Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28615 del 07/11/2019

Cassazione civile sez. III, 07/11/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 07/11/2019), n.28615

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14170-2017 proposto da:

D.C., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

OTELLO BAGALINI;

– ricorrente –

contro

S.R., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

CORRADO GIOACCHINI, ROBERTA TACCONELLI;

– controricorrente –

e contro

G.S.;

– intimata –

Nonchè da:

G.S., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

SERGIO DE SANTIS;

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1431/2016 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 06/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/07/2019 dal Consigliere Dott. MARILENA GORGONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, rigetto ricorso incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

D.C. ricorre per la cassazione della sentenza n. 431/2016 emessa dalla Corte d’Appello di Ancona, pubblicata il 6 marzo 2017, basandosi su due motivi.

Resistono con controricorso S.R. e G.S., la quale propone altresì ricorso incidentale, articolato in otto motivi.

La ricorrente espone di aver ottenuto, insieme con il marito S.R., nel settembre 2000, in locazione da G.S. l’appartamento di civile abitazione, sito in (OMISSIS), per la durata di quattro anni, rinnovati con successivi accordi fino al 31 agosto 2012, per il canone mensile di Lire 400.000, pari ad Euro 206,58; di aver corrisposto alla locatrice, su sua richiesta, canoni maggiori rispetto a quelli previsti nel contratto, sin dall’entrata in vigore dell’Euro, arrivando a versare, dal gennaio 2007, Euro 550,00 al mese; di aver omesso di versare il canone mensile a far data dall’ottobre 2011 al fine di recuperare, mediante compensazione, gli importi corrisposti e non dovuti; di aver ricevuto dalla locatrice una prima diffida a pagare il canone maggiorato il 24 febbraio 2012, seguita da altri solleciti; di essersi, quindi, determinata a rilasciare l’immobile il 27 aprile 2012; di essere stata ingiunta, con decreto n. 581/2012 del Tribunale di Ascoli Piceno, a pagare Euro 3.850,00, pari all’ammontare di sette canoni mensili di Euro 550,00, Euro 907,38, per oneri condominiali scaduti, ed Euro 156,31, per l’imposta di registro, per un totale di Euro 4.913,69, oltre agli interessi di mora, a decorrere dal 23 marzo 2012, ed alle spese della procedura monitoria; di aver fatto opposizione al decreto ingiuntivo, facendone valere la illegittimità, e di avere formulato, in quella sede, domanda riconvenzionale per ottenere la ripetizione di Euro 13.325,00 ovvero la minor somma accertata giudizialmente, oltre agli interessi dalla domanda giudiziale al saldo, a titolo di restituzione di quanto pagato in eccedenza rispetto al canone di locazione dovuto dal 9 marzo 2008 – data di proposizione della domanda giudiziale – al 9 marzo 2013 – data del ricorso in opposizione al decreto ingiuntivo -; di aver chiesto la compensazione delle somme dovute per i titoli dedotti nel decreto ingiuntivo, cioè gli oneri condominiali, l’imposta di registro e le spese della procedura monitoria, con gli importi dovutile dalla locatrice.

Con separato ricorso, poi riunito, S.R. eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva, adducendo che il Tribunale aveva assegnato alla moglie, l’odierna ricorrente, l’appartamento in sede di separazione personale.

Il Tribunale di Ascoli Piceno, con sentenza n. 551/2015, rigettava l’opposizione al decreto ingiuntivo, condannava l’opponente a pagare le spese della procedura alla controparte, ritenendo che la conduttrice non avesse mai contestato gli aumenti dei canoni locatizi e, al contrario, che avesse confessato stragiudizialmente la sopravvenuta locazione di un garage, in aggiunta all’appartamento.

Respingeva l’eccezione di carenza di legittimazione passiva di S.R., perchè il provvedimento di assegnazione in uso della causa coniugale non aveva specificato chi dovesse farsi carico del pagamento del canone di locazione e per il carattere provvisorio del provvedimento: provvisorietà che giustificava l’inapplicabilità della L. n. 392 del 1978, art. 6.

L’odierna ricorrente impugnava la decisione di prime cure; negava, quindi, di aver perso il diritto di contestare la pretesa creditoria della locatrice, dato che il diritto non si era prescritto; contestava che la locazione comprendesse anche la disponibilità del garage e che ciò avesse giustificato l’aumento del canone locatizio, posto che il garage era stato concesso semmai in comodato gratuito e che comunque costituiva una pertinenza dell’immobile locato, perciò, ove fosse stato concesso in locazione separatamente dall’immobile, il contratto di locazione relativo avrebbe dovuto stipularsi per iscritto, alla luce della L. n. 431 del 1988; negava che l’aggiornamento Istat fosse mai stato richiesto dalla locatrice e assumeva che comunque esso avrebbe portato il canone iniziale ad ammontare, alla data del rilascio, tutt’al più ad Euro 241,91.

Proponevano gravame anche G.S., chiedendo il rigetto dell’appello, e S.R.; quest’ultimo, con appello incidentale, lamentava che la Corte territoriale non avesse accolto l’eccezione di carenza di legittimazione passiva, nonostante l’espressa dichiarazione con cui l’odierna ricorrente aveva riconosciuto di essere conduttrice ex lege dell’immobile e, con appello incidentale condizionato all’accoglimento di quello principale, chiedeva che venisse dichiarata la nullità degli aumenti del canone di locazione nel periodo compreso tra il gennaio 2007 e la data di rilascio dell’immobile.

