Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28627 del 29/11/2017


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Cassazione civile, sez. II, 29/11/2017, (ud. 13/09/2017, dep.29/11/2017),  n. 28627

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1 La Edil 2 srl nel 1988 acquista dalla Bazia Gardens spa un terreno edificabile in (OMISSIS), villaggio turistico (OMISSIS), e poi stipula con la venditrice altri due contratti, un appalto (con cui le commissiona la costruzione di alcune unità immobiliari sul terreno acquistato) e un preliminare di permuta (con cui si obbliga a cedere alla venditrice Bazia Gardens spa, le unità immobiliari da costruire in cambio di una villa e di tre posti barca sempre nel medesimo villaggio turistico).

2 Nel 1991 la Edil 2 promuove contro la Bazia Gardens due separati giudizi per ottenere la risoluzione sia del contratto di appalto che del preliminare di permuta, per inadempimento della convenuta. Sul contratto di compravendita immobiliare non sorge invece controversia.

3 Con atto del 4.7.1992 le parti transigono entrambe le liti risolvendo consensualmente l’appalto e il preliminare di permuta e contemporaneamente regolano la sorte dei contratti nel frattempo già conclusi dalla Bazia Gardens in previsione della stipula dell’atto definitivo di permuta, attraverso una serie di clausole, con previsione tra l’altro, per la Edil 2 srl, di una riserva di azione di rilascio contro i promissari non favorevoli alla proposta di concludere il contratto di vendita con la maggiorazione di prezzo fissata nella transazione.

4 Tra coloro che non accettano la proposta vi è la Maxim Vip Broker spa e pertanto la società Edil 2 srl promuove contro di essa, con citazione 26.6.1997, azione di rilascio dell’immobile detenuto e di risarcimento danni.

5 Il Tribunale di Barcellona P.G., nella contumacia della convenuta, accoglie la domanda con sentenza 345/02, che la Corte d’Appello di Messina conferma con successiva sentenza 25.1.2012, respingendo il gravame proposto dalla soccombente Maxim Vip Broker spa.

6 Per giungere a tale soluzione, la Corte messinese, rileva:

– che l’eccezione di nullità della notifica dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, oggetto del primo motivo di appello, era infondata per il principio del raggiungimento dello scopo dell’atto, consegnato nell’ufficio postale a persona delegata dal legale rappresentante della società convenuta;

– che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, il “compromesso di vendita” da essa concluso il 20.9. 1990 con la Bazia Gardens spa andava interpretato come preliminare e con come contratto definitivo di vendita e comunque era inefficace nei confronti della Edil 2, estranea alla pattuizione;

– che, sempre contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, con la transazione del 4.7.1992 non era stata convenuta alcuna cessione dei preliminari di compravendita dalla Bazia Gardens alla Edil 2 e quindi non si era verificata nessuna successione della Edil 2 ai sensi dell’art. 1409 c.c. nella posizione della promittente venditrice, ma risultava solo una assunzione, da parte della Edil 2 e nei confronti esclusivamente della Bazia Gardens e non dei promissari, dell’impegno a concludere i preliminari di vendita a condizione del pagamento del supplemento di prezzo nel termine di un anno con riserva di azione per il rilascio e i danni nei confronti “di quei promissari che non accettassero la proposta”;

– che con l’atto di transazione la Edil 2 non aveva assunto alcun obbligo di comunicare ai promissari acquirenti la proposta di modifica dei preliminari, gravando un tale impegno solo sulla Bazia Gardens, quale promittente venditrice.

7 Contro tale sentenza la Maxim VIP Broker srl propone ricorso per cassazione sulla base di tre censure, a cui resiste con controricorso la Edil 2 srl.

Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1 Col primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione e falsa applicazione degli artt. 145,139,140,141,156 c.p.c. e L. n. 890 del 1982, art. 8 in relazione ai principi enunciati dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 346/1998. Secondo la società ricorrente, la sentenza impugnata contravviene ai principi di diritto sulle notifiche alle persone giuridiche perchè non considera che il plico postale contente l’atto di citazione era stato indirizzato in un luogo che non era nè la sede legale della società (ubicata in (OMISSIS)) nè il luogo di residenza, domicilio o dimora del liquidatore. Deduce la violazione del procedimento notificatorio anche perchè l’agente postale non aveva menzionato le ragioni per le quali l’atto non era stato consegnato al destinatario, nè aveva spedito la raccomandata informativa. Contesta infine la ritenuta sanatoria.

Il motivo è privo di fondamento.

La notificazione a mezzo del servizio postale si perfeziona (nella specie, per il destinatario) nel momento in cui il piego postale è ritirato dal destinatario o da un suo incaricato, restando in tal caso irrilevante se ed in qual modo siano state compiute dall’agente postale le attività previste dai primi due commi della L. n. 890 del 1982, art. 8 atteso che, con la consegna del piego, contenente l’atto da notificare, si realizza pienamente lo scopo dell’attività della notifica, senza che assuma rilievo la circostanza che tale consegna sia avvenuta nell’ufficio postale anzichè nel luogo indicato sul piego postale (Sez. 3, Sentenza n. 14606 del 12/07/2005 Rv. 584875).

Dalla sentenza impugnata, ma anche dagli atti del giudizio (che la natura del vizio dedotto consente di esaminare direttamente), risulta che il plico raccomandato contenente la copia dell’atto di citazione in giudizio della “Maxim VIP Broker srl in persona del suo liquidatore A.C….”, venne ritirato in ufficio postale da una persona, tale N.A. “delegata del destinatario”.

Si è realizzata, pertanto, la fattispecie prevista dalla L. n. 890 del 1982, art. 8, comm 5 e 6 secondo cui “nel caso che durante la permanenza del piego presso l’ufficio postale il destinatario o un suo incaricato ne curi il ritiro, l’impiegato postale lo dichiara sull’avviso di ricevimento che, datato e firmato dal destinatario o dal suo incaricato, è subito spedito al mittente in raccomandazione. La notificazione si ha per eseguita alla data del ritiro del piego”.

L’avvenuto ritiro del piego postale comporta dunque il perfezionamento della notifica a mezzo posta (che “si ha per eseguita” all’atto di detto ritiro).

Ed invero con la consegna del piego postale (contenente l’atto da notificare) al destinatario della notifica o ad un suo incaricato si realizza pienamente lo scopo dell’attività di notifica, mentre è ininfluente che tale consegna sia avvenuta nell’ufficio postale anzichè nel luogo indicato sul piego postale.

Inoltre, come ha già affermato la Cassazione penale (sentenza della Sez. 3^ 6 luglio-5 agosto 1998 n. 9168, Lamiranda, rv. 211817), in caso di notificazione a mezzo posta l’incaricato del ritiro presso l’ufficio postale non deve avere i requisiti stabiliti dalla L. n. 890 del 1982, art. 8 previsti per i soggetti abilitati a ricevere il plico nel luogo indicato sulla busta; infatti è sufficiente che il delegato sottoscriva ravviso di ricevimento con la indicazione della specifica qualità e l’agente postale certifichi con la sua firma in calce al documento la ritualità della consegna.

Tale orientamento interpretativo (richiamato anche nella citata Sentenza sez. 3 n. 14606 del 12/07/2005) va qui ribadito sulla base della considerazione che la L. n. 890 del 1982, art. 8 nei commi 3 e 5, prevede il ritiro del piego postale (contenente l’atto da notificare) da parte di un incaricato del destinatario della notifica, senza richiedere per detto incaricato alcuna delle qualità previste dal precedente art. 7 per la legittimazione a ricevere la consegna detratto, onde deve ritenersi che il possesso di tali qualità sia sostituito dall’incarico che il destinatario del piego postale abbia conferito a chi provveda a ritirarlo nell’ufficio postale.

Tornando al caso in esame, una volta che il menzionato N.A. sia stato individuato come “incaricato” al ritiro dell’atto, con accertamento del giudice del merito, il procedimento di notificazione deve ritenersi perfezionato anche perchè una tale attestazione, fatta dall’addetto all’ufficio postale, facente fede fino a querela di falso, presuppone – secondo le vigenti disposizioni – la previa presentazione all’impiegato addetto alla consegna delle raccomandate in giacenza di una apposita delega scritta firmata e corredata da valido documento di riconoscimento del delegante e del delegato: si rivela così corretta la decisione della Corte d’Appello sul punto e superflua ogni ulteriore considerazione.

2 Col secondo motivo, articolato in via subordinata, si deduce, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dei principi in tema di litisconsorzio necessario. Si sostiene che la Bazia Gardens spa avrebbe dovuto partecipare necessariamente al giudizio in relazione agli effetti della transazione del 4.7.1992 con cui la Edil 2 srl aveva preso atto delle vendite operate dalla prima assumendo l’impegno di concludere i contratti di compravendita sui cui effetti la Corte territoriale si è pronunciata rigettando il secondo motivo. Rileva di avere sollevato la relativa eccezione sia in comparsa conclusionale che in memoria di replica e che la Corte territoriale non si è pronunciata sulla questione (rilevabile anche di ufficio in qualunque stato e grado del giudizio e quindi anche in sede di legittimità).

Anche tale motivo è privo di fondamento.

L’art. 102 c.p.c. dispone testualmente che “se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo.

Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito”.

Ebbene, posto che la società attrice ha promosso, in qualità di proprietaria, un’azione di rilascio di immobile e di risarcimento danni esclusivamente nei confronti della parte detentrice e che quindi la sentenza di condanna produce effetti solo tra le suddette parti (od aventi causa) e quindi solo nei confronti della convenuta (o dei suoi aventi causa) va eseguita, non si comprende perchè mai un soggetto estraneo alla predetta azione, quale è certamente la Bazia Gardens, dovrebbe assumere la veste di litisconsorte necessario nel giudizio di rilascio e danni. La sentenza di rilascio emessa nel contraddittorio delle uniche parti necessarie, non potrebbe mai essere inutiliter data, nè è questa la sede per discutere degli effetti della transazione che pose fine all’intenso contenzioso tra la Edil 2 e la Bazia Gardens, mancando specifica domanda in tal senso (sia in via principale che riconvenzionale).

3 Col terzo ed ultimo motivo la ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1351,1376 e 1478 c.c. e dei principi in tema di interpretazione dei contratti, nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Dopo avere allegato il testo integrale del contratto del 20.9.1990 da essa stipulato con la Bazia Gardens spa nonchè la copia della fattura n. (OMISSIS), la ricorrente osserva in particolare che la Corte d’Appello, “con accertamento non sorretto da motivazione sufficiente e non esente da vizi logici” ha violato le regole di ermeneutica contrattuale ritenendo determinante il tenore letterale del contratto. Insiste nella tesi della natura di contratto di compravendita definitivo e riporta tutti i passaggi dell’atto che, a suo dire, sorreggono tale conclusione interpretativa, evidenziando anche l’avvenuto pagamento del prezzo e il rilascio di fattura; ritiene irrilevante il richiamo al contenuto della transazione del 4.7.1992 alla quale essa non ha partecipato e riporta una serie di massime giurisprudenziali. Ritiene che il contratto debba essere qualificato come vendita di cosa altrui e rileva che in forza delle clausole della transazione la Edil 2 era subentrata nei rapporti instaurati dalla Bazia Gardens con gli acquirenti. Secondo la ricorrente in sostanza la transazione del 1992 ha natura di ratifica dei contratti di vendita con la conseguenza che essa deve ritenersi proprietaria alla data della transazione, allorchè la Edil 2 è subentrata nella posizione del venditore non proprietario (la Bazia Gardens).

Osserva ancora la società ricorrente che, anche a voler qualificare il contratto 20.9.1990 come preliminare, ugualmente la Edil 2 srl non potrebbe pretendere la restituzione del bene, non avendo mai chiesto in giudizio la risoluzione del predetto contratto, che pertanto è rimasto valido ed efficace. Evidenzia infine che la Edil 2 srl non ha neppure adempiuto all’obbligo assunto con la transazione di notificare alla ricorrente l’accordo transattivo nè di avere proposto la modifica del contratto 20.9.1990 sicchè, anche sotto tale profilo, essa non era legittimata a chiedere la restituzione del bene e il risarcimento danni.

Il motivo è infondato, al pari degli altri.

Secondo l’univoca giurisprudenza di questo giudice di legittimità (per tutte v. Sez. U, Sentenza n. 1914 del 02/02/2016, in motivazione), l’interpretazione dei contratti e degli atti negoziali in genere, in quanto accertamento della comune volontà delle parti in essi espressasi, costituisce attività propria ed esclusiva del giudice di merito, dovendo il sindacato in proposito riservato al giudice di legittimità limitarsi alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale (nonchè, secondo la giurisprudenza anteriore alla modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5, al controllo della coerenza e logicità della motivazione.

Deve pertanto escludersi che il ricorrente in cassazione possa di fatto, sotto le spoglie di una denuncia per violazione di legge (art. 1362 c.c. e s.s.), chiedere al giudice di legittimità di procedere ad una nuova interpretazione dell’atto negoziale, ovvero cercare di far valere pretesi vizi logici della motivazione che sostiene l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito in ordine alla volontà delle parti espressasi nell’atto negoziale.

Secondo la concorde giurisprudenza di questo giudice di legittimità, inoltre, qualora deduca la violazione dei citati canoni interpretativi, il ricorrente deve precisare in quale modo il ragionamento del giudice se ne sia discostato, non essendo sufficiente un astratto richiamo ai criteri asseritamente violati e neppure una critica della ricostruzione della volontà dei contraenti che, benchè genericamente riferibile alla violazione denunciata, si riduca, come nella specie, alla mera (benchè energicamente ribadita) prospettazione di un risultato interpretativo diverso da quello accolto nella sentenza impugnata (v. cass. n. 25728 del 2013 e, tra le altre, cass. n.1754 del 2006).

