Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2863 del 03/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 03/02/2017, (ud. 03/10/2016, dep.03/02/2017),  n. 2863

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. D’ISA Claudio – Consigliere –

Dott. IZZO Fausto – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –

Dott. ACETO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27093-2011 proposto da:

IMMOBILIARE ISOTTA SRL in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ANAPO 29, presso lo

studio dell’avvocato MASSIMO GIZZI, che lo rappresenta e difende

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 93/2011 della COMM.TRIB.REG. di ROMA

depositata il 24/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/10/2016 dal Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI;

udito per il resistente l’Avvocato MELONCELLI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE SERGIO che ha concluso per l’inammissibilità anzi rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria regionale del Lazio, con sentenza n. 93/9/2011, depositata il 24.5.2011, confermava la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma n. 177/22/2010, che aveva respinto il ricorso della Immobiliare Isotta srl avverso l’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro relativo alla compravendita di fabbricato per notaio Belli del 17.07.2007.

Proponeva ricorso per cassazione la società contribuente, chiedendo la cassazione della sentenza per i motivi di seguito sinteticamente indicati:

a) violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., comma 1, prima parte e, di conseguenza,la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 avendo la Commissione Regionale omesso di pronunciarsi sulla censura di parte ricorrente concernente l’applicazione “in automatico” e senza motivazione del D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 23 ter ed inoltre, con riferimento alla motivazione della CTP, che ha ritenuto rilevante la mancata produzione di una consulenza di parte ed alla motivazione della CTR che ha ritenuto norma eccezionale quella del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 la mancata disamina dell’eccezione di parte;

b) omessa motivazione in ordine a circostanze decisive ai fini della controversia quale la mancata pronuncia sull’applicabilità del D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 23 ter e sull’applicazione del valore medio desunto dall’Osservatorio Immobiliare;

c) la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 con riguardo al mancato esercizio dei poteri istruttori ai sensi del D.Lgs. n. 56 del 1992, art. 7 al fine della definizione degli esatti valori da attribuire agli immobili di via (OMISSIS).

Con memoria ex art. 378 c.p.c. la ricorrente ha insistito nei motivi dedotti. L’Agenzia delle entrate non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

Il vizio di omessa pronuncia su una domanda od eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (cfr. Corte cass. 2 sez. 19.1.1969 n. 3758; id. 1 sez. 13.6.1972 n. 1853). Orbene la sentenza di appello, pronunciando in ordine “al mancato esame da parte dei primi giudici “del ragionamento svolto dal ricorrente” (pag. 2 provv. Imp.), al criterio applicato per la determinazione del valore della compravendita ed al mancato ricorso ai poteri istruttori previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 ha dato compiuta risposta ai rilievi dell’appellante. E’ già stato affermato da questa Corte che affinchè si configuri il vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. nn. 16788/06, 10696/07, 24458/07). Nello specifico, l’eccezione sul difetto di motivazione circa l’applicazione del D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 23 ter ora D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 5 bis e la determinazione del valore attraverso i dati dell’Osservatorio Immobiliare è stata respinta in maniera espressa e nel suo insieme dalla CTR, non solo di ogni motivazione di rigetto di ogni pretesa dell’appellante in ordine ai presunti limiti dell’accertamento D.L. n. 223 del 2006, ex art. 35 avendo la CTR affermato, anche con il richiamo alla conforme giurisprudenza di questa Corte, l’indiscutibile rilievo probatorio dei dati dell’osservatorio immobiliare dell’agenzia del territorio, a fronte delle affermazioni solo verbali della contribuente, sul valore dell’immobile, neanche sorrette da un elaborato tecnico asseverato, che desse conto dei concreti termini della questione. Quanto ai poteri istruttori della Commissione ai sensi dell’art. 7, la sentenza, richiamando la pedissequa giurisprudenza di questa Corte, ha escluso ogni possibilità interferenza di tali poteri con le carenze istruttorie delle parti,trattandosi di norma di natura eccezionale rispetto ad un tessuto processuale tendenzialmente dispositivo.

Alla luce delle argomentazioni che precedono va rigettato il ricorso: le spese del procedimento di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 1000,00.

Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2017

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