Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28618 del 15/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 15/12/2020, (ud. 09/09/2020, dep. 15/12/2020), n.28618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 636/2020 proposto da:

K.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO n. 38,

presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, Commissione Territoriale per il

Riconoscimento della Protezione Internazionale di Roma, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA,

alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 6427/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 24/10/2019 R.G.N. 706/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/09/2020 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello di Roma, con sentenza pubblicata il 24.10.2019, ha respinto il ricorso proposto da K.A., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale nonchè il Tribunale hanno, a loro volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. La Corte territoriale ha precisato che:

a) il richiedente – fuggito a seguito di uccisione del padre da parte di un amico del partito politico governativo (OMISSIS) che lo aveva minacciato di morte a causa di un debito pregresso – non ha allegato di essere affiliato politicamente o di aver preso parte ad attività di associazioni per i diritti civili, nè di appartenere ad una minoranza etnica e/o religiosa oggetto di persecuzione come richiesto per la protezione internazionale nè lo stesso risulta compreso nelle categorie di persone esposte a violenze, torture o altre forme di trattamento inumano, essendosi limitato a dichiarare, in termini scarsamente credibili e poco circostanziati, di essere fuggito dal paese di origine in quanto minacciato di morte da un amico del padre (precedentemente ucciso) per mancato pagamento di un debito;

b) neppure sussistono i presupposti per la protezione sussidiaria, visto che la vicenda riferita configura un pericolo del tutto ipotetico, con connotazioni prettamente personali, sfornita di elementi in grado di inquadrare l’evento da un punto di vista politico, in un paese che, seppur connotato da alcuni focolai di instabilità, vede una situazione generale sotto il controllo delle forze governative;

c) neanche può essere concessa la protezione umanitaria perchè non sono state allegate difficoltà tipiche di un nuovo radicamento territoriale nel paese di origine;

3. il ricorrente domanda la cassazione del suddetto decreto per quattro motivi;

4. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con i primi tre motivi si contesta, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il diniego della protezione sussidiaria, avendo, la Corte territoriale, trascurato di approfondire, alla luce di fonti informative, l’attuale situazione politico e sociale del paese di origine del richiedente;

2. con il quarto motivo si contesta, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il diniego della protezione umanitaria, avendo, la Corte territoriale, trascurato di consultare i rapporti internazionali che descrivono il Bangladesh in condizioni di povertà, senza una struttura di welfare funzionante;

3. i primi tre motivi sono fondati, per la parte relativa al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria derivante dalla violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c); il quarto motivo è assorbito;

4. è noto che l’ipotesi della minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale non è subordinata alla condizione che l’istante fornisca la prova di essere interessato in modo specifico a motivo di elementi che riguardino la sua situazione personale, ma sussiste anche qualora il grado di violenza indiscriminata, che caratterizza il conflitto armato in corso, valutato dalle autorità nazionali competenti, raggiunga un livello così elevato da far ritenere presumibile che il rientro dello straniero nel proprio Paese lo possa sottoporre, per la sua sola presenza sul territorio, al rischio di subire concretamente tale minaccia (vedi Cass. 23 ottobre 2017, n. 25083; 21 luglio 2017, n. 18130; 30 luglio 2015, n. 16202; Corte di Giustizia UE, 17 febbraio 2009, C-465/07, Elgafaji);

5. peraltro, l’esclusione della necessità di un coinvolgimento diretto del richiedente nel contrasto tra le forze in campo, in ragione del suo ruolo istituzionale, della sua posizione politica, della sua appartenenza etnica o delle sue idee religiose, non implica infatti in alcun modo la dispensa dall’onere di allegare e provare che, per intensità e caratteristiche, lo scontro armato in atto comporta una situazione tale da rendere gravemente rischiosa per la sua vita o la sua incolumità la mera presenza nel territorio del Paese di origine;

6. ma, diversamente da quel che si verifica per le altre ipotesi di protezione internazionale e per la protezione umanitaria (regolata da una specifica disciplina), nella fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), tale onere di allegazione non riguarda l’interessamento del richiedente alla situazione di conflitto armato interno in modo specifico a motivo di elementi relativi alla propria situazione personale, tanto che in questa particolare ipotesi il giudizio di attendibilità e credibilità non entra in gioco, salvo che non sia controversa la stessa provenienza del richiedente da area geografica interessata a una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale (vedi per tutte: Cass. 24 maggio 2019, n. 14283, che ha superato il diverso orientamento espresso da Cass. 20 dicembre 2018, n. 33096; Cass. 19 febbraio 2019, n. 4892);

7. di conseguenza nel caso di protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c), il richiedente non ha l’onere di presentare, tra “gli elementi e la documentazione necessari a motivare la medesima domanda”, quelli che ineriscono a circostanze, riferite alla sua storia personale, di cui si debba vagliare la veridicità, salvo quanto sia indispensabile per verificare la provenienza del medesimo dal Paese o dalla regione indicati come teatro di violenza indiscriminata, ove sia controversa;

8. a tale ultimo riguardo va precisato che con riguardo alla stessa dichiarazione del richiedente di provenire da un Paese o da una regione interessata a una situazione di violenza indiscriminata in presenza di conflitto armato interno o internazionale assume invece rilievo la non credibilità, visto con riguardo alla provenienza non può non rilevare l’onere probatorio a carico dell’istante, onere che investe il profilo attinente la condizione fattuale che consente di riferire la disciplina di cui all’art. 14, lett. c), alla posizione del richiedente;

9. la suddetta ricostruzione trova la sua base nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, secondo cui l’obbligo di cooperazione, riferito all’istante, deve essere commisurato all’oggetto delle singole domande da questo proposte, come si desume dal comma 1 dello stesso articolo, ove di puntualizza che l’esame svolto in cooperazione col richiedente riguarda gli “elementi significativi della domanda”, cioè quelli che rilevano con riguardo alla diverse ipotesi di protezione internazionale (o alla protezione umanitaria);

10. pertanto, una volta che il suddetto obbligo sia stato adempiuto da parte del richiedente il giudice deve esercitare il potere-dovere di porre in essere quell’accertamento officioso che si impone per la verifica della fattispecie di cui all’art. 14, lett. c), cit., che va esercitato dando conto, nel provvedimento emesso, delle fonti informative attinte, in modo da renderne possibile la verificare anche dell’aggiornamento (Cass. 12 novembre 2018, n. 28990);

11. nella specie, la Corte d’appello, ha rilevato l’inesistenza di una situazione di violenza generalizzata in Bangladesh, pur dando atto di alcuni focolai di instabilità, ma non ha dato minimamente conto, nel provvedimento emesso, delle fonti informative utilizzate, e, dunque, rendendo impossibile la verifica dell’utilizzo, da parte del giudice di merito, di fonti aggiornate, posto che tale operazione non trova ostacolo nella affermata non credibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente stesso (Cass. 6 luglio 2020, n. 13940; Cass. 24 maggio 2019, n. 14283);

12. ne consegue che la Corte d’appello non ha tenuto conto dei peculiari principi da applicare all’ipotesi di protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), di cui si è detto sopra;

13. questo porta all’accoglimento dell’indicata censura, cui consegue l’assorbimento delle censure proposte con il quarto motivo;

14. in sintesi, i primi tre motivi vanno accolti nei limiti indicati e il quarto va dichiarato assorbito; la sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione alla censura accolta, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà, nell’ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i principi su affermati.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso per quanto di ragione, dichiara assorbito il quarto motivo. Cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020

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