Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2863 del 06/02/2020

Cassazione civile sez. III, 06/02/2020, (ud. 10/09/2019, dep. 06/02/2020), n.2863

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10420/2018 proposto da:

COMPAGNIA UNICA SOCIETA’ COOPERATIVA, in persona del Console e legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO

CESARE 14 A-4, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUIGI COCCHI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, (OMISSIS), in persona

del Ministro pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 228/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/09/2019 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato ROMANELLI EMANUELA per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza resa in data 12/1/2018, la Corte d’appello di Roma ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda proposta dalla Compagnia Unica Società Cooperativa per la condanna del Ministero dei Trasporti al risarcimento dei danni asseritamente subiti dalla Compagnia attrice in conseguenza dell’approvazione, da parte del Ministero convenuto, a partire dal 1989, di tariffe obbligatorie economicamente inadeguate per la remunerazione delle prestazioni rese dalle compagnie portuali nello svolgimento delle attività di loro pertinenza rese in regime vincolato, nonchè in conseguenza della violazione dell’affidamento incolpevolmente riposto dalla Compagnia attrice circa la liquidazione, in proprio favore, da parte dell’amministrazione statale, delle provvidenze (compensative dei minori introiti derivanti dall’applicazione delle tariffe contestate) previste in via legislativa e successivamente corrisposte in misura parziale.

2. A fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha sottolineato la correttezza della decisione del primo giudice nella parte in cui aveva escluso alcuna responsabilità del Ministero convenuto in relazione alla pretesa risarcitoria rivendicata dalla Compagnia attrice, tenuto conto che l’intero sistema normativo italiano fondato sulla previsione della posizione monopolistica delle compagnie portuali per lo svolgimento dei servizi loro riservati dalla legge, e lo stesso sistema tariffario per la relativa remunerazione, dovevano ritenersi definitivamente caducati, prima ancora della riforma legislativa di settore del 1994 (realizzata con la L. n. 84 del 1994), a seguito del riconoscimento, da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenza CGCE 10/12/1991 n. 179), della contrarietà della descritta normativa nazionale con i principi del diritto comunitario, in ragione del carattere ingiustificato della posizione dominante assicurata per via legislativa alle compagnie portuali.

3. Ciò posto, la radicale inapplicabilità di tale sistema impediva in ogni caso di riconoscere alcun profilo di illiceità nel mancato adeguamento, da parte dell’amministrazione convenuta, delle tariffe contestate, così come preteso dalla compagnia attrice.

4. Allo stesso modo, nessun danno ingiusto, nè alcuna colpa, avrebbero potuto ravvisarsi nella mancata liquidazione, da parte dell’amministrazione convenuta, delle ulteriori provvidenze rivendicate dalla compagnia attrice, avendo la Commissione della Unione Europea (decisione del 18/7/2001) ravvisato, proprio nella previsione di tali provvidenze, l’infrazione, da parte della Repubblica italiana, del divieto degli aiuti di Stato incompatibili con i principi del diritto comunitario, con la conseguente inconfigurabilità di alcun legittimo affidamento della compagnia attrice eventualmente ingenerato da comportamenti illeciti dell’amministrazione convenuta.

5. Avverso la sentenza d’appello, la Compagnia Unica Società Cooperativa propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione.

6. Il Ministero dei Trasporti resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè per omesso esame di un fatto decisivo controverso (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere la corte territoriale, arbitrariamente riqualificato la causa petendi posta a fondamento dell’originaria pretesa risarcitoria avanzata dalla Compagnia attrice, omettendo di esaminare e di pronunciarsi sulla domanda concretamente proposta, nella specie diretta, non già all’accertamento della illegittimità del potere legislativo eventualmente esercitato in contrasto con gli obblighi internazionali della Repubblica italiana, bensì al riconoscimento della illegittimità dei provvedimenti ministeriali approvati a partire dal 1989, con i quali gli organi del Ministero dei trasporti avevano fissato le tariffe del lavoro portuale in misura non remunerativa dei costi di produzione.

2. Il motivo è inammissibile.

3. Osserva preliminarmente il Collegio come, al caso di specie, trovi applicazione il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale affinchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primis, la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi.

