Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2865 del 05/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 05/02/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 05/02/2021), n.2865

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36607-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

TECNOLOGIE ECOSOSTENIBILI SOLARI SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4649/24/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata l’11/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. VITTIRIO

RAGONESI.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria provinciale di Benevento, con sentenza n. 719/16, sez. 2, rigettava il ricorso proposto dalla Tecnologie ecosostenibili solari srl avverso l’avviso di accertamento (OMISSIS) relativo ad Ires, Iva ed Irap 2012.

Avverso detta decisione la società contribuente proponeva appello innanzi alla CTR Campania che, con sentenza 4649/2018, accoglieva parzialmente l’impugnazione riconoscendo l’insussistenza di rimanenze finali non dichiarate.

Avverso la detta sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di due motivi.

La società contribuente non ha resistito con controricorso.

La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, l’Agenzia deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per motivazione apparente non contenendo l’esposizione dei fatti e delle ragioni della decisione.

Con il secondo motivo contesta la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 92, in combinato disposto con lo stesso decreto, artt. 83 e 109, presidenziale poichè dalle fatture citate in sentenza risultava che i costi per l’acquisto dei beni erano stati sostenuti nel 2012 mentre la maggior parte dei ricavi si era realizzata nel 2013.

Risulta infondato il primo motivo del ricorso.

Va premesso che la sentenza impugnata riporta in modo dettagliato, da un lato, le fatture di acquisto di materiali utilizzati per la fornitura e l’installazione di impianti fotovoltaici con i relativi importi di spesa e, dall’altro, quelle emesse nei confronti di due imprese agricole clienti per il pagamento dei lavori effettuati anch’esse con i relativi importi, dovendosi precisare che mentre le prime fatture risultano tutte relative all’anno 2012, quelle per il pagamento dei lavori si riferiscono alcune all’anno 2012 ed altre all’anno 2013 riguardo ad entrambe le imprese agricole clienti.

Immediatamente dopo il predetto elenco di fatture, la sentenza fornisce la seguente motivazione circa la propria decisione: “pertanto il collegio rileva che risulta utilizzato nell’anno tutto il materiale acquistato per la realizzazione degli impianti relativi ai cantieri controllati dall’Ufficio, con la conseguente assenza di rimanenze finali erroneamente recuperate a tassazione”.

Tale motivazione appare invero adeguata poichè, dopo avere dato conto delle risultanze istruttorie costituite dalle fatture relative agli acquisti di materie prime necessarie per l’installazione di impianti elettrici fotovoltaici per l’anno 2012, ha dato atto dei pagamenti ricevuti negli anni 2012 e 2013 per i lavori effettuati ritenendo che in virtù di tale documentazione dovesse escludersi l’esistenza di rimanenze finali.

Il primo motivo va quindi respinto.

Va invece accolto il secondo.

Invero la decisione assunta dalla Commissione regionale non appare conforme a diritto.

Secondo l’indirizzo giurisprudenziale consolidato in materia di determinazione del reddito d’impresa, Il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (T.U.I.R.), art. 59, (attuale art. 92), successivamente modificato dal D.L. 29 giugno 1994, n. 416, art. 1, comma 1, convertito con modificazioni nella L. 8 agosto 1994, n. 503, postula in campo tributario il cosiddetto principio di continuità dei valori di bilancio, per cui le rimanenze finali di un esercizio costituiscono esistenze iniziali dell’esercizio successivo e le reciproche variazioni concorrono a formare il reddito d’esercizio (Cass. 22932/18; Cass. Sez. 5, n. 17298 del 30/07/2014; Cass. Sez. 5, n. 11748 del 12/05;2003).

Ciò premesso va rammentato che questa Corte ha chiarito che “secondo la disciplina civilistica, le rimanenze finali sono dunque valutate con il criterio del costo che, in base alle modalità di reperimento del bene, si distingue in costo di acquisto e in costo di produzione. Lo stesso art. 2426 c.c., al n. 1), definisce il costo d’acquisto e il costo di produzione; nel primo si computano, oltre al prezzo effettivo di acquisto, anche i costi accessori, ossia quelli direttamente imputabili al contratto di acquisto, nonchè quelli di diretta imputazione (tra i quali rientrano oneri fiscali e doganali, spese di imballaggio, trasporto e spese di assicurazione, costi di intermediazione). Il costo di produzione, invece, comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto (cd. costi diretti), attraverso la tecnica del cd. costo base (direct costing), costituiti dai costi dei materiali utilizzati, dagli imballaggi e dalla manodopera diretta impiegata, e può anche comprendere altri costi di indiretta imputazione (cd. costi indiretti), per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto in base a determinati parametri (cost drivers) (quali le ore di mano d’opera, le ore macchina), relativi al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato, rappresentati da spese generali di produzione comuni a più prodotti (manodopera indiretta, ammortamenti, manutenzioni e riparazioni, materiali di consumo utilizzati, consumi di energia). (Cass. 27334/20).

La sentenza qui citata ha altresì evidenziato che “con riguardo ai prodotti in corso di lavorazione, L’art. 59 t.u.i.r., comma 5 (ora art. 92 t.u.i.r., comma 6), prevede: “I prodotti in corso di lavorazione ed i servizi in corso di esecuzione al termine dell’esercizio sono valutati in base alle spese sostenute nell’esercizio stesso, salvo quanto stabilito nell’art. 93, per le opere, le forniture e i servizi di durata ultrannuale”. Qualunque sia il metodo di valutazione utilizzato, il costo da utilizzare, secondo le valutazioni contenute nel D.P.R. n. 917 del 1986, art. 110, comma 1, lett. b), comprende sia gli oneri diretti di acquisizione o di produzione, sia gli oneri accessori di diretta imputazione – esclusi interessi passivi e spese generali – che si identificano in tutti quelli collegati al bene da un nesso di consequenzialità.” (Cass. 27334/20).

Nel caso di specie la Commissione regionale ha ritenuto – come già osservato – che il materiale acquistato sia stato interamente utilizzato nell’anno 2012 per la realizzazione degli impianti fotovoltaici relativi ai cantieri con la conseguente assenza di rimanenze finali.

Tale affermazione non risulta conforme ai principi dianzi evidenziati.

Posto infatti che le fatture di acquisto dei materiali per la realizzazioni degli impianti si riferiscono per entrambi i cantieri al mese di Agosto del 2008, quelle invece emesse a carico della cliente C.F. per i lavori effettuati recano la prima la data di ottobre 2012 mentre la seconda e la terza sono state emesse rispettivamente a gennaio e febbraio del 2013. Analogamente, quanto al cliente D.D., la prima fattura a suo carico è stata emessa ad agosto 2012 mentre la seconda reca la data del gennaio 2013.

Ciò rende incerta la data in cui i lavori sono stati ultimati e gli impianti consegnati ai clienti: se, cioè, al momento del saldo finale nel 2013 ovvero già nel 2012 qualora le fatture emesse l’anno successivo avessero riguardato unicamente una dilazione dei pagamenti.

E’ evidente che nel primo caso sussisteva una rimanenza finale relativamente al 2012 mentre quest’ultima non sussisteva nel caso di conclusione e consegna delle opere nel 2012.

La sentenza impugnata ha omesso ogni accertamento in proposito ed è quindi incorsa nella violazione delle norme di legge dianzi indicate.

Il motivo va di conseguenza accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CTR Campania, in diversa composizione, per nuovo giudizio e per la liquidazione delle spese del presente grado.

P.Q.M.

Rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese della presente fase.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2021

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