La giurisprudenza di legittimità (v. tra le altre cass. n. 13083 del 2009) non ha mancato inoltre di rilevare che l’art. 1362 c.c. impone all’interprete di indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole (in ciò differenziandosi dall’art. 12 preleggi che, nell’interpretazione della legge, assegna un valore prioritario al dato letterale, individuando, quale ulteriore elemento, l’intenzione del legislatore), ed ha altresì sottolineato che nell’interpretazione del contratto il dato testuale, pur assumendo un rilievo fondamentale, non può essere ritenuto decisivo ai fini della ricostruzione del contenuto dell’accordo, giacchè il significato delle dichiarazioni negoziali può ritenersi acquisito solo al termine del processo interpretativo, il quale non può arrestarsi alla ricognizione del tenore letterale delle parole ma deve estendersi alla considerazione di tutti gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore, anche quando, in ipotesi, le espressioni appaiano di per sè “chiare” e non bisognose di approfondimenti interpretativi, dal momento che anche un’espressione prima facie chiara potrebbe non risultare più tale se collegata ad altre espressioni contenute nella stessa dichiarazione o posta in relazione al comportamento complessivo delle parti (v. cass. n. 12120 del 2005).

E’ poi appena il caso di aggiungere che il citato art. 1362 c.c., comma 2 precisa che per determinare la comune intenzione delle parti si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto, mentre l’art. 1363 c.c. prevede che le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto.

Nella specie, il giudice di merito ha qualificato la scrittura del 20.9.1990 tra Bazia Gardens spa e Maxim Vip Broker srl come contratto preliminare, considerando non solo il dato letterale (l’intestazione dell’atto come “Compromesso di vendita” e le espressioni “promette di vendere” e “si obbliga ad acquistare”), ma anche il contenuto dei patti: sotto quest’ultimo profilo, ha evidenziato che si trattava di unità immobiliari in corso di costruzione da parte della promittente venditrice (quindi ha valutato anche la natura del bene); ha considerato inoltre che era previsto un termine per la stipula dell’atto definitivo di trasferimento e che con la scrittura integrativa del 14.1.1991 si rimandava alla stipula dell’atto pubblico il trasferimento della terrazza di copertura, l’assegnazione dei posti macchina e l’integrazione del prezzo.

L’argomento del pagamento integrale del prezzo – su cui insiste particolarmente la ricorrente – non è decisivo perchè il pagamento anticipato potrebbe essere stato determinato da particolari ragioni interne (v. in proposito Sez. 1, Sentenza n. 564 del 17/01/2001 Rv. 543180; Sez. 3, Sentenza n. 5940 del 05/11/1980 Rv. 409731).

La Corte di merito si è poi confrontata anche con la specifica censura con cui si segnalava che Edil 2 srl non aveva neppure notificato alla ricorrente l’accordo transattivo nè proposto la modifica del contratto ed al riguardo, ha osservato che la transazione del 4.7.1992 faceva carico, non già alla Edil 2, ma solo alla Bazia Gardens di provvedere, quale promittente venditrice alle comunicazioni nei confronti dei promissari acquirenti. Una tale affermazione non è smentita dalla ricorrente che, anzi, contravvenendo all’onere di specificità nella formulazione dei motivi, non ha riportato nessuna clausola contrattuale di contrario tenore (contenente cioè la previsione di un onere informativo a carico della Edil 2 srl).

A fronte di questo percorso esegetico della Corte d’Appello, condivisibile o meno, ma normativamente corretto e logicamente coerente, la società ricorrente si limita a contrapporre un risultato ermeneutico diverso, fondato sul versamento dell’intero prezzo con rilascio di relativa fattura e su alcune altre espressioni contenute nella scrittura (che pure elenca), ma non evidenzia neppure gravi lacune nel percorso motivazionale della Corte d’Appello, prospettando piuttosto anche questioni di diritto nuove (come quella, di cui a pag. 44 del ricorso, relativa alla validità del contratto del 20.9.1990 per mancata proposizione di una specifica domanda di risoluzione).

In conclusione, il ricorso va respinto con addebito di spese alla parte soccombente (così assorbita anche la doglianza sulla condanna alle spese dei giudizi di merito) e con obbligo di versamento, a carico della stessa, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013 (L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013, che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13).

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in Euro 4.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2017

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