Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28614 del 20/12/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 28614 Anno 2013
Presidente: MASSERA MAURIZIO
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

SENTENZA

sul ricorso 8718-2010 proposto da:
DE CRISTOFORO LUIGI DCRLGU52H17A485N, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA ROMEO ROMEI 23, presso lo
studio dell’avvocato ZUCCARO MASSIMILIANO,
rappresentato e difeso dall’avvocato TATONE FIORELLO
giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
2119

contro

CAPOZUCCA TIZIANA CPZTZN59L63G482J, DE LELLIS MICHELE
DDLMHL52C29E691D, elettivamente domiciliati in ROMA,
P.ZA ADRIANA 5 PAL A INT 13, presso lo studio

1

Data pubblicazione: 20/12/2013

dell’avvocato VACCARI ELENA, rappresentati e difesi
dall’avvocato CENTORAME CLAUDIA giusta delega in atti;
– controrícorrenti

avverso la sentenza n. 559/2009 del TRIBUNALE di
PESCARA, depositata il 09/04/2009 R.G.N. 4544/2008;

udienza

del

14/11/2013

dal

Consigliere

Dott.

GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato FIORELLO TATONE;
udito l’Avvocato MARIA GRAZIA BIANCO per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
l.-

Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 9 aprile

2009, il Tribunale di Pescara ha rigettato l’opposizione
proposta da Luigi De Cristoforo, debitore esecutato nella
procedura esecutiva per rilascio intrapresa da Michele De Lellis

il 27 giugno 2008 e l’atto di precetto presupposto notificato il
22 maggio 2008.
Il Tribunale ha premesso che l’attore aveva chiesto accertarsi
l’improcedibilità dell’esecuzione per rilascio, sostenendo
l’illegittimità dell’atto di precetto su indicato, in quanto non
preceduto dalla rinuncia all’esecuzione per rilascio dello
stesso immobile precedentemente iniziata a seguito di precetto
notificato il 4 dicembre 2007, contro la quale era stata
proposta opposizione pendente nella fase di merito.
Il Tribunale,

qualificata

l’opposizione

come

opposizione

all’esecuzione ai sensi dell’art. 615, comma secondo, cod. proc.
civ., ha ritenuto legittima l’iniziativa esecutiva contestata
dal De Cristoforo, assunta da De Lellis e Capozucca in pendenza
di altra procedura esecutiva per rilascio, i cui atti esecutivi
erano stati contestati dal medesimo opponente, debitore
esecutato per il rilascio. Ha escluso, altresì, che potesse
essere ostativo all’esecuzione per rilascio, iniziata in base al
decreto di trasferimento emesso in data 11 ottobre 2007, il
decreto col quale il Presidente della Corte d’Appello
dell’Aquila aveva disposto la sospensione dell’esecuzione della

3

e Tiziana Capozucca, avverso il preavviso di rilascio notificato

sentenza che aveva rigettato l’istanza di estinzione della
diversa procedura esecutiva immobiliare pendente ai danni del De
Cristofaro (nell’ambito della quale si era formato il decreto di
trasferimento anzidetto).
Ha perciò rigettato l’opposizione all’esecuzione, con condanna

2.-

Avverso la sentenza Luigi De Cristoforo propone ricorso

straordinario affidato a due motivi, illustrati da memoria.
Michele De Lellis e Tiziana Capozucca resistono con
controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE

l.- Col primo motivo si deduce «violazione e falsa applicazione
degli artt. 273-295-479-480-483-623-626 cpc in relazione
all’art. 360 n. 3 cpc per avere erroneamente il giudice di
merito non dichiarato la improcedibilità dell’azione esecutiva
di rilascio con riferimento al preavviso notificato 11 27.6.2008
preceduto dall’atto di precetto notificato il 22.5.2008, pur
avendo preso atto di un identico poziore giudizio basato su
precedente precetto e su precedente preavviso aventi ad oggetto
lo stesso titolo esecutivo e lo stesso immobile».
Nell’illustrare il motivo, il ricorrente lamenta che il giudice
della presente opposizione (avente il n. 4544/08), ricondotta
alla previsione dell’art. 615, coma secondo, cod. proc. civ.,
avrebbe dovuto riunire questo giudizio ad altro, pendente tra le
stesse parti, davanti al medesimo Tribunale di Pescara (col n.
2790/08), avente ad oggetto l’opposizione proposta dallo stesso

