Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28629 del 29/11/2017


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Cassazione civile, sez. II, 29/11/2017, (ud. 19/09/2017, dep.29/11/2017),  n. 28629

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che la Corte d’appello di Napoli, con sentenza pubblicata il 14/3/2014, dichiarò inammissibile l’impugnazione proposta da S.F. e S.M.A. avverso la sentenza del Tribunale di S. Maria Capua Vetere, emessa il 22/12/2011, con la quale era stata rigettata l’opposizione dai medesimi proposta, ai sensi dell’art. 669 septies c.p.c., nella sua formulazione ante riforma operata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 50 (decorrenza dal 4 luglio 2009), avverso la condanna alle spese loro inflitta dal Tribunale dai medesimi adito con reclamo al fine di ottenere la condanna alle spese di V.N., R.F. e R.V., la cui domanda cautelare era stata disattesa;

ritenuto che la locale Corte riteneva tardivo l’appello in quanto, depositata la sentenza di primo grado il 22/12/2011, il gravame risultava essere stato proposto il 15/10/2012 (consegna del plico da notificare al competente ufficiale giudiziario), ben oltre, quindi i sei mesi previsti dall’art. 327 c.p.c., siccome modificato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 46 trattandosi di giudizio instaurato successivamente alla data di entrata in vigore della novella, individuata, ai sensi dell’art. 58 medesimo testo legislativo, nel 4 luglio 2009;

ritenuto che S.F. e S.M.A. ricorrono avverso quest’ultima sentenza, illustrando due motivi di censura e che V.N. resiste con controricorso, nel mentre le altre parti originariamente in causa non hanno svolto difese;

considerato che con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c., in quanto, a loro dire, in ordine all’applicabilità o meno delle disposizioni introdotte con la riforma del 2009 si era formato il giudicato poichè:

a) la questione, posta al Tribunale (la controparte invocava l’improponibilità dell’azione per intervenuta abrogazione dell’originario contenuto dell’art. 669 septies c.p.c.), era stata da quel giudice disattesa con precipua motivazione;

b) pertanto, allorquando sempre la medesima controparte aveva sollevato eccezione d’inammissibilità dell’appello, per essere stato questo depositato oltre il termine semestrale, introdotto dalla riforma, invece dell’originario termine annuale, senza impugnare la decisione del Tribunale di cui sopra, sul punto si era formato il giudicato;

considerato che l’esposta censura non può essere condivisa in quanto: l’invocato giudicato interno non avrebbe potuto formarsi poichè l’unico giudice assegnatario della funzione di decidere sull’ammissibilità dell’impugnazione è la corte d’appello, giudizio preliminare che, per ovvie ragioni, di logica, oltre che di stretta disposizione normativa, non può essere anticipato dal giudice di primo grado e l’aver statuito sull’ammissibilità della opposizione sul provvedimento che aveva regolato le spese non avrebbe potuto proiettare un giudicato futuro, ben al di fuori del dedotto e del deducibile, sul regime del successivo appello;

considerato che con il secondo motivo il ricorso denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 327 c.p.c. e della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58 in quanto, a parere dei ricorrenti, la Corte di merito aveva errato a considerare l’opposizione proposta innanzi al giudice di primo grado come un giudizio autonomo, iniziato dopo l’entrata in vigore della novella, dovendosi, invece essa considerare “il naturale prosieguo processuale della originaria domanda introdotta in forma cautelare, sebbene limitato al controllo di legittimità del capo che statuiva sulle spese processuali (…) antecedentemente alla entrata in vigore della riforma”;

considerato che il motivo appare fondato per quanto appresso:

a) questa Corte, partendo dalla constatazione che il procedimento che si apre con la presentazione del ricorso e si chiude con la notifica del decreto di ingiunzione non costituisce un processo autonomo rispetto a quello aperto dall’opposizione, ma dà luogo a una fase di un unico giudizio, in rapporto al quale funge da atto introduttivo, in cui è contenuta la proposizione della domanda, il ricorso presentato per chiedere il decreto di ingiunzione (Sez. 1, n. 2217 dell’1/2/2007, Rv. 594926) ha affermato che in caso di appello proposto avverso sentenza resa all’esito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ai fini dell’operatività del termine semestrale di decadenza dal gravame (previsto dall’art. 327 c.p.c., nel testo novellato dalla L. n. 69 del 2009 ed applicabile – ai sensi dell’art. 58 stessa legge – ai soli giudizi pendenti dopo la sua entrata in vigore), la “pendenza del giudizio” va individuata con riferimento non alla notificazione dell’atto di opposizione, bensì al deposito del ricorso monitorio (Sez. 6-3, n. 4987 del 14/3/2016, Rv. 639349; Sez. 6-3, n. 16005 del 21/7/20111, Rv. 618930);

b) il giudizio d’opposizione regolato dall’abrogato art. 669 septies c.p.c., comma 3, non presenta caratteri di autonomia rispetto alla primigenia domanda, poi coltivata con il reclamo, con la quale i ricorrenti avevano rivendicato il favore delle spese, mostrando, anzi, di essere evidente prosecuzione di quell’iniziale pretesa, eludendo la quale essa opposizione non troverebbe spiegazione – nè la constatazione è superabile (come prova a fare la Corte di merito) affermando apoditticamente che a seguito dell’opposizione si instaura un ordinario giudizio di cognizione, trattandosi, invece, è bene precisare, di una fase che trova radice proprio nella primigenia pretesa e resistenza cautelare -, tutto ciò in perfetta analogia con quel che sopra si è ricordato in materia di opposizione a decreto ingiuntivo;

considerato che, pertanto, affermato il principio di diritto che deriva da quanto sopra chiarito, la sentenza d’appello deve essere cassata con rinvio.

PQM

rigetta il primo motivo, accoglie il secondo; cassa e rinvia alla Corte d’appello di Napoli in altra composizione, anche per il regolamento delle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2017

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