La Corte d’Appello di Ancona, con la sentenza qui impugnata, accoglieva l’eccezione di difetto di legittimazione passiva di S.R.; accoglieva parzialmente l’appello principale, ritenendo che la corresponsione di un canone di locazione più elevato rispetto a quello previsto nel contratto scritto e registrato non fosse dovuta, perchè pretesa in forza di un accordo verbale, nullo per difetto di forma, ai sensi della L. n. 431 del 1998, art. 13, comma 1; non accoglieva, essendo sottoposta ad un termine legale di decadenza, la domanda di ripetizione dei canoni indebitamente versati dal 2007 al 2011; revocava, quindi, il decreto ingiuntivo e condannava l’odierna ricorrente al pagamento di Euro 2.784,43, oltre agli interessi di mora dal 23 marzo 2012 al saldo, ed alla rifusione, in solido con G.S., delle spese di lite sopportate per entrambi i gradi di giudizio da S.R..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Ricorso principale di D.C..

1. Con il primo motivo la ricorrente imputa alla sentenza gravata la violazione e falsa applicazione della L. n. 431 del 1998, art. 13, comma 2, e dell’art. 2033 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver deciso una questione di diritto in modo non conforme alla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il termine semestrale di decadenza per l’esercizio dell’azione di ripetizione delle somme corrisposte dal conduttore in violazione dei limiti e dei divieti stabiliti dalla L. n. 392 del 1978, art. 79, comma 2, – corrispondente alla L. n. 431 del 2008, art. 13, comma 2, – fa sì che se l’azione viene esperita oltre il detto termine, il conduttore è esposto al rischio dell’eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa è maturata, mentre il rispetto del termine di sei mesi gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente corrisposto fino alla data del rilascio dell’immobile.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. per essere stata dal giudice a quo condannata a pagare in solido con l’appellata principale le spese di entrambi i gradi di giudizio sopportate da S.R., nonostante non fosse risultata soccombente nei suoi confronti, non gli avesse rivolto alcuna domanda ed avesse sempre coadiuvato le sue difese.

Ricorso incidentale di G.S..

3. Con il primo motivo G.S. censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui la Corte d’Appello di Ancona ha ritenuto ripetibili le somme eccedenti il canone locatizio, omettendo di valutare l’eccezione di inammissibilità dell’azione ex art. 2033 c.c., e denuncia la non corretta applicazione dell’art. 2697 c.c. per difetto di prova sia in ordine al quantum della pretesa che in merito alla legittimazione e/o alla titolarità attiva dell’odierna ricorrente.

La critica alla sentenza impugnata consiste nell’accoglimento della domanda di ripetizione in assenza di prova da parte del solvens dei pagamenti dal marzo 2008 al novembre 2010 e in assenza di specifica impugnazione della sentenza di primo grado che aveva rigettato integralmente l’opposizione di D.C. con conseguente maturazione del giudicato interno.

In primo grado sarebbe risultato provato che la maggiorazione degli importi risaliva al gennaio 2010, quando era stato concesso in locazione anche il garage, e che, dal gennaio 2010 al novembre 2010, il canone di locazione era stato corrisposto da S.R., co-conduttore, pertanto, in assenza di impugnazione sul punto, la Corte d’appello di Ancona avrebbe dovuto accogliere la domanda della ricorrente solo per il periodo dicembre 2010-settembre 2011 e dunque tutt’al più dichiarare ripetibile esclusivamente la somma di Euro 3.089,10 (pari alla differenza tra quanto effettivamente pagato e quanto asseritamente dovuto) e rigettare la domanda per il periodo precedente, anche in ragione del difetto di legittimazione attiva di D.C., posto che le somme asseritamente non dovute erano state corrisposte dall’altro conduttore, il marito.

4. Con il secondo motivo la ricorrente incidentale denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la Corte d’Appello, violando il principio dispositivo, ha accertato la nullità delle presunte maggiorazioni del canone anche dal gennaio 2007 al marzo 2008, nonostante la ricorrente avesse limitato la propria richiesta al periodo 9 marzo 2008-9 marzo 2013.

5. Con il terzo motivo la ricorrente incidentale denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 431 del 1998, art. 13 ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la Corte d’Appello di Ancona, ritenendo che il canone maggiorato fosse stato preteso sulla base di un accordo presumibilmente verbale, e quindi nullo per difetto di forma, ha applicato ad una locazione per uso diverso, quale doveva considerarsi la locazione del garage, una disciplina valevole per le locazioni ad uso abitativo.

6. Con il quarto motivo G.S. imputa alla sentenza gravata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 437,447 bis, 414 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver ritenuto che la locazione del garage dovesse essere oggetto del rinnovo a nuove condizioni del contratto di locazione scritto e registrato avente ad oggetto l’appartamento, accogliendo la tesi della ricorrenza di un vincolo pertinenziale tra l’appartamento ed il garage, nonostante si trattasse di domanda nuova che il giudice avrebbe dovuto dichiarare inammissibile ex art. 437 c.c.

Non potendo esaminare detta eccezione, il giudice avrebbe dovuto considerare fatto non contestato che il garage non fosse a servizio dell’appartamento.

7. Con il quinto motivo la ricorrente incidentale denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 431 del 1998, art. 13 e degli art. 1571 e 2033 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la Corte d’Appello ha dichiarato nullo l’accordo relativo al pagamento di somme inerenti alla locazione di altro e distinto bene, il garage, collegando l’irripetibilità delle reciproche prestazioni all’intervenuta decadenza del termine di sei mesi dal rilascio dell’immobile locato per la domanda di ripetizione e non invece ai principi che regolano la irripetibilità delle prestazioni già adempiute nei contratti nulli nonchè nella parte in cui ha ritenuto che nel periodo fatto oggetto del decreto ingiuntivo nulla fosse dovuto per la locazione del garage.

