Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28615 del 23/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 23/12/2011, (ud. 12/12/2011, dep. 23/12/2011), n.28615

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv.

LOJODICE OSCAR, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di LECCE del 25.5.2010,

depositato il 03/06/2010, nel procedimento n. V.G. 39/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO

FUCCI che ha concluso per l’inammissibilità o correzione d’errore

materiale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.1.- Con il decreto impugnato a Corte di merito ha provveduto sulla domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 proposta da parte ricorrente condannando il ministero della giustizia al pagamento in favore di parte attrice della somma di Euro 800,00 in luogo della somma di Euro 3.700,00 richiesta con il ricorso, con integrale compensazione delle spese processuali, in considerazione dell’esito complessivo del giudizio e del comportamento processuale del Ministero resistente che, sostanzialmente, non si era opposto all’accoglimento delle pretese avanzate sulla base dei criteri elaborati dalla giurisprudenza.

Contro il detto decreto parte attrice ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. L’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

1.1.- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in camera di consiglio.

2.- Parte ricorrente formula due motivi, lamentando:

1) l’erronea compensazione delle spese processuali.

2) l’omessa attribuzione degli interessi legali nel dispositivo, pur contemplati nella motivazione.

3.- Il secondo motivo di ricorso – il cui esame deve precedere il primo, relativo soltanto alle spese – è inammissibile perchè il procedimento per la correzione degli errori materiali può essere utilizzato per rimediare a vizi meramente formali, tra i quali rientrano anche quelli derivanti da una palese divergenza fra l’intendimento del giudice e la sua esteriorizzazione, consistenti, ad esempio, nella mancata trasfusione nel dispositivo di una statuizione contenuta nella motivazione (Sez. 1, Sentenza n. 19040 del 12/12/2003), come si è verificato nella concreta fattispecie, e gli errori materiali in cui sia incorso il giudice del merito, suscettibili di correzione con la procedura di cui agli artt. 287 e 288 cod. proc. civ., non possono essere dedotti come motivo di ricorso per cassazione, dando questo origine ad un giudizio diretto al solo controllo di legittimità delle decisioni impugnate (Sez. 3, Sentenza n. 3656 del 20/02/2006).

4.- Il primo motivo di ricorso è fondato.

Come questa Corte ha già in precedenza statuito i giudizi di equa riparazione per violazione della ragionevole durata del processo, proposti ai sensi della L. n. 89 del 2001, non si sottraggono in tema di spese processuali alla disciplina dell’art. 91 c.p.c. e segg., con la conseguente applicabilità del principio della soccombenza e della compensabilità delle spese in presenza di giusti motivi, sulla base di congrua motivazione. Nel caso di specie, peraltro, la motivazione in base alla quale il decreto impugnato ha compensato le spese non è nè logicamente nè giuridicamente accettabile. Essa, infatti, si fonda sul rilievo che il diritto azionato avrebbe potuto essere azionato solo in via giudiziale e che la parte convenuta non si era opposta alla domanda. Ma in realtà nulla impediva all’Amministrazione di adempiere spontaneamente all’obbligo d’indennizzo per l’eccessiva durata de processo su di essa gravante cosicchè, non avendolo essa fatto ed essendo lo Stato italiano responsabile per l’eccessiva durata del processo, la mancata opposizione alla domanda non costituisce di per sè valida ragione di compensazione delle spese, così come non lo costituisce la contumacia.

Se la mancata opposizione da parte dell’Amministrazione che ha dato causa all’azione non può giustificare detta regolazione non è neppure sufficiente a supportare la pronuncia la mera riduzione della domanda, permanendo comunque una sostanziale soccombenza della controparte che deve essere adeguatamente riconosciuta anche sotto il profilo della suddivisione del carico delle spese (v., per tutte, Sez. 1, Ordinanza n. 5598 del 2010).

Il decreto impugnato deve essere pertanto cassato limitatamente alla statuizione riguardante le spese. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto e ritenuto che il rilevante scarto tra l’importo richiesto e quello riconosciuto giustifichi la compensazione in ragione di 1/2 delle spese del giudizio, l’Amministrazione resistente deve essere condannata al pagamento della metà delle spese del giudizio di merito.

Le spese del giudizio di merito sono liquidate, nel dispositivo, in base allo scaglione pertinente alla somma capitale riconosciuta dovuta; nei minimi, considerata la natura ripetitiva delle questioni trattate ed in base alle voci di tariffa di seguito elencate.

L’accoglimento solo parziale del ricorso giustifica la compensazione per due terzi delle spese di questa fase. Le spese vanno distratte in favore del difensore antistatario.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa in parte qua il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione resistente alla rifusione di 1/2 delle spese del giudizio di merito, che per l’intero liquida in Euro 50,00 per esborsi, Euro 280,00 per diritti e Euro 445,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge, dichiarando compensato il residuo, nonchè di un terzo delle spese del giudizio di legittimità, che per l’intero liquida in complessivi Euro 600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge, dichiarando compensato il residuo. Spese distratte in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2011

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