la decisione di primo grado e quella di appello, salva un’espressa manifestazione di volontà contraria del danneggiato (Cass. 10022/2003; Cass. 18092/2005).

5. I primi due motivi del ricorso incidentale sono infondati.

Il Tribunale, nella sentenza del marzo 2002 aveva liquidato il danno in Euro 121.538,00, valore stimato dal primo consulente tecnico incaricato alla data del 1984 (giusta “ordinanza d’incarico”), oltre interessi legali da tale data fino al soddisfo.

La Corte d’appello, nella decisione qui impugnata, investita dalla impugnazione del Comune, il quale chiedeva, oltre al rigetto della domanda risarcitoria, anche la riduzione del quantum liquidato ed anche in punto di interessi, ha rideterminato il danno, alla luce di una nuova consulenza tecnica d’ufficio, che aveva stimato il valore dell’area con riferimento all’anno 1981, epoca in cui si è verificata, in relazione all’andamento dei lavori, l’irreversibile trasformazione del bene.

Ora, come più volte chiarito la mancata impugnazione di una o più affermazioni contenute nella sentenza può dar luogo alla formazione del giudicato interno “soltanto se le stesse siano configurabili come capi completamente autonomi, avendo risolto questioni controverse che, in quanto dotate di propria individualità ed autonomia, integrino una decisione del tutto indipendente, e non anche quando si tratti di mere argomentazioni oppure della valutazione di presupposti necessari di fatto che, unitamente ad altri, concorrano a formare un capo unico della decisione” (Cass.21566/2017; Cass. 4732/2012).

Non vi è stata pertanto nè violazione di un giudicato interno nè violazione dell’art. 115 c.p.c..

6. Il terzo motivo del ricorso incidentale è infondato.

La Corte d’appello, condividendo le risultanze peritali, ha avuto riguardo alla destinazione urbanistica dell’area al 1981 (zona territoriale omogenea tipo A2, abitato esistente, con indice di fabbricabilità fondiaria di 2,0 mc/mq e zona P10 destinata a parcheggi) ed alla stima sintetico-comparativa operata tenendo conto delle stime UTE nel 1984 e delle vendite di altri terreni negli anni successivi (Lire 95.000 al mq per la porzione edificabile e Lire 47.500, pari al 50% del valore edificabile per la porzione destinata a parcheggi).

Orbene, la pronuncia risulta correttamente motivata, avendo questa Corte chiarito (Cass. 23639/2016; conf. Cass. 18584/2020) che “in tema di occupazione usurpativa, il risarcimento del danno dev’essere commisurato all’integrale valore di mercato del suolo, sulla base delle obiettive ed intrinseche caratteristiche ed attitudini dell’area, in relazione alle utilizzazioni autorizzate dagli strumenti di pianificazione del territorio. Deve, pertanto, tenersi conto dell’unico criterio discretivo dell’edificabilità legale, posto dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 3, (recepito nel D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32 e 37), senza che sia consentito alcun ricorso, integrativo o sostitutivo, all’edificabilità di fatto, dovendosi tuttavia precisare che, all’interno della categoria dei suoli inedificabili rivestono valore, anche a fini indennitari, le possibilità di edificazione intermedie tra l’agricola e l’edificatoria (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative ecc.), sempre che siano assentite dalla normativa vigente, sia pure con il conseguimento delle opportune autorizzazioni amministrative”.

7. La seconda parte della terza censura, in ordine alla asserita natura di vincolo espropriativo della destinazione di parte dell’area a parcheggio, risulta nuova (avendo gli stessi ricorrenti incidentali dedotto di avere mosso in merito contestazioni alla consulenza tecnica nella “terza comparsa conclusionale”) e del pari è questione nuova quella involta dal quarto motivo, in punto di asserita decadenza dei vincoli posti dallo strumento urbanistico (in quanto imposti dal PRG oltre cinque anni prima e non seguiti dall’approvazione dei relativi piani particolareggiati o da piani di lottizzazione convenzionati, per effetto della L. n. 1187 del 1968, art. 2), questione che sempre si asserisce essere stata posta nella terza comparsa conclusionale.

Le doglianze predette sono pertanto inammissibili.

7. Per tutto quanto sopra esposto, vanno respinti sia il ricorso principale sia quello incidentale.

Atteso l’esito della lite, ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte respinge il ricorso principale e quello incidentale; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA