Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28616 del 20/12/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 28616 Anno 2013
Presidente: AMATUCCI ALFONSO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

SENTENZA
sul ricorso 11380-2010 proposto da:
PERIN

LUCA

PRNLCU61A24E202E,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MONDRAGONE 10, presso lo
studio dell’avvocato MASTRANGELI PIERA, rappresentato
e difeso dall’avvocato DE CESARIS ANDREA giusta
delega in atti;
– ricorrente contro

FUNIVIE PLAN DE CORONES S.P.A. 00197430218 in persona
del legale rappresentante Sig. WERNER SCHONHUBER,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE 49

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Data pubblicazione: 20/12/2013

presso lo studio dell’avvocato SVEVA BERNARDINI, che
la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
PRASTARO ERMANNO giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 47/2009 della CORTE D’APPELLO

07/03/2009, R.G.N. 40/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/11/2013 dal Consigliere Dott. FRANCO
DE STEFANO;
udito l’Avvocato ANDREA DE CESARIS;
udito l’Avvocato FABRIZIO DE’ MARSI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
l’accoglimento del 1 0 motivo, assorbiti gli altri;

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DI TRENTO SEZ.DIST. DI BOLZANO, depositata il

Svolgimento del processo

1. Sulla pista da sci “Silvester”, nel comprensorio
sciistico di Brunico, gestito dalla Funivie Plan de Corones
spa, Luca Perin cadde rovinosamente il 23.1.03 per venti
metri fuori pista, per avere impattato contro quello che

un cordolo di neve di “riporto” del battipista, all’esito
di una repentina deviazione verso il bordo della pista
stessa per evitare altra sciatrice che gli aveva tagliato
improvvisamente la strada; ed agì quindi per il
risarcimento dei danni patiti alla persona convenendo la
gestrice della pista dinanzi alla sezione distaccata di
Bruníco del tribunale di Bolzano.
La

domanda,

all’esito delle

contestazioni

della

convenuta, fu istruita a mezzo prova orale e, poi,
rigettata, attribuita l’ascrivibilità dell’evento in via
esclusiva allo sciatore, per avere egli tenuto una velocità
eccessiva e comunque non adeguata alle capacità sciatorie
sue e dell’ignota sciatrice che gli aveva tagliato la
strada, pure negata una responsabilità da cose in custodia
a causa della necessità del cordolo ai fini di
delimitazione della pista: ma il Perin interpose appello,
che – resistendovi del resto l’appellata società gestrice tuttavia la corte di appello di Trento – sez. dist. di
Bolzano, rigettò con sentenza n. 47, pubblicata il 7.3.09.
Per la cassazione di tale pronuncia ricorre il Perin,
affidandosi a due motivi; resiste con controricorso la
Funivie Plan de Corones spa; e, per la pubblica udienza del

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definì innaturale e non percepibile ostacolo costituito da

15.11.13, le parti depositano memoria ai sensi dell’art.
378 cod. proc. civ.
Motivi della decisione

2. Questi i termini della controversia.
2.1. Da un lato, il Perin – dopo la trascrizione

gravata sentenza – muove due complesse censure:
– con la prima, si duole di “violazione e falsa
applicazione dell’art. 2051 c.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.)” e
di “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione
circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art.
360 n. 5 c.p.c.)”: lamentando, da un lato, la
qualificazione di “fortuito” idoneo ad escludere la
responsabilità del custode anche in relazione alla
realizzazione di un ostacolo artificiale sulla pista da sci
e, dall’altro, l’omessa valutazione dell’imprevedibilità
della condotta colposa dello sciatore in relazione alle
intrinseche caratteristiche stesse del cordolo,
realizzatovi di 20-30 cm in luogo degli 80-100 cm
normalmente ottenuti al fine di impedire l’uscita degli
sciatori dalla pista in caso di caduta; e formula un ampio
quesito di diritto ed un momento di sintesi (alle pagine 45
e 46 del ricorso per cassazione);
con la seconda,

lamenta “violazione e falsa

applicazione degli artt. 2043 e 2051 c.c. (art. 360 n. 3
e di “difetto di motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5
lamentando,

da

un

lato,

l’erroneità

dell’individuazione della colpa dello sciatore in norme
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integrale del suo atto di appello e della motivazione della

dettate per prevenire altre fattispecie e comunque
presupponendo una collisione con altri sciatori invece non
avutasi e, dall’altro, senza indicare gli elementi
istruttori, invece inesistenti, su addotte ammissioni del
danneggiato circa la sua velocità e la presenza di altri