4. Ove infatti si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del citato art. 112 c.p.c., riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di error in procedendo per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del “fatto processuale”, detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all’adempimento da parte del ricorrente, in ragione degli oneri di completa e puntuale allegazione del ricorso per cassazione (che non consente, tra l’altro, il rinvio per relationem agli atti della fase di merito), dell’impegno di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere a una loro autonoma ricerca ma solo ad una verifica degli stessi (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 6361 del 19/03/2007, Rv. 596820 01; Sez. 2, Sentenza n. 21226 del 14/10/2010, Rv. 614397 – 01; Sez. L, Sentenza n. 15367 del 04/07/2014, Rv. 631768 – 01).

5. Ciò posto, nella violazione di tali principi deve ritenersi incorsa l’odierna Compagnia ricorrente con il motivo d’impugnazione in esame, atteso che la stessa, nel dolersi che la corte d’appello avrebbe erroneamente interpretato la domanda originariamente proposta, ha tuttavia omesso di fornire alcuna indicazione circa gli atti (e il relativo contenuto) attestanti l’errore denunciato, con ciò precludendo a questa Corte la possibilità di apprezzare la concludenza delle censure formulate al fine di giudicare la fondatezza del motivo d’impugnazione proposto.

6. Varrà, peraltro, ulteriormente segnalare come la Compagnia odierna ricorrente non sembri aver colto (omettendo di correlarvisi; cfr. Sez. U, Sentenza n. 7074 del 20/03/2017, Rv. 643334 – 01, che riprende il principio di diritto di cui a Sez. 3, Sentenza n. 359 del 11/01/2005, Rv. 579564 – 01 e numerose conformi) la ratio decidendi della decisione impugnata, correttamente fondata, dalla corte territoriale, sul presupposto dell’integrale inapplicabilità, a seguito della sentenza della Corte di Giustizia UE del 10/12/1991 n. 179, dell’intero sistema normativo (di livello primario e regolamentare, nonchè degli atti amministrativi conseguenti) in forza del quale le compagnie portuali risultavano abilitate ad agire nel quadro di un ingiustificato regime di monopolio legale, e dunque nell’esercizio di un’illegittima posizione dominante, in relazione alla prestazione dei servizi portuali.

7. Sulla base di tale ratio decidendi, dunque, la corte territoriale ha escluso il carattere illecito del contestato comportamento del Ministero convenuto (consistito nel non aver provveduto all’adeguamento economico delle tariffe obbligatorie); e ciò, proprio in ragione della radicale inconfigurabilità, nel quadro un sistema (come quello italiano) aderente ai principi dell’Unione Europea, del sistema tariffario nel cui orizzonte la Compagnia ha prospettato la propria pretesa, con la conseguente insussistenza di alcun profilo di ingiustizia del danno lamentato.

8. Con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.n., L. n. 84 del 1994, art. 17 e degli artt. 3,41 e 97 Cost., nonchè per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere la corte territoriale erroneamente preteso di estendere l’applicazione dei principi derivanti dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 10/12/1991 n. 179 anche ai provvedimenti tariffari illegittimi assunti dall’amministrazione avversaria a partire dal 1989 fino alla pubblicazione della ridetta sentenza della Corte di Giustizia (quantomeno fino all’entrata in vigore della L. n. 84 del 1994), così come legislativamente riconosciuta dallo stesso Stato italiano mediante l’attribuzione delle provvidenze destinate a rimediare agli effetti pregiudizievoli prodotti dalle insufficienze tariffarie sul bilancio delle compagnie portuali.

9. Il motivo è complessivamente infondato.

10. Premessa la radicale inammissibilità della doglianza avanzata dalla Compagnia con riguardo al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (avendo la ricorrente trascurato la corretta deduzione dell’omesso esame di un fatto decisivo alla stregua dei principi di cui a Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831 – 01), è appena il caso di rilevare come le censure articolate nel motivo in esame continuino a non correlarsi alla motivazione dettata dal giudice a quo e a non cogliere la ratio della decisione impugnata.

