Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28617 del 08/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 08/11/2018, (ud. 10/10/2018, dep. 08/11/2018), n.28617

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8565/2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

TOPNETWORK SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PROPERZIO 5, presso lo studio

dell’avvocato ALESSANDRO RICCIONI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5491/2/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA, depositata il 26/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 10/10/2018 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI

CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro LA TOPNETWORK SRL, impugnando la sentenza resa dalla CTR Lazio indicata in epigrafe che, per quanto qui interessa, ha rigettato l’impugnazione dell’Ufficio contro la sentenza di primo grado che aveva annullato l’avviso di accertamento emesso per la ripresa a tassazione di IRES per l’anno 2007. La CTR ha ritenuto che, a fronte delle fatture prodotte dalla contribuente, incombeva sull’Ufficio la prova dell’indeducibilità dei costi e della non inerenza.

La parte intimata si è costituita con controricorso, altresì depositando memoria.

Il secondo motivo di ricorso, con il quale si deduce la nullità della sentenza per motivazione apparente, deve essere esaminato con priorità per ragioni di ordine logico ed è infondato, alla stregua dei principi espressi dalle S.U. civili con le sentenze nn. 8053 e 8054 del 2014, avendo la CTR adeguatamente indicato l’iter logico posto a base della decisione – al di là della sue correttezza giuridica – essenzialmente collegato all’esistenza di fatture idonee, secondo la CTR, a giustificarla deducibilità dei costi.

Il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione dell’art. 109 T.U.I.R. e degli artt. 2697 e 2729 c.c., ammissibile in rito non involgendo un accertamento di fatto reso dal giudice di merito, ma semmai la correttezza giuridica dei principi esposti in motivazione in tema di deducibilità dei costi e di prova, è fondato, nei termini di cui esposti in seguito.

Ed invero, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. nn. 21980/15, 21446/14, 24426/13, 9108/12, 5748/10), sia in tema di imposizione diretta sia in tema di Iva, la fattura costituisce elemento probatorio a favore dell’impresa solo se redatta in conformità ai requisiti di forma e di contenuto prescritti dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21, ed idonea a rivelare compiutamente natura, qualità e quantità delle prestazioni attestate.

Deve a ciò tuttavia aggiungersi che è altresì consolidato il principio secondo cui sia ai fini della deduzione dei costi in tema di imposte dirette sia ai fini di detrazione Iva, incombe sul contribuente l’onere di provare l’inerenza del bene o del servizio acquistato all’attività imprenditoriale, intesa come strumentalità del bene o del servizio all’esercizio dell’attività medesima (cfr. Cass. n. 13300/17, Cass. n. 18475/16, Cass. n. 21184/14, Cass. n. 16853/13, Cass. n. 27777/2017).

Si è sempre su tale questione ulteriormente chiarito che in tema di accertamento delle imposte sui redditi l’onere della prova dei presupposti dei costi ed oneri deducibili concorrenti alla determinazione del reddito d’impresa, ivi compresa la loro inerenza e la loro diretta imputazione ad attività produttive di ricavi, tanto nella disciplina di cui al D.P.R. n. 597 del 1973, che del D.P.R. n. 917 del 1986, incombe al contribuente (cfr. Cass. n. 23626/2011). Quest’ultimo è, peraltro, tenuto altresì a dimostrare la coerenza economica dei costi sostenuti nell’attività d’impresa, ove – come nel caso di specie – sia contestata dall’Amministrazione finanziaria anche la congruità dei dati relativi a costi esposti, in difetto di tale prova essendo legittima la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa (cfr. Cass.

4454/10; 26480/10; 7701/13, 6972/2015, Cass. n. 11235/2015).

L’orientamento da ultimo ricordato si è poi arricchito di ulteriori precisazioni svolte da questa Corte per le ipotesi di fatture, il contenuto delle quali viene messo in discussione dall’Ufficio.

Si è sul punto evidenziato che spetta al contribuente l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili. Non è dunque sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa cfr. Cass. n. 21184/2014, ove si è negata la deducibilità del corrispettivo di una consulenza svolta dalla capogruppo a favore della controllata -contribuente, in ragione della genericità e laconicità della descrizione della prestazione in fattura,e nel contratto regolante il rapporto fra le due società e della conseguente impossibilità per il fisco di verificare analiticamente ed adeguatamente l’inerenza della spesa, tanto più necessaria atteso il suo ingente ammontare (conf. Cass. n. 13300/2017).

Quanto alle ipotesi che l’Ufficio ponga in discussione la veridicità del contenuto delle fatture, questa Corte è ferma nel ritenere che in tema di IVA, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere, indicando gli elementi anche indiziari sui quali si fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili cfr. Cass. n. 428/2015, Cass. n. 14858/2018.

Orbene, a tali ultimi principi non si è adeguato il giudice di merito.

Ed infatti, la CTR,a fronte di contestazioni che attenevano all’esistenza, inerenza ed economicità dei costi indicati dalla contribuente, ha desunto dall’esistenza mera delle fatture l’inerenza, coerenza ed economicità dei costi oggetto di specifica contestazione nel pvc da parte dell’ufficio (riportato per autosufficienza nel ricorso per cassazione) proprio in ordine all’esistenza dei costi per consulenze, e all’antieconomicità rispetto alle prestazioni offerte in corrispettivo.

In tal modo la CTR ha tralasciato di considerare che le fatture non potevano ex se conclamare l’esistenza, inerenza e la proporzionalità delle somme impegnate rispetto all’attività svolta dalla contribuente ovvero superare la contestazione relativa alla prospettata antieconomicità delle stesse, ma soltanto l’esistenza astratta di un costo, senza nulla potere aggiungere in ordine alla strumentalità dello stesso che il contribuente avrebbe avuto l’onere di comprovare.

Sulla base di tali considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi esposti dalla controricorrente anche in memoria, in accoglimento del primo motivo di ricorso, rigettato il secondo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, disatteso il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2018

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