La tesi sostenuta è che anche nell’ipotesi in cui il contratto di locazione del garage fosse stato dichiarato nullo, le prestazioni di dare e di facere avrebbero dovuto essere considerate irripetibili, in base ai principi che governano le nullità, giacchè la parte che ha usufruito di una prestazione di godimento effettuata sulla base di un contratto nullo non può pretendere la ripetizione del corrispettivo versato per il godimento, pena un arricchimento ingiustificato a suo favore.

Pertanto, la Corte d’Appello avrebbe dovuto rigettare la domanda di ripetizione dell’indebito e comunque condannare la conduttrice al pagamento del prezzo pattuito tra le parti e/o al versamento di una maggiore e/o minore somma siccome liberamente determinata, essendo l’accipiens in malafede, non avendo mai comunicato l’avvenuto subentro ex lege nel contratto di locazione a seguitoci della separazione dal marito co-conduttore.

8. Con il sesto motivo G.S. denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 345 e 416 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto la parte appellata decaduta dal risarcimento dei danni per occupazione sine titulo non avendo proposto in primo grado apposita domanda riconvenzionale.

Avendo chiesto già nella comparsa di costituzione e risposta nel procedimento di opposizione al decreto ingiuntivo che le somme oggetto del decreto ingiuntivo le venissero, in subordine, riconosciute in parte a titolo di occupazione sine titulo, quindi, essendo stata la domanda formulata nella prima difesa utile a seguito della domanda riconvenzionale dell’opponente, la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che non avesse avanzato apposita domanda in primo grado.

9. Con il settimo motivo la ricorrente incidentale censura la sentenza impugnata per aver violato e falsamente applicato la L. n. 392 del 1978, art. 6 e gli artt. 1175,1375 c.c., anche come diretta espressione dei doveri di solidarietà ex art. 2 Cost., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui ha ritenuto che la successione nel contratto di locazione operi anche nei confronti del locatore ignaro del provvedimento di separazione giudiziale dei coniugi.

La Corte territoriale avrebbe ritenuto automaticamente prodotto l’effetto di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 6 contravvenendo alla giurisprudenza di legittimità che, invece, conferisce al locatore il diritto di conoscere quale sia il soggetto divenuto titolare dei diritti e degli obblighi scaturenti dal contratto, giacchè l’automatismo implica l’ininfluenza di un qualsivoglia apporto volitivo, di adesione o di accettazione da parte del locatore ceduto, ma non anche che il cambiamento della titolarità in un rapporto di durata a prestazioni corrispettive possa operare e svolgere i propri effetti nell’ignoranza del locatore, tant’è che il rapporto con il precedente coniuge non assegnatario si estingue dal momento della comunicazione al locatore dell’avvenuta separazione e per i debiti maturati successivamente.

10. Con l’ottavo motivo la ricorrente incidentale deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. “nella parte in cui la Corte d’Appello ha compensato le spese di lite tra D. e G. condannandole in solido al pagamento delle spese di lite in favore di S.”, rispettivamente, in assenza di sua soccombenza rispetto alla conduttrice e nonostante la mancata comunicazione dell’avvenuta cessione ex lege del contratto.

11. La questione centrale, comune ad entrambi i ricorsi, ruota attorno al titolo sulla base del quale D.C. aveva conseguito, nel dicembre 2010, la disponibilità del garage (in aggiunta a quella dell’appartamento), dipendendo da esso la debenza oppure no di un canone di locazione maggiorato, o più precisamente: diverso da quello inizialmente pattuito per la sola locazione dell’appartamento.

La Corte territoriale, sul presupposto che per concedere in locazione il box auto in aggiunta all’immobile locato e per pretendere sulla base di esso una maggiorazione del canone locativo inizialmente pattuito sarebbe stato necessario rinnovare il contratto di locazione stipulato originariamente, aveva concluso che, in difetto della novazione del contratto, le prestazioni delle parti dovevano continuare ad essere regolate dal contratto già in essere e che il garage doveva intendersi indebitamente occupato da D.C..

Per la ricorrente principale, la disponibilità del garage/box auto sarebbe stata ottenuta sulla scorta di un contratto di comodato gratuito stipulato verbalmente;

altrimenti, posto che il garage doveva considerarsi pertinenza dell’immobile di civile abitazione già locato, il relativo contratto avrebbe dovuto essere stipulato per iscritto a pena di nullità.

Secondo la ricorrente incidentale, invece, il godimento del garage sarebbe stato concesso attraverso un contratto stipulato ad hoc, un contratto di locazione ad uso non abitativo, valido ed efficace perchè non soggetto ad oneri formali ex lege, diversamente dal contratto di locazione di immobili ad uso abitativo.

12. Va osservato che in ordine alla possibilità di locare separatamente l’appartamento rispetto al box auto si sono formati più orientamenti.

12.1. Secondo il primo, tra l’appartamento ed il box auto è presumibile la ricorrenza di un vincolo pertinenziale qualora tali immobili appartengano allo stesso proprietario, siano ubicati nel medesimo edificio, siano concessi in locazione allo stesso conduttore, anche se con separati contratti, ed il posto auto risulti destinato a soddisfare le esigenze abitative di chi sia alloggiato nell’appartamento locato.