11. Varrà al riguardo osservare come la corte territoriale abbia correttamente giudicato sulla controversia in esame adeguandosi all’orientamento fatto proprio dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui, alla declaratoria di illegittimità (per contrarietà agli artt. 30, 48, 86 e 90 n. 1 del Trattato CEE) della normativa dei singoli Stati membri in tema di attribuzione di diritti esclusivi di esercizio delle operazioni portuali ad imprese nazionali, di cui alla sentenza interpretativa della Corte di giustizia CEE del 10 dicembre 1991, n. 179, consegue la sopravvenuta inapplicabilità delle norme di cui agli artt. 110, 112 c.n. (che riservano alle compagnie portuali l’esclusiva delle operazioni di imbarco, sbarco, movimentazione e depositi merci e materiali nei porti) e 203 del regolamento della navigazione marittima (in tema di tariffe per il lavoro portuale); inapplicabilità da ritenersi estesa, incondizionatamente, a tutte le strutture portuali nazionali (Sez. U, Sentenza n. 11620 del 18/11/1998, Rv. 520799 – 01).

12. Tale sopravvenuta inapplicabilità (secondo i principi anch’essi ribaditi dalle Sezioni Uniti di questa Corte), in quanto conseguente a una pronuncia dichiarativa della Corte di Giustizia UE incidente su un rapporto non esaurito, deve ritenersi dotata di efficacia retroattiva, atteso che l’efficacia retroattiva delle pronunce della Corte di Giustizia UE – come quella che assiste la declaratoria di illegittimità costituzionale – incontra il solo limite dei rapporti esauriti (v. Sez. U, Sentenza n. 13676 del 16/06/2014, Rv. 631442 – 01).

13. In particolare, nel caso in esame, deve ritenersi esclusa la natura di rapporto esaurito (alla data della pronuncia della Corte di Giustizia del dicembre del 1991) della pretesa risarcitoria spiegata nel presente giudizio, atteso che la Compagnia originaria attrice risulta aver fondato la propria rivendicazione risarcitoria in relazione a un comportamento asseritamente illecito dell’amministrazione ministeriale che si assume perdurato (almeno) fino al 1994.

14. Con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione del D.L. n. 479 del 1991, art. 9, D.M. n. 39 del 1998, L. n. 472 del 1999, art. 20, nonchè dei principi in materia di tutela dell’affidamento (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere la corte territoriale erroneamente escluso l’ingiustizia del danno consistito nella violazione dell’affidamento incolpevole legittimamente riposto dalla Compagnia attrice nella liquidazione di tutte le provvidenze previste dal complesso normativo richiamato, intervenuto temporalmente prima della decisione della Commissione dell’Unione Europea del 18/7/2001 con la quale era stata aperta la procedura di infrazione nei confronti della Repubblica italiana per la violazione del divieto degli aiuti di Stato.

15. Il motivo è infondato.

16. Osserva sul punto il Collegio come, in relazione alla dissoluzione delle eventuali aspettative, o agli eventuali affidamenti nutriti dalle Compagnie portuali a seguito dell’adozione, da parte dello Stato italiano, delle iniziative legislative dirette ad assicurarne provvidenze compensative dei minori introiti dovuti all’inadeguatezza delle tariffe obbligatorie (dissoluzione dovuta alla caducazione del sistema monopolistico e del conseguente regime tariffario riferito all’esercizio dei servizi portuali, così come al successivo riconoscimento, con la decisione della Commissione dell’Unione Europea del 18/7/2001, della illegittimità degli aiuti di Stato alle Compagnie portuali), l’amministrazione convenuta deve ritenersi totalmente estranea, trattandosi di affidamenti (sul conseguimento di tutte le provvidenze economiche promesse) eventualmente ingenerati (e conseguentemente traditi) a livello politico-legislativo, e giammai a livello amministrativo (ministeriale), con la conseguente insussistenza, in capo al Ministero dei Trasporti (in quanto tale), di alcuna titolarità in relazione al rapporto controverso dedotto in giudizio.

17. Sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza dei motivi esaminati, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna della società ricorrente al rimborso, in favore dell’amministrazione controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre all’attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 12.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2020

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