momento di sintesi o riepilogo (alle pagine 52 e 53 del
ricorso).
2.2. Dal canto suo, la controparte ribadisce che il
sinistro fu causato esclusivamente dal comportamento
sconsiderato ed estremamente imprudente dello sciatore, con
conseguente esclusione di ogni nesso causale fra il cordolo
– la cui altezza doveva considerarsi normale in relazione
alla scarsità di precipitazioni nevose della stagione – e
l’evento dannoso; ancora, quanto alle violate regole di
comportamento, ne sottolinea la riconducibilità a comuni
regole di prudenza, tanto da risultarne doverosa in ogni
caso l’osservanza; infine, nega l’ammissibilità delle
censure avversarie, nella parte in cui sollecitano la
rivalutazione della ricostruzione in fatto da parte del
giudice del merito.
2.3. Sul punto, la corte territoriale qualifica il
comportamento del Perin come sconsiderato ed estremamente
imprudente e quindi tale da integrare un “caso fortuito”
idoneo, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., ad elidere la
responsabilità del custode Funivia Plan de Corones spa; e,
in particolare, ricostruisce la colpa nella violazione di
tre regole di comportamento contenute nel decalogo della
F.I.S. (le regole 2, 3 e 4): inosservanza di velocità e
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sciatori sulla pista; e formula un quesito di diritto ed un

comportamento adeguati alle proprie capacità ed alle
condizioni della pista, avendo – a detta della corte
territoriale – ammesso egli stesso di aver tenuto una
velocità particolarmente sostenuta pure in presenza, sulla
pista, di numerosi altri sciatori, come reso evidente dalla

che non era il più idoneo ad evitare collisioni con la
sciatrice che pure si trovava a valle di lui; mantenimento,
durante il sorpasso della sciatrice, di una distanza non
tale da consentire le evoluzioni della sorpassata, avendo
egli rasentato quest’ultima ed essendo per questo costretto
ad una manovra evasiva tale da costringerlo a buttarsi
fuori pista.
3. I motivi di ricorso, considerati congiuntamente per
la loro intima connessione, sono infondati.
3.1. In materia, è consolidato orientamento di questa
Corte in tema di danno da cose in custodia che la
responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia,
prevista dall’art. 2051 cod. civ., ha carattere oggettivo,
essendo sufficiente, per la sua configurazione, la
dimostrazione da parte dell’attore del verificarsi
dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il
bene in custodia: una volta provate queste circostanze, il
custode, per escludere la sua responsabilità, ha l’onere di
provare il caso fortuito, ossia l’esistenza di un fattore
estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilità e di
eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale
(tra le più recenti: Cass. 5 febbraio 2013, n. 2660).

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lunghezza del volo dopo la caduta; scelta di un percorso

In altri termini (Cass., ord. 30 dicembre 2011, n.
30434; Cass., ord. 30 agosto 2013, n. 20001), la
responsabilità per le cose in custodia ai sensi dell’art.
2051 cod. civ. ha natura oggettiva e necessita, per la sua
configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed

pericolosità della cosa stessa e sussistere in relazione a
tutti i danni da essa cagionati, sia per la sua intrinseca
natura, sia per l’insorgenza in essa di agenti dannosi,
essendo esclusa solo dal caso fortuito (per tutte, v. Cass.
22 marzo 2011, n. 6550, Cass. 7 aprile 2010, n. 8229, Cass.
5 dicembre 2008, n. 28811) ed alla sola condizione che il
danneggiato adempia l’onere di provare il nesso causale tra
queste ultime e il danno, ossia di dimostrare che l’evento
si è prodotto come conseguenza normale della particolare
condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa
(Cass., VI sez., ord. 11 marzo 2011, n. 5910), salva
comunque la possibilità di valutare in concreto l’apporto
(o il concorso) causale della condotta del danneggiato o di
terzi.
Perciò, non è dispensato il danneggiato dall’onere di
provare il nesso causale tra queste ultime e il danno,
ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come
conseguenza normale della particolare condizione,
potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa (Cass., ord. 11
marzo 2011, n. 5910, ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, cod.
proc. civ.; tra le molte anche successive, v. Cass. 21
marzo 2013, n. 7125).

