Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28628 del 07/11/2019

Cassazione civile sez. III, 07/11/2019, (ud. 11/09/2019, dep. 07/11/2019), n.28620

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21805-2017 proposto da:

K.L.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato KOLLENSPERGER

HANS JURGEN;

– ricorrente –

contro

CASSA RAIFFESEN OLTRADIGE SOCIETA’ COOPERATIVA, in persona del legale

rappresentante pro tempore Dott. O.P., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CIOCIARIA 16, presso lo studio

dell’avvocato MONICA DE PASCALI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PETER PAUL MARSEILER;

– controricorrente –

e contro

R.P., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 85/2017 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI di

BOLZANO, depositata il 24/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/09/2019 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato GIANLUCA CALDERARA per delega;

udito l’Avvocato MONICA DE PASCALI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Cassa Raiffeisen Oltradige soc. coop. proponeva opposizione di terzo ai sensi dell’art. 404 c.p.c., contro la sentenza n. 951 del 2014 del Tribunale di Bolzano, passata in giudicato, deducendo che:

– era creditrice di M.P. come da decreto ingiuntivo definitivo in forza del quale aveva proceduto a iscrizione tavolare d’ipoteca giudiziale sulla quota indivisa di 1/7 di un maso chiuso intestata alla debitrice;

– altro creditore aveva pignorato tale quota; nel procedimento esecutivo era intervenuta la Cassa deducente; il giudice aveva ordinato la divisione e il creditore procedente aveva introdotto il relativo processo;

– al contempo, K.L.i.R.M., intervenuta nel giudizio divisionale quale comproprietaria, proponeva domanda di assunzione del maso con contestuale determinazione del relativo prezzo, ai sensi dell’ordinamento sui masi chiusi, L.P. Bolzano 28 novembre 2001, n. 17 e successive modificazioni;

– il giudizio divisionale, da cui era stato separato quello sull’assunzione del maso, era stato sospeso per pregiudizialità;

– nel giudizio di assunzione il consulente d’ufficio incaricato aveva stabilito un prezzo largamente superiore a quello oggetto infine della sentenza del Tribunale, che aveva a sua volta preso atto dell’accordo tra i comproprietari i quali avevano formulato conclusioni congiunte;

– l’accordo familiare sotteso all’assunzione del maso era stato determinato da una collusione ai danni della Cassa deducente, creditrice ipotecaria, sicchè la conseguente sentenza doveva dichiararsi inefficace nei confronti della pregiudicata con le correlative conseguenze.

Il Tribunale accoglieva la domanda, con pronuncia parzialmente riformata dalla Corte di appello secondo cui, in particolare, non era ammissibile la domanda di opposizione di terzo ordinaria, invece accolta in via assorbente in prime cure, non sussistendo in capo alla Cassa un diritto autonomo e incompatibile con quello all’assunzione del maso. Diversamente, ad avviso del giudice di secondo grado, era fondata la pure proposta opposizione di terzo revocatoria, oggetto di appello incidentale condizionato, poichè dall’accordo tra i comproprietari che erano a conoscenza dello stato debitorio di M.P. e della ricordata ipoteca, in uno alla conseguente determinazione di un prezzo manifestamente incongruo rispetto agli accertamenti, e giustificato con il sostegno di pregressi debiti gravanti sul maso e di spese ad esso afferenti, affatto giustificati e verificabili, emergeva la prova della collusione.

Avverso questa decisione ricorre per cassazione K.L.i.R.M., articolando quattro motivi e depositando memoria.

Resiste con controricorso la Cassa Raiffeisen Oltradige soc. coop. che ha altresì depositato memoria.

Il processo viene dalla sentenza 25/03/2019 n. 8312 delle Sezioni Unite di questa Corte che ha dichiarato procedibile il ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione della Legge sui masi chiusi della provincia di Bolzano, 28 novembre 2001, n. 17, e successive modificazioni, poichè la Corte di appello avrebbe errato pronunciando una statuizione ineseguibile, posto che non aveva revocato l’intavolazione dell’assunzione del maso, sicchè la reiscrizione dell’ipoteca non avrebbe potuto effettuarsi in quanto non intavolabile, per la quota di 1/7 del cespite, a carico della debitrice M.P., non più titolare della stessa. Ciò in coerenza con il principio di surrogazione reale per cui il maso chiuso viene assegnato per intero all’assuntore che diventa debitore della massa per l’ammontare del prezzo determinato nella relativa sentenza, sicchè le quote di comproprietà vengono surrogate da quelle inerenti al prezzo di assunzione. Trattandosi di statuizione ineseguibile, la censura della deducente non sarebbe assistita da un concreto e tutelabile interesse.

