Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28632 del 29/11/2017


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Cassazione civile, sez. II, 29/11/2017, (ud. 22/09/2017, dep.29/11/2017),  n. 28632

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – La vicenda oggetto del giudizio trae origine dalla scrittura privata stipulata il 16/2/1982 dai germani M., da un lato, e dai coniugi D.B.B. e D.G.A., dall’altro, tutti proprietari di fondi frontistanti, con la quale le parti si concessero reciprocamente il diritto di accesso e transito con ogni mezzo su una striscia di terreno intercorrente tra le rispettive proprietà, la quale doveva avere la larghezza costante di metri otto.

2. – Tra la società Ippolito-Ventura s.r.l. (ora Ippolito s.r.l.) avente causa di M.M. – e le altre parti della scrittura, insorse controversia circa il valore giuridico della stessa e l’entità degli obblighi da essa nascenti; furono così instaurate due distinte cause, successivamente riunite.

A conclusione del giudizio di primo grado, il Tribunale di Bari dichiarò l’efficacia della scrittura tra le parti, i loro eredi ed aventi causa; dichiarò che la scrittura aveva dato luogo alla costituzione di una servitù reciproca di accesso e transito sui rispettivi terreni delle parti; condannò la società Ippolito-Ventura a rimuovere tutti i manufatti che ingombravano la sede stradale, riducendone la larghezza, e lo spazio libero sovrastante.

3. – Sul gravame proposto dalla società Ippolito s.r.l., la Corte di Appello di Bari, riformando la pronuncia di primo grado, rigettò tutte le domande proposte dalle parti. A fondamento della sua decisione la Corte territoriale pose la circostanza dell’avvenuta costituzione, sulla stradella privata, di una servitù di uso pubblico, che faceva venire meno l’interesse delle parti al rispetto dell’originaria servitù prediale.

4. – Per la cassazione della sentenza di appello ricorrono i coniugi D.B.B. e D.G.A. sulla base di sei motivi.

Resiste con controricorso la società Ippolito s.r.l., che propone altresì ricorso incidentale condizionato affidato a un motivo.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la Corte di Appello omesso di dichiarare inammissibile, ex art. 345 c.p.c., in quanto “nuova”, la deduzione della società Ippolito circa la sussistenza di una servitù di uso pubblico sulla strada per cui è causa.

Col secondo motivo, che va esaminato unitamente al primo essendo a quello strettamente connesso, si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la Corte di Appello erroneamente preso in esame la deduzione della società Ippolito circa il carattere demaniale della stradella.

Entrambe le censure sono infondate.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, la deduzione concernente la natura demaniale di un terreno, qualora inerisca alla sussistenza degli elementi costitutivi del diritto azionato, integra una mera difesa, rilevabile d’ufficio, sicchè non incorre nelle preclusioni dettate per le eccezioni in senso stretto dall’art. 345 c.p.c., comma 2, (Cass., Sez. 2, n. 9913 del 19/04/2017). Questa Corte ha parimenti statuito che costituisce un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio, l’accertamento incidentale dell’esistenza di una servitù di uso pubblico su di una strada, qualora tale accertamento costituisca fatto ostativo al riconoscimento del diritto preteso (Cass., Sez. 2, n. 17588 del 14/07/2017).

Nella specie, avendo la società Ippolito dedotto la demanialità della stradella o – alternativamente – l’esistenza di una servitù di uso pubblico gravante su di essa quali fatti ostativi all’accoglimento della domanda attorea (per sopravvenuta carenza di interesse), esattamente la Corte territoriale ha ritenuto di non potersi esimere dal compiere tale accertamento.

2. – Col terzo motivo, si deduce la nullità della sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la Corte di Appello omesso di spiegare le ragioni poste a fondamento della ritenuta sussistenza del carattere pubblico della stradella. Si deduce ancora che la sussistenza di una servitù di uso pubblico, in quanto incidente su proprietà privata, non escluderebbe il perdurante interesse delle parti contraenti al rispetto degli accordi di cui alla scrittura stipulata inter partes.