4

dell’opponente al pagamento delle spese di giudizio.

debitore avverso gli atti della precedente procedura di rilascio
intrapresa dagli stessi creditori, pur se qualificata come
opposizione agli atti esecutivi. Secondo il ricorrente, si
sarebbe trattato invece di giudizi identici, da riunire ai sensi
dell’art. 273 cod. proc. civ. E ciò anche in ragione del fatto

executivis

in

un’unica azione per il rilascio del medesimo

immobile, dando luogo ai due contenziosi generati dalle
opposizioni del debitore.
Ha quindi ribadito che la seconda procedura esecutiva si sarebbe
dovuta reputare improcedibile e che non sarebbe stato pertinente
il richiamo fatto dal Tribunale alla sentenza della Corte di
Cassazione n. 4963/07, che il giudice

a quo avrebbe letto in

senso opposto rispetto al suo contenuto; in particolare, secondo
il ricorrente, la reiterazione del precetto sarebbe possibile,
anche alla stregua del citato precedente di legittimità,

«solo

a condizione che la reiterazione sia protesa a sanare gli
eventuali vizi dei precedenti atti>>.
In ossequio al disposto dell’art. 366 bis cod. proc. civ.,
applicabile ratione temporis, ha quindi formulato due quesiti di
diritto: l’uno volto ad affermare tale ultima limitazione per il
caso di reiterazione dell’atto iniziale di un processo esecutivo
nella pendenza di altro processo esecutivo tra le stesse parti;
l’altro, volto ad affermare la necessità della riunione, ex art.
273 cod. proc. civ., delle opposizioni proposte avverso l’una e
l’altra delle procedure esecutive.

5

che i coniugi De Lellis-Capozucca avrebbero duplicato

1.2.- Vanno trattate unitamente al primo motivo, le censure che

risultano proposte con i primi due quesiti di diritto apposti in
calce al secondo motivo del ricorso sotto i numeri l) e 2) della
pag. 25 del ricorso, atteso che gli stessi sono palesemente
riferiti alle due questioni già poste col primo motivo

atti di esecuzione in forza del medesimo titolo esecutivo, in
costanza di giudizio oppositivo già pendente,

«al solo scopo di

poter sanare eventuali pregressi vizi degli atti di intimazione
e di esecuzione precedentemente attivati>>;

conseguenza

processuale, che secondo il ricorrente, sarebbe costituita dalla
«riunione dei giudizi oppositivi>>).
2.- Le censure sono infondate sotto entrambi i profili.

La sentenza impugnata è corretta ed ha fatto corretta
applicazione

del

principio

di

diritto

espresso

dalla

giurisprudenza di legittimità richiamata nella motivazione, per
il quale

«la pendenza del procedimento esecutivo non preclude

né rende inutile la reiterazione dell’atto processuale che vi dà
inizio e, in funzione di questo, il compimento degli atti
prodromici necessari, al fine di porre al riparo la concreta
attuazione della pretesa esecutiva dai possibili insuccessi
conseguenti agli eventuali vizi dei precedenti atti, ma
determina solo la necessità della riunione dei distinti
procedimenti in tal modo instaurati dinanzi al medesimo ufficio
giudiziario, ai sensi dell’art. 273 cod. proc. civ.>>

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(espresso

(possibilità di reiterare l’atto di precetto ed i successivi

da Cass. n. 8164/91, ribadito da Cass. n. 4963/07 e da Cass. n.
18161/12).
La prima parte della massima sta a significare che il creditore
può avvalersi del medesimo titolo esecutivo per iniziare anche
più di un’azione esecutiva; può notificare un secondo precetto