L’accertamento della sussistenza del vincolo pertinenziale va effettuato con riferimento alla sola “condizione oggettiva” della destinazione a servizio del bene principale, dato che non risulta necessario verificare l’effettiva volontà di destinazione da parte del proprietario del bene principale (Cass. 12/10/1998, n. 10080; Cass. 15/01/1997, n. 370; Cass. 25/02/1994, n. 1931).

12.2. Il secondo indirizzo giurisprudenziale ritiene indispensabile la ricorrenza di un vincolo pertinenziale perfetto, per integrare il quale occorre, ai sensi e per gli effetti degli art. 817 e 818 c.c., che sussista oltre all’elemento oggettivo, costituito dalla naturale attitudine di un bene al miglior godimento dell’altro, anche l’elemento soggettivo, consistente in un atto volontario, non necessariamente espresso, purchè univoco, del proprietario del bene principale volto a destinare al servizio di questo l’altro bene di cui abbia piena disponibilità (cfr. Cass. 20/01/2015, n. 869; Cass. 03/12/1998, n. 12254).

12.3. Il terzo orientamento, definibile compromissorio, giudica sì necessario che tra l’appartamento e l’autorimessa ricorra un nesso di pertinenza perfetto anche sotto il profilo soggettivo, ma sottolinea la preminente rilevanza ricoperta dal momento “oggettivo”, rappresentato dall’ubicazione dei due immobili nello stesso edificio, dalla loro appartenenza al medesimo proprietario, dalla concessione in godimento al medesimo conduttore: elementi, i quali integrano gli estremi di una presunzione iuris tantum circa l’esistenza di un vincolo pertinenziale perfetto tra i due beni (Cass. 15/01/2007, n. 638; Cass. 19/03/1985, n. 2026; Cass. 05/03/1984, n. 1528).

12.4. Ancora diversa è la prospettiva, cui dimostra di aver aderito il giudice a quo, secondo la quale la “successiva” concessione in godimento, da parte del medesimo locatore di un appartamento, dell’autorimessa situata nello stesso stabile, non è circostanza idonea a configurare la ricorrenza di un vincolo pertinenziale perfetto secondo lo schema legale tipico di cui all’art. 817 c.c., poichè è invece necessaria la dimostrazione dell’intervenuta novazione del contratto originario in un unico rapporto locatizio avente ad oggetto i due beni: così Cass. 17/12/1985, n. 6412. La Corte regolatrice ritenne, in tale pronuncia, che “di norma sussiste solo un generico collegamento funzionale fra gli alloggi e le altre unità immobiliari comprese nel medesimo stabile (autorimesse, cantine, soffitte) perchè destinate, nei programmi del proprietario e nei disegni del progettista a rendere più intenso e completo l’uso e il godimento degli alloggi che rappresentano l’oggetto principale offerto in vendita ovvero in locazione. E’ evidente, sul piano pratico, che la possibilità di avere a disposizione locali accessori, da un lato, è un incentivo all’acquisto o alla locazione dell’alloggio (ovvero dell’appartamento adibito ad uso di ufficio) e, dall’altro, consente al proprietario di aspirare ad un più elevato corrispettivo”.

La corresponsione di un corrispettivo più elevato, frutto della concessione in godimento anche del garage in aggiunta all’alloggio, non basta a far ritenere il secondo contratto, relativo al garage, sottoposto alle medesime regole del primo, salvo che si accerti che all’iniziale contratto avente ad oggetto l’immobile adibito ad abitazione, sia succeduto “un unico rapporto locatizio relativo al due immobili perchè solo all’esito di tale indagine si potrà stabilire quali siano la scadenza ed il canone dell’unico contratto ovvero le distinte scadenze e pigioni dei due contratti”.

12.5. Per completezza, va ricordato il susseguirsi della legislazione urbanistica in materia di spazi destinati a parcheggi privati, in complessi condominiali di nuova costruzione, incidenti sulla limitazione dell’autonomia privata in ordine alle dimensioni minime di tali spazi e al regime di circolazione: legislazione che ha dato luogo a plurime tipologie di parcheggio, assoggettate a regimi giuridici differenziati tra di loro: a) parcheggi soggetti ad un vincolo pubblicistico di destinazione, produttivo di un diritto reale d’uso in favore dei condomini e di un vincolo pertinenziale ex lege che non ne esclude l’alienabilità separatamente dall’unità immobiliare, disciplinati dalla L. n. 765 del 1967, art. 18 (L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies), su cui è intervenuto la L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 26, u.c., secondo cui tali spazi costituiscono pertinenze delle costruzioni stesse, ai sensi e per gli effetti degli artt. 817 ed 818 c.c.; b) parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico d’inscindibilità con l’unità immobiliare, introdotti dalla L. n. 122 del 1989, art. 2 assoggettati ad un regime di circolazione controllata e di utilizzazione vincolata e, conseguentemente non trasferibili autonomamente; c), parcheggi non rientranti nelle due specie sopra illustrate, perchè realizzati in eccedenza rispetto agli spazi minimi inderogabilmente richiesti dalla disciplina normativa pubblicistica, ad utilizzazione e a circolazione libera; d) parcheggi disciplinati dalla L. n. 246 del 2005, art. 12, comma 9, di definitiva liberalizzazione del regime di circolazione e trasferimento delle aree destinate a parcheggio ma con esclusivo riferimento al futuro, ovvero alle costruzioni non ancora realizzate e a quelle per le quali non sia ancora intervenuta la stipulazione delle vendite delle singole unità immobiliari, al momento della sua entrata in vigore (Cass. 01/08/2008, n. 21003).

