Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28621 del 15/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 15/12/2020, (ud. 29/09/2020, dep. 15/12/2020), n.28621

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16354/2017 proposto da:

TIVOLI FORMA UNIPERSONALE S.R.L., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GIUSEPPE FERRARI, 11, presso lo studio degli avvocati ALESSANDRA

ROSSI, e MASSIMO VALENZA, che la rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

L.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RICASOLI, 7,

presso lo studio dell’avvocato SERGIO DE SANTIS, che la rappresenta

e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2161/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/04/2017 R.G.N. 5706/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/09/2020 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’

Stefano, ha depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Il Tribunale di Tivoli accoglieva parzialmente la domanda presentata da L.P. nei confronti della Tivoli Forma s.r.l. Unipersonale, dichiarando la nullità del contratto di lavoro a tempo determinato sottoscritto dalle parti il 1.6.11, della durata di un mese, poi prorogato sino al 31.7.11, stante la mancata indicazione delle ragioni di carattere tecnico, organizzativo o produttivo di cui al D.Lgs. n. 38 del 2001, art. 1; per l’effetto condannava la società al pagamento dell’indennità risarcitoria L. n. 183 del 2010, ex art. 32, nella misura di 2,5 mensilità; rigettava invece la domanda diretta ad accertare l’esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ritenendola preclusa dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36.

Avverso tale sentenza proponeva appello la L.; resisteva la società. Con sentenza depositata il 26.4.17, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della pronuncia impugnata, dichiarava sussistente tra le parti un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a far data dal 31.7.11, condannando la società alla refusione delle spese del doppio grado.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la società Tivoli Forma, affidato a due motivi, cui resiste la L. con controricorso, poi illustrato con memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1- Con il primo motivo la società ricorrente denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, per non aver la sentenza impugnata esaminato e motivato la conferma della declaratoria di nullità del termine apposto al contratto di lavoro de quo.

Il motivo è infondato.

Deve infatti evidenziarsi che la sentenza di prime cure venne impugnata solo dalla L. mentre la società si limitò a chiedere il rigetto della domanda, sicchè la Corte capitolina non aveva alcun obbligo di statuire in ordine alla illegittimità del termine apposto al contratto, già dichiarata dal Tribunale con statuizione sul punto passata in giudicato.

2- Con secondo motivo la società denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, relativamente alla disposta conversione del rapporto, trattandosi di società a capitale interamente pubblico mentre la sentenza impugnata aveva ritenuto che le società a capitale pubblico non fossero di per sè escluse dall’applicazione del regime privatistico in materia di rapporti di lavoro, ed in particolare, per quanto qui interessa, la società odierna ricorrente (Cons. Stato n. 570/13).

Il motivo è fondato.

Deve infatti osservarsi che se, in tema di società partecipate, il capitale pubblico non muta, in via di principio, la natura di soggetto privato della società la quale, quindi, resta assoggettata al regime giuridico proprio dello strumento privatistico adoperato, ciò avviene salve specifiche disposizioni di segno contrario o ragioni ostative di sistema che portino ad attribuire rilievo alla natura pubblica del capitale impiegato e del soggetto che possiede le azioni della persona giuridica (cfr. Cass. S.U. n. 24591/2016 e con riferimento ai rapporti di lavoro Cass. S.U. n. 7759/2017); nella specie la disposizione di segno contrario, come posto in evidenza da Cass. n. 3621/2018 e Cass. n. 3662/19, intervenuta in materia di società “in house”, è rappresentata dal D.L. n. 112 del 2008, art. 18, convertito con modificazioni dalla L. n. 133 del 2008, che, nel testo risultante dalle modifiche apportate dalla L. n. 102 del 2009, di conversione del D.L. n. 78 del 2009, al comma 1, estende alle società a totale partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali i criteri stabiliti in tema di reclutamento del personale dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35, comma 3, ed al comma 2 prescrive alle “altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo” di adottare “con propri provvedimenti criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità”, prevedendo, inoltre, al comma 2 bis che “le disposizioni che stabiliscono, a carico delle amministrazioni di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 1, comma 2 e successive modificazioni, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, si applicano, in relazione al regime previsto per l’amministrazione controllante, anche alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale nè commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 5; la violazione di tali disposizioni, di carattere imperativo, comporta che l’omesso esperimento delle procedure concorsuali previste dal comma 1 e di quelle selettive, richiamate nel comma 2, impedisce la conversione dei rapporti dedotti in giudizio in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato (Cass. n. 3621/2018, Cass. n. 21378/18).

Il secondo motivo di ricorso va pertanto accolto perchè risulta per tabulas che il primo dei contratti di lavoro dedotti in giudizio fu stipulato successivamente all’operatività delle disposizioni contenute del richiamato D.L. n. 112 del 2008, art. 18 (22.10.2008, sessanta giorni successivi all’entrata in vigore della legge di conversione), convertito con modificazioni dalla L. n. 133 del 2008.

In definitiva, rigettato il primo motivo, la sentenza impugnata deve cassarsi in relazione al secondo motivo accolto, con rinvio ad altro giudice in dispositivo indicato per l’ulteriore esame della controversia.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolazione delle spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 29 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020

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