Cass. n. 19876/13, che ribadisce il limite costituito dalla non
rimborsabilità delle spese sostenute per i precetti andati
perenti) ed anche quando sulla base del primo precetto abbia già
avviato un’azione esecutiva; può procedere con una seconda
esecuzione anche quando, con altro atto abbia iniziato una
precedente azione esecutiva che non si sia ancora conclusa; il
diritto di agire

in executivis

non viene meno se non con la

completa soddisfazione del credito portato dal titolo esecutivo
e consente al creditore di valersi cumulativamente di diversi
mezzi di espropriazione forzata con l’unico limite di non
incorrere nell’abuso dei mezzi di espropriazione e fatto salvo
l’intervento del giudice ex art. 483 cod. proc. civ.
Quanto

all’affermazione,

risultante

dalle

massime

sopra

richiamate, per la quale il creditore si può avvalere di
un’azione esecutiva successiva ad altra già iniziata

<>.
L’illustrazione del motivo si conclude, oltre che con i due
quesiti di diritto sub l) e 2), sopra esaminati, con i seguenti:

3) vero che in linea di principio giuridico la sospensione della
esecuzione, anche in costanza di sua pendenza dinanzi al G.E.,
può essere disposta dalla legge o da altro Giudice ed in )
particolare da quello adito in sede di impugnazione;
4) vero che, trattandosi di procedimento camerale a seguito di
appello proposto ex art. 130 disp. att. cod. proc. civ. (avverso
la sentenza di rigetto della istanza di estinzione del processo
esecutivo),appartiene alla Corte territoriale adita il pieno ed
incondizionato potere di sospendere la procedura esecutiva
inficiata d’estinzione, tanto per godere la medesima Corte delle
stesse prerogative del G.E. e del Tribunale adito in sede di

11

relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., perché, secondo il

reclamo sulla medesima questione e per di più con effetto
elidente;
5) vero che in costanza di intervenuta sospensione della
esecuzione da parte di organo diverso e superiore, il G.E. non
può porre in essere atti di esecuzione successivi al

essere, anche da soggetti diversi, quale l’Ufficiale
Giudiziario, gli atti medesimi sono colpiti da nullità assoluta
da ritenersi estesa anche agli ulteriori atti di esecuzione
successivi, ove gli stessi connessi e/o dipendenti dal primi».
3.1.-

Il Collegio ritiene che i quesiti di diritto siano

formulati in modo tale da non precisare la questione di diritto
sottoposta all’esame della Corte, poiché espressi in termini
generici e senza alcun concreto riferimento a quanto affermato
nella sentenza impugnata, mancando la giustapposizione -ritenuta
necessaria da diversi precedenti (tra cui Cass. n. 24339/08, n.
4044/09), che qui si ribadiscono- tra la

ratio decidendi

della

sentenza impugnata e le ragioni di critica sollevate. Essi non
consentono a questa Corte l’individuazione degli errori di
diritto che il ricorrente intende denunciare con riferimento
alla fattispecie concreta né l’enunciazione di una regula iuris
applicabile anche in casi ulteriori rispetto a quello da
decidere, poiché di tale caso e delle questioni che esso pone
non è fornita valida sintesi logico-giuridica (cfr., per la
funzione riservata ai quesiti di diritto, tra le altre Cass.
S.U. n. 26020/08 e n. 28536/08).

12

provvedimento sospensivo e che ove essi comunque siano posti in

In particolare, il primo ed il terzo quesito, sopra testualmente
riportati, si risolvono, rispettivamente, in una sorta di
parafrasi dell’art. 623 cod. proc. civ. (peraltro incompleta,
poiché non evidenzia il dato fondamentale della norma, vale a
dire il riferimento al giudice dell’impugnazione del <> in base al quale l’esecuzione è stata avviata e