7

evento e tale da prescindere dall’accertamento della

3.2. Ora (come, di recente, testualmente si esprime
Cass. 17 ottobre 2013, n. 23584), l’art. 2051 cod. civ.,
stabilendo che “ciascuno è responsabile del danno cagionato
dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso
fortuito”,

contempla un criterio di imputazione della

all’irrilevanza del profilo attinente alla condotta del
custode, è comunque volto a sollecitare chi ha il potere di
intervenire sulla cosa all’adozione di precauzioni tali da
evitare che siano arrecati danni a terzi.
A tanto, peraltro, fa pur sempre riscontro un dovere di
cautela da parte di chi entri in contatto con la cosa.
Quando il comportamento di tale secondo soggetto sia
apprezzabile come incauto, lo stabilire se il danno sia
stato cagionato dalla cosa o dal comportamento della stessa
vittima o se vi sia concorso causale tra i due fattori
costituisce valutazione squisitamente di merito, che va
bensì compiuta sul piano del nesso eziologico ma che
comunque sottende un bilanciamento fra i detti doveri di
precauzione e cautela.
E perfino quando la conclusione sia nel senso che, anche
in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosità della
cosa, la situazione di possibile pericolo comunque
ingeneratasi sarebbe stata superabile mediante l’adozione
di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello
stesso danneggiato, potrà allora escludersi che il danno
sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera
occasione dell’evento, e ritenersi integrato il caso
fortuito.
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responsabilità che, per quanto oggettiva in relazione

3.3.

La

corte

territoriale

ha

fatto

corretta

applicazione dei ricordati principi.
Prima di ogni altra cosa, non rileva che non vi sia
stata collisione con altro sciatore: è proprio per evitarla
che lo stesso attore deduce di avere dovuto compiere la

violazione delle norme di condotta evidenziata si attaglia
perfettamente a connotare il comportamento incauto ed
imprevidente dell’odierno ricorrente, che avrebbe dovuto
farsi carico delle imprevedibili evoluzioni di altri
fruitori, soprattutto in rapporto alla propria concreta
abilità di impegnare una pista così impegnativa come quella
per cui è causa.
Ma soprattutto è evidente, secondo quanto emerge dalla
stessa ricostruzione in ricorso e in sentenza, che il
cordolo presente ai bordi della pista non è altro che il
dislivello naturalmente prodotto dalla battitura della
pista e dal lieve ed inevitabile accumulo di neve ai lati
di questa; mentre la fruizione della pista presuppone
l’adozione, da parte del fruitore, di ogni cautela proprio
per essere sempre in grado di far fronte a quella
particolare categoria di imprevisti, tipica della pista da
sci ed in relazione all’intrinseca complessità della
relativa attività fisica di gestione di strumenti di
locomozione artificiali, consistente nell’uso inesperto o
finanche sconsiderato da parte di altri fruitori.
Diviene allora irrilevante ogni ulteriore indagine
sull’eventuale ammissione, da parte dell’attore, di aver
tenuto una particolare velocità, atteso il carattere
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manovra diversiva verso il lato della pista, sicché la

oggettivo dei detti riscontri: e l’apprezzamento della
corte territoriale, sull’ascrivibilità del sinistro alla
condotta sconsiderata del medesimo attore, si sottrae alle
censure mossele, essendo scevro da incongruità logiche o
giuridiche la qualificazione di detta condotta come idonea

ed il sinistro in sé considerato.
3.4. In definitiva:
– va esclusa la possibilità di qualificare il cosiddetto
cordolo come anomalia della pista da sci: sia in quanto
normale e naturale risultato della stessa attività di
individuazione, sulla pendice innevata, di una pista
destinata ad essere percorsa con gli sci; sia in quanto
immediatamente percepibile, dai fruitori, come componente e
delimitazione della pista stessa; sia in quanto
strutturalmente e originariamente privo di ogni
destinazione protettiva dei fruitori della pista o di
prevenzione della loro fuoriuscita da questa;
– va allora valutato come di per sé solo idoneo ad
escludere il nesso eziologico tra l’evento idoneo a
produrre il danno e la cosa la colpa – soprattutto se grave
– del danneggiato nell’utilizzo della cosa secondo un
criterio di normale prudenza, rapportarsi dovendo
quest’ultima necessariamente alle condizioni in cui è
normale aspettarsi che si trovi la cosa stessa in rapporto
alla sua struttura ed alla sua destinazione o funzione.
E, nella specie, le gravi colpe del fruitore della pista
consentono di escludere, come ha fatto in concreto la corte
territoriale, il nesso causale tra la cosa (cordolo
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ad elidere il nesso causale tra la conformazione della cosa

normalmente presente a bordo pista) e l’evento dannoso
(impatto col medesimo).
4. Conclusivamente, il ricorso è rigettato ed il
soccombente ricorrente va condannato alle spese del
presente giudizio di legittimità.
Q.

M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente
alle spese in favore della controparte, in pers. del leg.
rappr.nte p.t., liquidate in C 2.700,00, di cui C 200,00
per esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
terza sezione civile della Corte suprema di cassazione,
addì 15 novembre 2013.

P.

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