Unitamente a tale censura, va esaminato – in ragione della stretta connessione – il quinto motivo di ricorso, col quale si deduce la nullità della sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la Corte di Appello considerato estinti i diritti e gli obblighi nascenti dalla scrittura per il solo fatto della sussistenza di una servitù di uso pubblico sulla stradella.

Entrambe le censure sono fondate.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, una strada privata può essere ritenuta soggetta a servitù di uso pubblico solo in presenza di convenzione tra il proprietario e l’ente pubblico ovvero nel caso in cui l’uso pubblico (per la cui configurazione non è sufficiente l’utilizzazione di fatto da parte di soggetti diversi dal proprietario per raggiungere i terreni limitrofi, ma è necessario che essa sia al servizio della generalità dei cittadini e che la collettività ne faccia autonomamente uso per la circolazione) si sia protratto per il tempo necessario ai fini dell’acquisto per usucapione (Cass., Sez. 2, n. 6401 del 24/03/2005; Sez. 2, n. 9077 del 16/04/2007; Sez. 2, n. 5113 del 26/05/1999).

In particolare, questa Suprema Corte ha precisato che la costituzione di una servitù pubblica per effetto della c.d. “dicatio ad patriam” (consistente nel comportamento del proprietario che, se pur non intenzionalmente diretto a dar vita al diritto di uso pubblico, metta volontariamente, con carattere di continuità e non precariamente, un proprio bene a disposizione della collettività) non può essere desunta dal solo fatto che il proprietario abbia consentito il passaggio pubblico su parte del proprio fondo (Cass., Sez. 2, n. 4597 del 22/03/2012); un’area privata, infatti, può ritenersi assoggettata a servitù pubblica di passaggio, acquistata per usucapione, solo allorchè concorrano contemporaneamente le seguenti condizioni: 1) l’uso generalizzato del passaggio da parte di una collettività indeterminata di individui, considerati “uti cives” in quanto portatori di un interesse generale, non essendo sufficiente un’utilizzazione “uti singuli”, cioè finalizzata a soddisfare un personale esclusivo interesse per il più agevole accesso ad un determinato immobile di proprietà privata; 2) l’oggettiva idoneità del bene a soddisfare il fine di pubblico interesse perseguito tramite l’esercizio della servitù; 3) il protrarsi per il tempo necessario all’usucapione (Cass., Sez. 2, n. 10772 del 09/07/2003).

Questa Corte ha ancora affermato che, ai fini dell’assoggettamento per usucapione di un’area privata ad una servitù di uso pubblico, è necessario che l’uso risponda alla necessità ed utilità di un insieme di persone, agenti come componenti della collettività, e che sia stato esercitato continuativamente per oltre un ventennio con l’intenzione di agire “uti cives” e disconoscendo il diritto del proprietario (Cass., Sez. 2, n. 11346 del 17/06/2004); ed ha precisato che le servitù di uso pubblico possono essere acquistate mediante il possesso protrattosi per il tempo necessario all’usucapione anche se manchino opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio, essendo il requisito dell’apparenza prescritto dall’art. 1061 c.c., soltanto per le servitù prediali (Cass., Sez. Un., n. 20138 del 03/10/2011).

Orbene, posti questi principi di diritto, va rilevato come la Corte di Bari, nel ritenere la sussistenza di una servitù di uso pubblico sulla stradella per cui è causa, abbia eluso il suo dovere di verificare la ricorrenza dei presupposti normativi per poterne ritenere l’avvenuta costituzione.

Invero, in assenza di una convenzione tra i proprietari dell’area e l’ente comunale, i giudici di appello avrebbero dovuto verificare attentamente la sussistenza dei presupposti necessari per la costituzione della servitù di uso pubblico per usucapione; avrebbero dovuto verificare, non solo l’uso generalizzato del passaggio da parte di una collettività indeterminata di individui considerati uti cives e l’idoneità del bene a soddisfare il fine di pubblico interesse, ma anche l’avvenuto decorso del tempo necessario alla maturazione dell’usucapione.

