Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28626 del 08/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 08/11/2018, (ud. 25/09/2018, dep. 08/11/2018), n.28626

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18160/2017 proposto da:

T.F., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE II 326, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO

SCOGNAMIGLIO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

MASSIMO CORRIAS, PIER GIORGIO CORRIAS;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BOTTICINO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 20, presso

lo studio dell’avvocato FRANCESCO ANELLI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato EMANUELE CORLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 105/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 05/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 25/09/2018 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS.

Fatto

RILEVATO

– che con sentenza del 5 maggio 2017, la Corte d’Appello di Brescia, confermava la decisione resa dal Tribunale di Brescia che aveva accolto le domande proposte da T.F. nei confronti del Comune di Botticino, alle cui dipendenze prestava servizio con inquadramento quale istruttore direttivo di categoria D3 del CCNL per il comparto Regioni ed Autonomie Locali ed altresì del segretario comunale, limitatamente alla declaratoria di illegittimità delle sanzioni disciplinari irrogategli il 22.10.2012 ed il 10.1.2014, rigettando viceversa l’analoga richiesta relativa alle sanzioni disciplinari del 30/4/2010, 26/1, 27/4 e 1/10/2012 nonchè la domanda risarcitoria a fronte dei lamentati danni da demansionamento e da mobbing quantificati in relazione alle componenti relative al danno alla professionalità ed al danno all’immagine e la domanda relativa al pagamento dell’indennità di preavviso in relazione all’invocata giusta causa di dimissioni;

che la decisione della Corte territoriale, investita del gravame proposto dal T. nei confronti del solo Comune di Botticino e volto all’impugnazione di tutte le statuizioni di rigetto rese dal primo giudice, discende dall’aver questa ritenuto legittimamente irrogate sul piano formale e sostanziale le sanzioni disciplinari impugnate, inconfigurabile, per non trovare riscontro la deduzione per cui il T. sarebbe stato assunto come tecnico informatico ed in questa veste gli sarebbe stata attribuita la responsabilità del settore, viceversa assunta solo temporaneamente prima dell’inserimento del settore nell’ambito dello staff del Segretario comunale e dell’esternalizzazione dello stesso che tuttavia non hanno inciso sulla posizione formale del T. da ritenersi equivalente, il lamentato demansionamento e, pertanto, insussistente il lamentato mobbing e la giusta causa di dimissioni legittimante il pagamento del preavviso;

che per la cassazione di tale decisione ricorre il T., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, il Comune;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

che il ricorrente ha poi presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione del D.Lgs n. 165 del 2001, artt. 1 e 52 e art. 3, commi 5 e 6, CCNL per il comparto Regioni ed Autonomie Locali 31.3.1999 e successive modifiche, lamenta la non conformità a diritto dell’interpretazione delle predette norme accolta dalla Corte territoriale nel senso della valorizzazione del principio dell’equivalenza meramente formale delle mansioni e dell’iter logico-valutativo di conseguenza seguito;

che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 e artt. 2103,2087 e 1218 c.c., lamenta alla stregua delle norme invocate l’erroneità del convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine alla non riconducibilità alla fattispecie del mobbing dei comportamenti gestionali assunti dal Comune, dal demansionamento, alla reiterata irrogazione di sanzioni disciplinari, sino alla limitazione degli spazi e della strumentazione funzionali allo svolgimento dell’attività lavorativa, da ritenersi lesivi della professionalità e dignità del medesimo;

che entrambi i motivi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, devono ritenersi inammissibili, risolvendosi la formulata impugnazione nella mera riproposizione delle originarie argomentazioni in fatto e diritto che platealmente prescindono dal confronto e dalla confutazione della puntuale e analitica disamina a ciascuna di esse dedicata dalla Corte territoriale per poi formularne un giudizio di irrilevanza e/o infondatezza secondo un iter logico-giuridico improntato a principi di diritto da ritenersi pienamente condivisibili, con specifico riferimento a quello qui espressamente censurato dato dal principio di equivalenza formale delle mansioni su cui la Corte territoriale ha fondato il proprio convincimento circa l’inconfigurabilità nella specie del dedotto demansionamento, da cui ha fatto discendere l’insussistenza del denunciato mobbing, statuizione quest’ultima che, a dimostrazione dell’incommensurabilità dei piani su cui si muovono sentenza impugnata ed atto di impugnazione, viene qui censurata sul presupposto dell’effettività del demansionamento;

che, pertanto conformandosi alla proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile;

che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2018

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