12.6. Non disponendo di dati relativi al regime giuridico applicabile allo spazio in oggetto e non essendo stata la questione sollevata in giudizio deve ritenersi che il garage fosse liberamente disponibile, con la conseguenza che per esso non valevano i criteri di risoluzione delle possibili interferenze tra il regolamento di interessi attuato dall’autonomia negoziale dei privati e la destinazione impressa inderogabilmente ad alcune aree dalla legislazione urbanistica, in nome del superiore interesse pubblico alla cui tutela quest’ultima è finalizzata.

Se sull’area utilizzata come garage fosse stato pendente un vincolo di destinazione inderogabile, infatti, esso si sarebbe risolto in un nesso di pertinenzialità necessaria con l’unità abitativa, tale da restringere l’ambito di liceità degli atti dispositivi dei privati.

Giova ricordare che l’eventuale ricorrenza di un vincolo di destinazione, pur introdotto con una norma meramente precettiva, non accompagnata da alcuna sanzione specifica ed inserita in un complesso normativo disciplinante un settore pubblicistico come l’urbanistica, incide nei rapporti tra privati, poichè è espressione di una legislazione che riveste natura inderogabile ed imperativa che impone tra spazio per parcheggio ed appartamento una relazione che ha connotazione di necessità e di necessaria permanenza, del tutto sottratta alla disponibilità dei privati (Cass., Sez. un., 17/12/1984, nn. 6600, 6601, 6602).

Per Cass. 21/07/2007, n. 16172 e Cass. 24/07/2007, n. 16312, in forza della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 26 si è creato “un vincolo pubblicistico di destinazione tra l’appartamento e il box rispetto all’appartamento che non può essere spezzato da atti di autonomia privata, e che incide, per la sua natura cogente e inderogabile, anche nei rapporti intersoggettivi di diritto privato, tra cui quelli di locazione, sicchè ne consegue, in caso di locazione, con separati contratti, dell’appartamento e del box al medesimo conduttore (come nella specie), l’assoggettamento, ai sensi dell’art. 818 c.c., della cosa accessoria (il box) al regime locativo della cosa principale (l’appartamento)”.

Il che significa che sarebbe del tutto superfluo indagare la ricorrenza del momento soggettivo, cioè verificare se ricorra la volontà del proprietario di determinare un rapporto pertinenziale tra i due immobili locati, atteso che il vincolo dell’immobile accessorio al servizio di quello principale è prescritto dalla norma imperativa, da cui dipende l’automatica estensione agli spazi di parcheggio del medesimo regime locativo previsto per gli appartamenti, anche nel caso in cui siano diversi e distinti i contratti conclusi per le suddette unità.

12.7. Dando per appurata, dunque, la libera disponibilità del garage, deve concludersi che la Corte territoriale, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente incidentale con il motivo numero 4, non ha ritenuto che tra il box auto e l’appartamento vi fosse un rapporto pertinenziale, avendo accertato, come si è detto, che alla locazione iniziale avente ad oggetto l’appartamento non era succeduta una sua novazione oggettiva, al fine di ricomprendervi anche il garage, con conseguente incremento del canone inizialmente pattuito.

E’ proprio sulla scorta di tale ragionamento che, infatti, la sentenza impugnata conclude che l’unico rapporto in essere tra le parti fosse quello iniziale, cioè il contratto di locazione dell’abitazione, e che l’occupazione del garage non avesse fondamento in un alcun titolo.

Ne deriva il rigetto del motivo numero quattro del ricorso incidentale.

13. Nè a diverso risultato conduce il motivo numero tre del ricorso incidentale, con le cui argometazioni la ricorrente pretende di assoggettare la locazione del garage al regime delle locazioni ad uso non abitativo.

In primo luogo, va rilevato che quella dedottavi è una censura che non risulta formulata precedentemente, sicchè il motivo è da reputarsi inammissibile.

Anche se così non fosse, la prospettazione non coglierebbe nel segno perchè l’assoggettamento al regime delle locazioni ad uso non abitativo avrebbe richiesto l’allegazione e la prova di un rapporto di necessaria correlazione spaziale o funzionale del box auto con una delle attività prese in considerazione dalla L. n. 392 del 1978, art. 27 (Cass. 16/05/1994, n. 4750; Cass. 08/01/1999, n. 89; Cass. 05/08/2002, n. 111701; Cass. 13/11/2009, n. 24035).

Tale collegamento può risultare dal contratto, se in esso sia indicato che il conduttore esercita o si dispone ad esercitare un’attività commerciale per le necessità della quale l’immobile è preso in locazione.

Quando ciò non sia – come è nel caso di specie – l’assoggettamento del contratto di locazione al regime giuridico delle locazioni di immobili adibiti ad attività commerciale è possibile in presenza d’un collegamento effettivamente stabilito dal conduttore, se il contratto si presti ad essere tuttavia interpretato nel senso d’aver consentito tale collegamento, ed altrimenti quante volte il locatore, venuto a conoscenza del collegamento attuato dal conduttore, non reagisca chiedendo nei termini la risoluzione del contratto (L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 80, commi 1 e 2).

15. Pertanto, il motivo numero 3 del ricorso incidentale risulta inammissibile.

16. Il motivo numero 5 è infondato, in aggiunta a quanto già rilevato, per le seguenti ragioni.

Se il contratto di locazione del box auto, pur nullo per difetto di forma, fosse stato la causa dell’aumento del canone, la conseguenza da trarne avrebbe dovuto essere non già quella dell’applicazione della L. n. 431 del 1998, art. 13 giacchè la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che tale norma è eccezionale e si applica non per l’ipotesi del difetto di forma del contratto -ipotesi assoggettata alle regole generali – ma quando vi sia stato un patto occulto volto ad ottenere una maggiorazione del canone, pretendendo dal conduttore somme maggiori rispetto a quelle risultanti dal contratto stipulato per iscritto e registrato.

