Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28646 del 23/12/2011

Cassazione civile sez. II, 23/12/2011, (ud. 24/11/2011, dep. 23/12/2011), n.28646

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GOLDONI Umberto – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7196/2006 proposto da:

B.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA ANAPO 20, presso lo studio dell’avvocato RIZZO Carla, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CHIOCCHETTI

GIUSEPPE;

– ricorrente –

contro

C.M. (OMISSIS), non in proprio ma in

qualità di tutore dell’interdetta F.M.

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ELEONORA

DUSE 5/G, presso lo studio dell’avvocato LEONARDI SERGIO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DE FINIS LUIGI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 182/2005 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

sezione distaccata di BOLZANO depositata il 15/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2011 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;

udito l’Avvocato RIZZO Carla, difensore della ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato LEONARDI Sergio, difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 7-7-1993 C.M., nominato tutore di F.M.R. con decreto del 10-3-1993, conveniva in giudizio B.E., assumendo che, nel corso delle operazioni di inventario della tutela, non aveva rilevato alcunchè in ordine all’introito o al passaggio sui conti bancari della F. dell’importo di L. 240.000.000, costituente il prezzo dell’apparente compravendita del 25-11-1991, con la quale F.M.R., insieme alla sorella C., aveva venduto a B.E. le particelle 77 e 78/1 in (OMISSIS). Nel far presente che il valore dei beni venduti era di gran lunga superiore e che, all’epoca, F.M.R. era incapace di intendere e di volere, l’attore chiedeva che venisse dichiarata la nullità o l’annullabilità del contratto in questione per illiceità della causa e del motivo, ovvero, in subordine, per difetto di causa o forma o, ancora, per violazione degli artt. 1425 e 428 c.c..

Nel costituirsi, la convenuta contestava la fondatezza della domanda e chiedeva in via riconvenzionale, per l’ipotesi di annullamento totale o parziale del contratto in oggetto, la condanna della F. alla restituzione del prezzo pagato ed al risarcimento danni.

Con sentenza depositata il 12-2-1998 il Tribunale di Rovereto dichiarava la nullità del contratto per difetto di forma, trattandosi di donazione da farsi per atto pubblico, in quanto non risultava provato l’avvenuto pagamento del prezzo da parte della compratrice, dovendosi considerare nulla la quietanza di pagamento contenuta nel medesimo contratto.

Avverso la predetta sentenza proponeva appello la B.. Con sentenza n. 99/2000 la Corte di Appello di Trento rigettava il gravame, ritenendo che il contratto era nullo, sia pure per una ragione diversa rispetto a quella ritenuta dal Tribunale, e cioè per il fatto che, essendo una delle venditrici ( F.M. R.) incapace di intendere e di volere, e dovendo essere considerata la parte venditrice come un’unica parte complessa, non era stato validamente manifestato il consenso di uno dei contraenti.

La B. ricorreva per cassazione avverso tale decisione.

La Corte di Cassazione cassava con rinvio la sentenza impugnata in relazione al secondo motivo di ricorso, rilevando che la Corte di Appello aveva omesso di esaminare la domanda di restituzione del prezzo pagato dalla B..

La B. citava in riassunzione F.M.R., anche quale erede della sorella C., e per essa il suo tutore C.M..

Con sentenza depositata il 15-9-2005 la Corte di Appello di Trento, Sezione Distaccata di Bolzano, rigettava la domanda proposta dalla B.. In motivazione, essa dava atto che, non avendo la parte venditrice manifestato un valido consenso non solo per il trasferimento dell’immobile de quo, ma nemmeno in ordine al rilascio della quietanza per l’importo di L. 240.000.000 contenuta nel medesimo contratto, tale quietanza doveva ritenersi giuridicamente inesistente; con la conseguenza che la B. avrebbe potuto pretendere la restituzione della indicata somma solo ove avesse dimostrato in altro modo di avere effettivamente versato tale importo.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre la B., sulla base di un unico motivo.

Il C., nella qualità, resiste con controricorso.

In prossimità dell’udienza entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con l’unico motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di legge in ordine al valore probatorio della quietanza contenuta nella scrittura di vendita autenticata del 25-11-1991.

Sostiene che il giudice del rinvio non ha tenuto conto delle indicazioni contenute nella sentenza della Corte di Cassazione, che aveva confermato il valore probatorio della quietanza già riconosciuto dalla Corte di Appello, ed ha quindi esaminato un aspetto della vertenza (validità della quietanza) che era già coperto da giudicato.

2) Il ricorso è improcedibile.

Il ricorrente ha espressamente dichiarato, a pagina 1 del ricorso, che la sentenza della Corte d’Appello di Milano era stata notificata in data 4-1-2006. Egli, tuttavia, si è limitato a produrre copia autentica della sentenza impugnata, non accompagnata dalla relata di notificazione, in violazione di quanto stabilito, a pena d’improcedibilità del ricorso, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2.

Come è stato più volte chiarito dalla giurisprudenza, la previsione – di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2 – dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al comma 1 della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di Cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale, della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve. Pertanto, nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione deve essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare detta declaratoria soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto dell’art. 372 c.p.c., comma 2, applicabile estensivamente, purchè entro il termine di cui dell’art. 369 c.p.c., comma 1, e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui emerga in ipotesi la tempestività dell’impugnazione (Cass. S.U. 16-4-2009 n. 9005; Cass. 10-9-2010 n. 19271; Cass. 10-12-2010 n. 25070).

Nella specie, pertanto, stante la mancata produzione di copia della sentenza di appello corredata della relativa relata di notifica, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2011

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