Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28625 del 08/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 08/11/2018, (ud. 25/09/2018, dep. 08/11/2018), n.28625

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18138/2017 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO DI TORRE

ARGENTINA 11, presso lo studio dell’avvocato MARIA ANTONIETTA

LAMBERTI, rappresentato e difeso dall’avvocato FABIO DE SIMONE

SACCA’;

– ricorrente –

contro

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI REGGIO CALABRIA, in persona del Rettore

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA DELLO STATO, che la rappresenta e difende

ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 380/2017 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 03/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 25/09/2018 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza del 3 aprile 2017, la Corte d’Appello di Reggio Calabria in riforma della decisione resa dal Tribunale di Reggio Calabria rigettava la domanda proposta da C.A. nei confronti dell’Università degli Studi di Reggio Calabria, avente ad oggetto il pagamento di differenze retributive maturate nel corso del rapporto intrattenuto con l’Università per lo svolgimento, con inquadramento nella categoria EP (elevata professionalità) posizione EP1 area amministrativo-gestionale, delle mansioni di responsabile del protocollo generale ed esauritosi per il suo collocamento in quiescenza a titolo di ferie e permessi non goduti, straordinari e lavoro supplementare e di ricalcolo su tali basi del TFR;

che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto con riguardo alla monetizzazione delle ferie, unico capo della domanda fatto oggetto di gravame da parte dell’Università all’epoca appellante effettivamente insussistente nell’an il diritto azionato non avendo il C. assolto l’onere probatorio relativo all’essere stata la mancata fruizione delle ferie, in principio irrinunciabili, cagionato da eccezionali e motivate esigenze di servizio o da cause di forza maggiore, le sole ipotesi che legittimano, in particolare nel pubblico impiego, la monetizzazione delle ferie non fruite;

che per la cassazione di tale decisione ricorre il C., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui, resiste, con controricorso, l’Università;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

che il ricorrente ha poi presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 2109,2087 c.c., D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 10 e D.P.R. n. 395 del 1988, art. 4, lamenta la non conformità a diritto della pronunzia resa dalla Corte territoriale laddove subordina il diritto del lavoratore alla monetizzazione delle ferie non godute all’obbligo del medesimo di attivarsi, tramite la formulazione di esplicita richiesta o anche, in considerazione del proprio ruolo dirigenziale, programmando l’attività propria e dell’ufficio, ai fini della fruizione delle ferie;

che, con il secondo motivo, denunciando la violazione dell’art. 28 del CCNL 1998/2001 per il comparto università e successive modifiche, il ricorrente imputa alla Corte di aver erroneamente interpretato la disciplina contrattuale come tale da legittimare la tesi confutata nel primo motivo;

che, con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, il ricorrente imputa alla Corte territoriale sia, ancora una volta, l’accollo al ricorrente dell’onere che al medesimo non compete di provare l’intervenuta richiesta da parte sua della fruizione delle ferie sia la mancata considerazione sia dell’impossibilità di attribuirsele sia della sua insostituibilità per essere lui soltanto in possesso delle necessarie abilitazioni per la gestione del protocollo informatico dell’Ateneo;

che tutti gli esposti motivi, i quali, in quanto strettamente connessi possono essere qui trattati congiuntamente, devono ritenersi infondati atteso che, diversamente da quanto opina il ricorrente, il quale non a caso mira a spostare i termini della questione incentrando l’impugnazione sul preteso obbligo di formale richiesta della fruizione delle ferie che la Corte territoriale illegittimamente accollerebbe al lavoratore, risulta conforme al principio di diritto affermato da questa Corte, che ha poi trovato l’avallo del Giudice delle leggi (cfr. Corte Cost. n. 95/2016 la quale nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale della L. n. 135 del 2012, art. 1, comma 1, in riferimento all’art. 3 Cost., art. 36 Cost., commi 1 e 3 e art. 117 Cost., comma 1, in quanto vieterebbe, nell’ambito del lavoro pubblico, di corrispondere trattamenti economici sostitutivi delle ferie non godute anche quando la mancata fruizione non sia imputabile alla volontà del lavoratore, ha affermato che la norma introdotta dal legislatore si prefigge di reprimere il ricorso incontrollato alla monetizzazione delle ferie non godute, contrastandone gli abusi e di “riaffermare la preminenza del godimento effettivo delle ferie, per incentivare una razionale programmazione del periodo feriale e favorire comportamenti virtuosi delle parti nel rapporto di lavoro, senza arrecare pregiudizio al lavoratore incolpevole), per il quale va riconosciuto al lavoratore il diritto ad un’indennità per le ferie non godute per causa a lui non imputabile, anche quando difetti un’esplicita previsione negoziale in tal senso, ovvero quando la normativa settoriale formuli il divieto di “monetizzazione”, l’impostazione in diritto seguita dalla Corte territoriale che ha inteso ricollegare la non imputabilità della mancata fruizione delle ferie, con ciò conformandosi alla disciplina collettiva applicabile, alla ricorrenza di motivate esigenze di servizio ostative ad avviso dell’amministrazione alla concessione delle stesse, derivandone correttamente il rigetto della domanda a fronte della mancata prova della ricorrenza di esse e dunque della non imputabilità a sè medesimo della mancata fruizione, che la Corte territoriale non si esime dal motivare sulla base di argomentazioni incentrate sull’impossibilità per il ricorrente anche di dedurre l’esistenza di quelle ragioni in quanto mai sollecitate all’amministrazione, argomentazioni qui neppure fatte oggetto di specifica censura;

che, pertanto conformandosi alla proposta del relatore, il ricorso va rigettato;

che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2018

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