Nel caso di specie, però, non è stato affatto dimostrato che il canone maggiorato fosse dipeso dal conseguimento del godimento del garage, nè questa è la premessa argomentativa delle statuizioni della sentenza impugnata, anche perchè la locatrice pretese ed ottenne un canone maggiore ben prima del 2010, cioè prima che ai due coniugi conduttori fosse consentito l’uso del garage.

Correttamente quindi la Corte ha applicato la L. n. 431 del 1998, art. 13 ed ha continuato a tenere, coerentemente con le premesse del proprio ragionamento, separata la questione della maggiorazione del canone di locazione dell’appartamento dal godimento del garage.

La regola di cui alla L. n. 431 del 1998, art. 13 è ritenuta speciale e quindi derogatoria rispetto a quella codicistica che altrimenti avrebbe dovuto applicarsi, come dedotto dalla ricorrente incidentale con il motivo numero cinque che, infatti, non merita accoglimento.

17. Di essa, tuttavia, la Corte territoriale non ha fatto corretta applicazione, nè ha fatto buon governo della giurisprudenza di legittimità formatasi al riguardo.

Sugli effetti della L. n. 392 del 1978, art. 13 ha fatto chiarezza la pronuncia 26/05/2004, n. 10128, da cui è opportuno prendere le mosse.

Da essa si ricava che, tra una pluralità di opzioni ermeneutiche presenti in dottrina – a) quella che privilegia l’opzione per la quale il previsto termine di decadenza di sei mesi debba essere inteso come fissato per la ripetibilità delle somme che altrimenti sarebbero assoggettate al normale termine della prescrizione ordinaria, per cui, rispetto all’azione proposta nei sei mesi non opera l’eccezione del locatore per i pagamenti riscossi da più di dieci anni e, per altro verso, nonostante il decorso dei sei mesi, l’azione del conduttore può essere proposta in qualsiasi momento quando si tratta di ripetere somme à, indebitamente versate per le quali non sia maturato il termine di prescrizione; b) quella che, sottolineando che la prescrizione e la decadenza operano su piani distinti e che le ipotesi di sospensione del corso della prescrizione sono tassative ed insuscettibili di essere estese per analogia, ritiene, in base alla lettera della norma, che essa abbia introdotto una decadenza rispetto ad ogni azione diretta alla restituzione dei canoni e delle altre somme corrisposte dal conduttore contra legem, con la conseguenza che il mancato inizio dell’azione nel termine di sei mesi travolge anche il diritto, altrimenti non prescritto, alla restituzione delle somme versate non oltre i dieci anni dal rilascio dell’immobile – la preferenza è stata accordata a quella secondo cui la decadenza prevista dalla norma comporta che l’azione esperita oltre il termine di sei mesi dalla restituzione dell’immobile locato espone il conduttore al rischio dell’eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa è già maturata, mentre il rispetto del termine dei sei mesi gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente è stato corrisposto sino al momento del rilascio dell’immobile locato.

La ratio della previsione, secondo questa Corte regolatrice, presenta una evidente analogia con quanto disposto in sede giuslavoristica dall’art. 2113 c.c., ed è quella di permettere al conduttore di agire per la ripetizione di quanto indebitamente corrisposto “senza la remora che il locatore possa agire in ritorsione impedendo che alla scadenza la locazione possa proseguire in tacita sua rinnovazione pattizia”; al fine di “evitare che tra le parti sussistesse una situazione di incertezza immotivatamente perdurante per troppo tempo in pregiudizio del locatore”, il legislatore ha introdotto la disciplina della situazione intermedia di fissare il suddetto termine di decadenza dei sei mesi, secondo una regola nuova di compatibilità tra prescrizione e decadenza, che non contraddice la previsione della tassatività delle ipotesi di sospensione della prescrizione.

Infine, come messo in risalto dalla giurisprudenza di questa Corte, “ove si ammettesse che, trascorsi i sei mesi dall’avvenuto rilascio si verifica per il conduttore la decadenza di ogni suo diritto di ripetere gli indebiti suoi pagamenti, detto limite all’evidenza dovrebbe essere ritenuto irragionevole, visto che esso sarebbe posto a carico del solo conduttore e, senza la previsione di analoga decadenza in danno del locatore in relazione alle sue pretese di corrispettivi non versatigli, creerebbe una ingiustificata situazione tra le parti.

17.1. Pertanto, merita accoglimento il primo motivo del ricorso principale, relativo alla domanda riconvenzionale volta ad ottenere la restituzione di quanto pagato in eccedenza rispetto al canone risultante dal contratto registrato.

18. L’accoglimento di tale motivo assorbe il motivo numero uno e parte del motivo due del ricorso incidentale, giacchè la sentenza impugnata, una volta accertato che il canone dovuto per la locazione dell’appartamento era quello risultate dal contratto registrato, ha accolto tanto la opposizione al decreto ingiuntivo con cui veniva imposto alla conduttrice di pagare un canone di Euro 550,00 mensili dal 2007 al 2011 quanto la domanda riconvenzionale di restituzione dei canoni corrisposti in eccedenza rispetto a quello risultante dal contratto, quindi quello dovuto, per il periodo 9 marzo 2008-2013, anche se, poi, in concreto, non ha riconosciuto la liquidazione di quanto preteso a tale ultimo titolo, in forza di un’applicazione, come si è detto, errata della L. n. 392 del 1978, art. 13.

