Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28621 del 08/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 08/11/2018, (ud. 10/10/2018, dep. 08/11/2018), n.28621

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8872/2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

LEMA SAS DI P. C. & C. PRODUZIONE CONTENITORI FLESSI, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio

dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato IVO CARACCIOLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1182/26/2016 della COMMISSIONE TRIBTUARIA

REGIONALE di TORINO, depositata il 04/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 10/10/2018 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI

CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro la Lema sas di P. C & C. Produzione contenitori Flessi, impugnando la sentenza della CTR Piemonte indicata in epigrafe, che ha confermato l’illegittimità dell’avviso di accertamento emesso per la ripresa a tassazione di reddito imponibile e IVA carico della società per l’anno 2007. Secondo la CTR non meritava di essere accolta la censura relativa alla prospettata disintegrità del contraddittorio “in quanto la decisione di primo grado è intervenuta prima della litispendenza delle cause afferenti i soci”.

Riteneva, poi, nel merito infondata la censura esposta dall’Ufficio, avendo la società contribuente dissipato i dubbi in ordine all’acquisto di beni e servizi, dimostrando altresì l’avvenuto pagamento e l’inerenza dei medesimi.

La parte intimata si è costituita in giudizio con controricorso, pure depositando memoria.

E’ fondata la prima censura, con la quale si deduce l’erroneità della pronunzia impugnata, laddove ha escluso l’esistenza di un litisconsorzio necessario fra società e socio.

Ed invero, occorre fare applicazione nel presente procedimento del principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, a mente del quale la unitarietà dell’accertamento che è (o deve essere) alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società ed associazioni di cui all’art. 5 T.U.I.R. e dei soci delle stesse (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40) e la conseguente automatica imputazione dei redditi della società a ciascun socio proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso proposto da uno dei soci o dalla società, anche avverso un solo avviso di rettifica, riguarda inscindibilmente la società ed i soci (salvo che questi prospettino questioni personali), i quali tutti devono essere parte nello stesso processo, e che la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, comma 1). La decisione giudiziaria, infatti, non ha ad oggetto la singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì quella, inscindibilmente comune a tutti i debitori, di rispettare l’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, cioè gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione (Cass. SS.UU. n. 1052/2007); trattasi pertanto di fattispecie di litisconsorzio necessario originario – v. Cass. S.U. 14815/08 e 14816/08.

Da ciò consegue che il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati, destinatario di un atto impositivo, apre la strada al giudizio necessariamente collettivo e il giudice adito in primo grado deve ordinare l’integrazione del contraddittorio (a meno che non si possa disporre la riunione dei ricorsi proposti separatamente, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 29 – ipotesi non ritenuta possibile dal giudice di appello in relazione alla proposizione dei giudizi da parte dei soci in epoca successiva alla pendenza del ricorso attivato dalla società).

Peraltro, le superiori considerazioni non risultano incrinate dalla circostanza che l’atto impugnato abbia avuto ad oggetto oltre ad un debito relativo ad imposta sui redditi e IRAP – e quindi imposte il cui accertamento ridonda direttamene in capo ai soci per trasparenza D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 5 e determina in ragione di ciò l’insorgenza del litisconsorzio necessario (Cass. S.U. n. 10145/12) – anche un debito IVA.

Sul punto, questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che ove i rilievi in punto di IVA traggono fonte dal medesimo accertamento all’origine delle contestazioni in punto di imposta sui redditi e IRAP – “l’Agenzia abbia proceduto con un unico atto ad accertamenti di imposte dirette ed IRAP a carico di una società di persone, fondati su elementi comuni, il profilo dell’accertamento impugnato concernente l’imponibile IVA, che non sia suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti ad esso specifici, non si sottrae al vincolo necessario del simultaneus processus per l’inscindibilità delle due situazioni” (Cass. n. 2094/15; Cass. n. 21340/15, Cass. n. 22438/2016).

Sulla base di tali considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi esposti in memoria, alcuni dei quali correlati a circostanze non risultanti nè dalla sentenza impugnata (la costituzione in giudizio dei soci) ed altri incoducenti ai fini del rispetto del litisconsorzio necessario processuale – presentazione istanza di mediazione da parte dei soci in epoca di poco anteriore alla fissazione dell’udienza di trattazione innanzi alla CTP – in mancanza del quale deve essere disposta in qualsiasi stato e grado del giudizio l’integrazione del contraddittorio, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, va quindi dichiarata la nullità dell’intero giudizio, rimettendo la causa al giudice di primo grado per i provvedimenti di competenza, ivi comprese le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Dichiara la nullità dell’intero giudizio e rimette gli atti alla CTP

di Torino anche per le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2018

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