Nella specie, al contrario, la Corte barese nessun cenno ha fatto al decorso del ventennio dal momento in cui la strada – secondo la prospettazione della società Ippolito – sarebbe stata aperta all’uso pubblico.

Ma vi è di più.

La sussistenza di una servitù di uso pubblico non esclude certo la proprietà privata del terreno su cui essa grava, anzi presuppone il carattere privato del fondo servente. E’ per tale ragione, d’altra parte, che questa Corte ha statuito che l’assoggettamento di una strada privata a servitù di uso pubblico, in relazione all’interesse della collettività di goderne quale collegamento tra due vie pubbliche, non comporta la facoltà dei proprietari frontisti di aprirvi accessi diretti dai loro fondi, implicando ciò un’utilizzazione di essa più intensa e diversa, non riconducibile al contenuto della stessa (Cass., Sez. 2, n. 21953 del 25/09/2013).

Se, dunque, il terreno su cui insiste la stradella è rimasto di proprietà privata, ha errato la Corte territoriale a ritenere che l’interesse degli attori ad ottenere il rispetto della servitù prediale, costituita convenzionalmente tra le parti in forza della scrittura stipulata 16/2/1982, fosse venuto meno.

Non si verte qui in materia di distanze legali e non rileva l’esonero dal rispetto di tali distanze previsto dall’art. 879, secondo comma, cod. civ. per le costruzioni poste a confine con piazze e vie pubbliche; si verte qui in materia di servitù prediali costituite per contratto.

Orbene, la sussistenza di una servitù di uso pubblico sulla stradella (qualora fosse accertata) non escluderebbe certo, di per sè, la coesistenza di una servitù di natura privata insistente sulla medesima stradella, ove tale ultima servitù – la cui sussistenza e il cui contenuto spetta al giudice di merito accertare – avesse un contenuto non incompatibile con quello della pretesa servitù di uso pubblico.

Vanno pertanto accolti il terzo e il quinto motivo di ricorso; la sentenza impugnata va cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Bari, che si conformerà ai seguenti principi di diritto:

– “Una strada privata può essere ritenuta soggetta a servitù di uso pubblico solo in presenza di convenzione tra il proprietario e l’ente pubblico ovvero per l’avvenuta maturazione dell’usucapione”;

– “Perchè si costituisca per usucapione una servitù pubblica di passaggio su una strada privata, è necessario che concorrano contemporaneamente le seguenti condizioni: 1) l’uso generalizzato del passaggio da parte di una collettività indeterminata di individui, considerati uti cives in quanto portatori di un interesse generale, non essendo sufficiente un’utilizzazione uti singuli, cioè finalizzata a soddisfare un personale esclusivo interesse per il più agevole accesso ad un determinato immobile di proprietà privata; 2) l’oggettiva idoneità del bene a soddisfare il fine di pubblico interesse perseguito tramite l’esercizio della servitù; 3) il protrarsi dell’uso per il tempo necessario all’usucapione”;

– “La sussistenza di una servitù di uso pubblico su una strada privata non esclude la coesistenza di una servitù privata prediale sulla medesima strada ove non incompatibile con la prima”.

3. – Gli altri motivi del ricorso principale e il ricorso incidentale condizionato (col quale si deduce l’omessa pronuncia sul motivo di appello col quale la società Ippolito aveva lamentato l’erroneo accertamento del contenuto della servitù dal parte del giudice di primo grado) rimangono assorbiti.

4. – In definitiva, vanno rigettati il primo e il secondo motivo di ricorso; vanno accolti il terzo e il quinto e vanno dichiarati assorbiti gli altri motivi del ricorso principale nonchè il ricorso incidentale.

La sentenza impugnata va cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Bari.

Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese relative al presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il primo e il secondo motivo di ricorso, accoglie il terzo e il quinto, dichiara assorbiti gli altri motivi del ricorso principale nonchè il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte di Appello di Bari.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2017

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