19. In ordine al motivo numero 7 del ricorso incidentale, va rilevato che la Corte territoriale ha fatto buon governo dei principi espressi dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale ha stabilito (Cass. 30/04/2009, n. 10104; Cass. 17/07/2008, n. 19691) che il provvedimento del giudice della separazione, oltre a determinare una cessione ex lege del contratto a favore del coniuge assegnatario, comporta anche l’estinzione del rapporto in capo al coniuge originario conduttore, rapporto che non è più suscettibile di reviviscenza. Peraltro, nel momento in cui si realizza la successione del coniuge assegnatario al coniuge originario conduttore, si verifica, altresì, in senso del tutto figurativo e virtuale, una sorta di riconsegna dell’immobile al locatore da parte del vecchio conduttore, con contestuale consegna, sempre in senso figurativo, della cosa locata al nuovo conduttore. Applicando i principi sopra ribaditi ai casi come quello di specie si verifica che, per effetto del provvedimento giudiziale di separazione, il rapporto di locazione con il coniuge non assegnatario si estingue anche nell’ipotesi in cui entrambi i coniugi abbiano sottoscritto il contratto di locazione, nel qual caso l’assegnatario succede nella quota ideale dell’altro coniuge, a prescindere dal fatto che a carico del locatore possa venirsi a determinare un’attenuazione della garanzia, dal momento che egli deve subire la sostituzione del soggetto cui ha locato l’appartamento con altro soggetto in ipotesi avente una situazione patrimoniale meno solida (Cass. 20/04/2009, n. 10104).

Il che induce a considerare ricorrente la legittimazione attiva della ricorrente principale, con conseguente assorbimento di parte delle prospettazioni formulate con il motivo numero due del ricorso incidentale proprio con riferimento all’asserito difetto di legittimazione attiva di D.C..

Ad abundantiam va chiarito che D.C. avrebbe avuto tale legittimazione, anche a prescindere dall’avvenuta assegnazione in sede di separazione dell’appartamento locato, dovendosi ricordare il principio, pacifico in giurisprudenza, secondo cui ciascuno dei conduttori, sussistendo una solidarietà passiva per il pagamento dei canoni – la coesistenza nello stesso rapporto locatizio di più conduttori non esclude che ciascuno di questi sia tenuto per la medesima prestazione con distinta ed autonoma obbligazione. In tal caso deve ritenersi che essi siano obbligati in solido a norma degli art. 1292 e 1294 c.c., poichè si versa in ipotesi di obbligazioni solidali, nelle quali si ha in realtà, non un’obbligazione unica con pluralità di soggetti, ma tante singole obbligazioni quanti sono i debitori, connesse fra loro ed aventi, ciascuna, per oggetto l’identica prestazione: Cass. 27/02/1978, n. 1011 – diviene creditore in solido della somma versata in eccedenza rispetto alla misura legale e, pertanto, può chiedere l’intero con effetto liberatorio anche nei confronti degli altri senza che il proprietario-debitore, tenuto alla restituzione, possa opporre eccezioni personali a questi ultimi.

20. Il motivo numero sette del ricorso incidentale va rigettato, anche sotto il profilo della dedotta apparenza asseritamente creata in mala fede a danno della locatrice, perchè questa Corte si è già pronunciata nel senso dell’irrilevanza della situazione di apparenza.

Con la pronuncia n. 1423 del 21/01/2011, in un caso in cui, avendo il coniuge separato continuato a pagare il canone di locazione dovuto dal coniuge subentrato ex lege nel contratto di locazione, ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 6 il giudice d’Appello aveva ritenuto che tale comportamento avesse legittimamente indotto la locatrice a ritenere che la locazione dell’appartamento persistesse immutata ex parte conductoris, questa Corte regolatrice ha avuto modo, invece, di chiarire che la L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 6 nel disporre che “in caso di separazione personale… nel contratto di locazione succede al conduttore l’altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest’ultimo” non modifica la natura del rapporto e la natura del diritto in base al quale il conduttore detiene la cosa locata, ma solo consente a soggetto diverso dall’originario conduttore di sostituirsi nella titolarità del contratto, con attribuzione dei relativi diritti ed assunzione delle obbligazioni che ne derivano. Infatti, “la sostituzione della persona del conduttore, in caso di separazione legale tra coniugi avviene “ex lege” e dunque alla persona del conduttore si sostituisce quella del coniuge assegnatario dell’appartamento”. Pertanto, non possono “trovare applicazione i principi dell’apparenza del diritto, che sono stati elaborati dalla giurisprudenza soprattutto nella materia della rappresentanza negoziale”.

Nè risulta di giovamento il richiamo della pronuncia n. 1831 del 14 febbraio 1992, secondo cui il conduttore, “pur in presenza di una successione nel contratto ex latere conductoris, di stampo legale e non negoziale, ha comunque il diritto di conoscere quale sia il soggetto divenuto nuovo titolare dei diritti e degli obblighi scaturenti dal rapporto (sia agli effetti di un controllo della regolarità della vicenda traslativa, sia agli effetti della individuazione della controparte interessata alle future vicende contrattuali, quali la rinnovazione, l’aggiornamento del canone, la risoluzione).

L’automatismo del meccanismo successorio disciplinato nella L. n. 392 del 1978, art. 6 e prima ancora nella L. n. 351 del 1974, art. 2 bis implica, infatti, la ininfluenza di un qualsivoglia apporto volitivo, di adesione o di accettazione da parte del locatore ceduto; ma non implica altresì che in un rapporto contrattuale di durata a prestazioni corrispettive, il cambiamento di titolarità di uno dei due contraenti possa operare e svolgere i propri effetti nella ignoranza dell’altro”.

Tale orientamento, pur essendo stato ribadito (cfr., di recente, Cass. 30/10/2018, n. 27441), non avvantaggia in alcun modo G.S., posto che esso è volto a tutelare la buona fede della parte locatrice su cui non si vuole che gravino le conseguenze della mancata informazione del verificarsi dell’evento di cessione legale.

– Nel caso di specie, non c’è stata alcun conseguenza negativa a carico della locatrice derivante dall’avere ignorato la cessione del contratto a favore dell’attuale ricorrente, anche in ragione del fatto che quest’ultima era già co-conduttrice dell’immobile locato, quindi, la cessione ex lege del contratto di locazione, per effetto della separazione, non aveva determinato il trasferimento di titolarità del rapporto contrattuale, ma solo una ideale successione dell’assegnataria nella quota ideale dell’altro coniuge. In altri termini, si era determinata solo l’estromissione ex lege dal contratto di locazione di S.R..

Va precisato, infatti, che anche l’orientamento giurisprudenziale che richiede, integrando la L. n. 392 del 1978, art. 6 il quale non prevede nè subordina la cessione ex lege del contratto di locazione al coniuge assegnatario alla comunicazione dell’avvenuta separazione ed assegnazione al locatore, con la disciplina di diritto comune, la comunicazione del provvedimento giudiziale di assegnazione al coniuge assegnatario distingue il profilo del perfezionamento della cessione da quello della opponibilità al locatore ceduto al fine di tutelarne l’affidamento incolpevole circa la prosecuzione del rapporto locativo con l’originario conduttore.

Il motivo, dunque, si palesa inammissibile.

21. Il secondo motivo del ricorso principale merita accoglimento.

La Corte territoriale, infatti, non ha fatto buon governo del principio di causalità che sta a fondamento del regime delle spese processuali – in applicazione del quale le spese vengono imputate “al soggetto, il cui comportamento determini l’attività difensiva e gli esborsi connessi e nei limiti in cui li renda necessari per soddisfare le ragioni della parte vittoriosa” – in ordine alla regolazione delle spese di lite relative al rapporto processuale con S.R..

La costante giurisprudenza di legittimità ritiene che, ai fini della distribuzione dell’onere delle spese del processo tra le parti, l’essenziale criterio rivelatore della soccombenza è l’avere dato causa al giudizio o il resistervi, protraendolo.

Nel caso di specie, accertato che è stata la locatrice ad avere chiamato in giudizio S.R., innestando nei suoi confronti un rapporto processuale ulteriore rispetto a quello con la conduttrice ex lege dell’immobile locato, in relazione al medesimo evento ed in funzione dello stesso petitum e che, quindi, la partecipazione al giudizio di S.R. trova causa esclusiva nella vocatio in ius operata da parte di G.S., il giudice a quo ha errato nel porre parte delle spese affrontate da S.R. a carico della ricorrentè principale (Cass. 15/10/2004, n. 20335).

22. L’ottavo motivo del ricorso incidentale è assorbito.

23. Merita accoglimento il motivo numero sei del ricorso incidentale. Costituisce principio generale quello in base al quale nell’ordinario giudizio di cognizione, che si instaura a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo, l’opposto, rivestendo la veste sostanziale di attore, non può avanzare domande diverse da quelle fatte valere con il ricorso monitorio, salvo il caso in cui si venga a trovare a sua volta in una posizione processuale di convenuto, cui non può essere negato il diritto di difesa, rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, mediante la proposizione (eventuale) di una reconventio reconventionis, alla condizione che la reconventio reconventionis dipenda dal titolo dedotto in causa o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione ovvero di domanda riconvenzionale (cfr. ex multis, da ultimo, Cass. 25/02/2019, n. 5415).

Di tale principio non ha fatto buon governo la Corte di merito, la quale ha negato che G.S., opposta, pur avendo diritto al risarcimento del danno per l’occupazione del box auto, avesse fatto espressa domanda riconvenzionale in primo grado al fine di ottenerlo, omettendo di considerare che la locatrice, attrice sostanziale, a fronte della eccezione di nullità delle maggiorazioni di canone formulata dalla conduttrice aveva chiesto con la comparsa di costituzione e risposta che le somme ingiunte le venissero attribuite in parte a titolo di corrispettivo per la locazione dell’appartamento, in parte a titolo di indennità per occupazione sine titulo del box auto.

24. In definitiva, ne conseguono:

a) l’accoglimento del ricorso principale;

b) l’accoglimento del motivo numero sei del ricorso incidentale;

c) l’inammissibilità del motivo numero tre del ricorso incidentale;

d) l’assorbimento dei motivi numero uno, numero due e numero otto del ricorso incidentale;

e) il rigetto dei motivi numero quattro, numero cinque e numero sette del ricorso incidentale.

25. La sentenza impugnata è cassata in relazione ai motivi accolti e la controversia è rimessa alla Corte d’Appello di Ancona, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale, accoglie il motivo numero sei del ricorso incidentale, rigetta i motivi numero quattro, numero cinque e numero sette del ricorso incidentale, dichiara inammissibile il motivo numero tre del ricorso incidentale, dichiara assorbiti i motivi numero uno, numero due e numero otto del ricorso incidentale.

Cassa la decisione impugnata in relazione ai motivi accolti e rimette la controversia alla Corte d’Appello di Ancona, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza civile della Corte di Cassazione, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2019

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