«(peraltro fino al 19/2/2009) la esecuzione della sentenza
oggetto del giudizio di appello iscritto al n. 1264/07 R.G.>>,
mentre l’esecuzione per rilascio intrapresa dai coniugi De
Lellis-Capozucca era stata iniziata in forza del diverso titolo
esecutivo costituito dal decreto di trasferimento.
I quesiti di diritto non risultano pertinenti rispetto alla
statuizione appena riassunta, tanto è vero che, pur essendo in
astratto, il primo ed il terzo quanto meno, apparentemente
meritevoli di risposta positiva, questa non consentirebbe di
accogliere l’impugnazione e cassare la sentenza impugnata,
atteso che nel caso di specie non si tratta di verificare quali
siano gli effetti della sospensione c.d. esterna rispetto al
processo esecutivo cui è riferito il titolo esecutivo la cui
efficacia sia stata sospesa dal giudice dell’impugnazione (come
lasciano intendere i detti quesiti), ma di delibare la
questione, posta dalla sentenza impugnata, concernente
l’indifferenza del titolo esecutivo costituito dal decreto di
trasferimento alle vicende del processo esecutivo immobiliare
nel quale il decreto di trasferimento è stato emesso.
Dì tale questione non vi è traccia nei quesiti di diritto.
In proposito, va ribadito il principio per il quale la mancanza
di conferenza del quesito di diritto rispetto al deciso – che si
verifica allorché, da una parte, la risposta allo stesso pur
positiva per il richiedente, è priva di rilevanza nella
fattispecie, in quanto il deciso attiene a diversa questione,
sicché il ricorrente non ha interesse a proporre quel quesito

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dal quale non può trarre alcuna conseguenza concreta utile ai
fini della causa – è assimilabile all’ipotesi di mancanza del
quesito, a norma dell’art. 366

bis

cod. proc. civ., con

conseguente inammissibilità del motivo, in applicazione del
principio in tema di motivi non attinenti al decisum,

nel senso

prive di specifiche attinenze al

decisum

della sentenza

impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi
richiesti dall’art. 366 cod. proc. civ., n. 4, con conseguente
inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio (Cass.
S.U. n. 14385/07).
4.

Col secondo motivo di ricorso è dedotto anche un vizio di

motivazione, per contraddittorietà, ai sensi dell’art. 360 n. 5
cod. proc. civ.
In relazione a questo vizio, è formulato il seguente quesito
c.d. di fatto:
«il ricorrente evidenzia la seguente circostanza: il Giudicante
di prime cure da un lato ha ritenuto improcedibile la
opposizione alla esecuzione promossa dall’odierno ricorrente
(tale definendola giuridicamente), asserendo

pertanto

la piena

ed incondizionata procedibilità della seconda esecuzione di
rilascio, attesa la non necessità di sospensione della propria
causa rispetto a quella poziore ed attesa la necessità di non
riunire i due identici giudizi oppositivi (perché ritenute dal
medesimo le due cause di diversa natura

e

fra loro non

connesse), e dall’altro ha avvertito la necessità di decidere la

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che la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure

controversia oppositiva nel merito, disquisendo sul titolo
esecutivo

(decreto

di

trasferimento)

azionato

dagli

aggiudicatari, allorchè tale aspetto della controversia
apparteneva ed appartiene alla cognizione del Giudice poziore,
essendo risultato pacifico in atti l’identità di impulso della

infine l’identità di due preavvisi aventi ad oggetto lo stesso
immobile da rilasciarsi».
4.1.

Il Collegio ritiene che il momento di sintesi appena

riprodotto non corrisponda a quello richiesto dalla norma
dell’art. 366

bis,

seconda parte, cod. proc. civ., così come

interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte, che qui si
ribadisce (cfr. Cass. S.U. n. 20603/07, secondo cui, in tema di
formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i
provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 2
febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione, poiché secondo l’art. 366

bis cod.

proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto
dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., l’illustrazione di ciascun
motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara
indicazione del fatto controverso in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le
ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione
la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa
censura deve contenere, un momento di sintesi -omologo del
quesito di diritto- che ne circoscriva puntualmente i limiti, in

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procedura esecutiva di rilascio, l’identità delle intimazioni ed

maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del
ricorso e di valutazione della sua ammissibilità; nello stesso
senso, tra le altre, Cass. n. 24255/11).
Il motivo è perciò inammissibile anche nella parte in cui
denuncia il vizio ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da
dispositivo.
Per questi motivi

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio di cassazione che liquida, in favore
dei resistenti, in solido, nella somma di C 1.700,00, di cui C
200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2013.

In conclusione, il ricorso va rigettato.

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