Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28647 del 09/11/2018
Cassazione civile sez. VI, 09/11/2018, (ud. 11/10/2018, dep. 09/11/2018), n.28647
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19718-2017 proposto da:
ANTAVI FRUTT SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato ITALO FARUOLO;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA
VITA SCIPLINO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE,
CARLA D’ALOISIO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4014/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI
depositata il 16/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata dell’11/10/2018 dal Consigliere Relatore Dott. NICOLA DE
MARINS.
Fatto
RILEVATO
che con sentenza del 16 giugno 2017, la Corte d’Appello di Napoli confermava la decisione resa dal Tribunale di Avellino e rigettava il ricorso proposto dalla Antavi Fruit S.r.l. nei confronti dell’INPS volto all’impugnazione del verbale di accertamento in base al quale l’Istituto aveva ritenuto non qualificato dalla subordinazione il rapporto intercorrente tra la Società e la lavoratrice D.B.A. per essere la stessa legata da un vincolo di affinità nei confronti dell’amministratrice e socia unica della Antavi, disponendo per il rimborso alla Società della relativa contribuzione per l’intero periodo di durata del rapporto dall’ottobre 2002 all’aprile 2007;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto non provata, nei termini rigorosi imposti dalla presunzione di gratuità delle prestazioni lavorative rese in ambito familiare, che valgono ad escludere la rilevanza a questi fini del pagamento dei contributi e del rilascio delle buste paga, la subordinazione, non valendo a tal fine le allegazioni e prove offerte e rilevando, di contro, la certificazione anagrafica prodotta dall’INPS;
che per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, l’INPS;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, la Società ricorrente, nel denunciare il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, lamenta da parte della Corte territoriale la mancata considerazione ai fini della formazione del proprio convincimento delle testimonianze escusse e della documentazione prodotta utile al superamento della presunzione di gratuità del lavoro reso in ambito familiare;
che nel secondo motivo l’asserita idoneità degli elementi di prova forniti ai fini del superamento della presunzione di gratuità è posta a base della denunciata violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1403 del 1971, art. 1;
che rilevata l’inammissibilità del primo motivo per non essere più deducibile il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio a fronte dell’esito conforme delle pronunzie rese nei due gradi di merito, si deve ritenere l’inammissibilità del secondo motivo che ha ad evidente presupposto l’accoglimento del primo, non potendo ritenersi, nell’ipotesi contraria qui determinatasi per l’incensurabilità della valutazione del materiale istruttorio operata dalla Corte territoriale, la presunzione di gratuità del lavoro prestato in ambito familiare; che, pertanto conformandosi alla proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento nei confronti di entrambi gli Istituti contro ricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2018