Con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 404 c.p.c., comma 2, art. 405 c.p.c., comma 2, poichè la Corte di appello avrebbe errato omettendo di considerare che la mera conoscenza, da parte dei previ proprietari del maso, del credito ipotecario in capo alla Cassa non evocata nel giudizio di assunzione, non dimostrava la collusione, e che il prezzo fissato per l’assunzione medesima, in 175.000 Euro, di cui 25.000 Euro in favore di M.P., non erogate per imputazione a ulteriori debiti della stessa, non era la stima del bene oggetto di accordo, posto che questa aveva considerato 800.000 Euro imputati ai pregressi debiti gravanti sul maso e alle pregresse spese per lo stesso, saldati i primi ed effettuate le seconde da parte del coniuge della deducente assuntrice e da quest’ultima. Difettando l’indicazione delle prove della collusione, la citazione per opposizione di terzo revocatoria sarebbe stata nulla come originariamente eccepito.

Con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 404 c.p.c., comma 2, art. 405 c.p.c., nonchè della Legge sui masi chiusi, art. 32 poichè la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che, se per un verso la mera conoscenza del debito ipotecario da parte dei già comproprietari non dimostrava la collusione, il giudice del giudizio di assunzione non avrebbe potuto che prendere atto dell’accordo tra gli stessi senza poterne sindacare il merito, in specie con riguardo alla stima dei pregressi debiti seppure non dettagliatamente ricostruibili.

Con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., poichè la Corte di appello avrebbe errato mantenendo a carico della deducente le spese del primo grado nonostante la riforma della sentenza del Tribunale che aveva accolto l’opposizione di terzo ordinaria ritenuta invece improponibile dal Collegio di seconde cure.

2. Il primo motivo è infondato.

E’ vero che la sentenza gravata non ha revocato l’assunzione del maso chiuso di conseguenza intavolata, ma è anche vero che dalla lettura del combinato disposto dei punti 1) e 2) del dispositivo, effettuata in uno alla motivazione, è evidente che la sentenza si afferma titolo per il ripristino tavolare della garanzia ipotecaria, a carico della quota di 1/7 del cespite, con grado corrispondente al tempo di originaria iscrizione, ferma l’assunzione del maso, proprio perchè ritenuta inopponibile alla Cassa la cancellazione dell’iscrizione stessa a seguito del procedimento di assunzione quale svolto.

In altri termini, la censura presuppone ciò che vorrebbe dimostrare rendendo inutile la sentenza impugnata, ovvero l’immodificabilità e quindi opponibilità della cancellazione in parola.

Pertanto, non assume alcun rilievo la surrogazione delle quote di comproprietà in diritti sulle quote del prezzo determinato per l’assunzione.

Come osservato in memoria dalla controricorrente, il ripristino tavolare di cui sopra è coerente con il R.D. n. 499 del 1929, art. 33, lett. c), (legge tavolare) che legittima le intavolazioni in forza di sentenze passate in giudicato (oltre a essere logicamente confermato dall’art. 50 medesimo testo legislativo sulla cancellazione di eventuali iscrizioni successive a una prenotazione giustificata), sicchè non osta in alcun modo il generale principio di cui all’art. 93 stessa legge invocato dalla parte ricorrente, secondo cui, come parimenti logico, il giudice decide sulle domande in base allo stato tavolare esistente al momento della loro formulazione.

Il secondo e terzo motivo, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili.

Le censure mirano a una rilettura istruttoria in questa sede inammissibile.

La Corte di appello ha desunto la prova della collusione in particolare dalla marcata divergenza tra il prezzo residuo da erogare e quello appurato in sede peritale officiosa, in uno al difetto di verificabilità dei debiti e delle spese sostenuti dal precedente titolare del maso e da sua moglie, assuntrice del maso e ricorrente.

Si tratta del decifrabile ragionamento presuntivo in cui si è tradotto l’accertamento di fatto proprio del giudice di merito.

Il terzo motivo è manifestamente infondato.

La Corte di appello ha regolato come necessario le spese secondo l’unitaria soccombenza, confermando quelle liquidate in prime cure sia pure in forza di un esito processuale omologo ma fondato su ragioni differenti.

Il criterio della soccombenza, al fine di attribuire l’onere delle spese processuali, non si fraziona infatti a seconda dell’esito delle varie fasi del giudizio, ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi neppure che in un grado o fase del giudizio la parte poi definitivamente soccombente abbia conseguito un esito ad essa favorevole (Cass., 13/03/2013, 6369).

3. Spese secondo soccombenza.

Trattandosi di procedimento esente non deve indicarsi la debenza del doppio contributo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali di parte controricorrente liquidate in Euro 8.000,00 oltre a Euro 200,00 per esborsi oltre al 15% di spese forfettarie oltre accessori legali.

Così deciso in Roma, il 11 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA