Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28611 del 23/12/2011
Cassazione civile sez. VI, 23/12/2011, (ud. 12/12/2011, dep. 23/12/2011), n.28611
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –
Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 26218-2010 proposto da:
S.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato
in Roma, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’Avvocato LOJODICE OSCAR, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto n. Rep. 1036/2009 della CORTE D’APPELLO di LECCE
del 27/10/2009, depositato il 26/11/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
12/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;
è presente il P.G. in persona del Dott. COSTANTINO FUCCI che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso, in subordine per il
rigetto del medesimo.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1.1.- Con il decreto impugnato la Corte di merito ha provveduto sulla domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 proposta il 24.3.2009 da parte ricorrente, la quale chiedeva la somma di Euro 6.800,00.
Il giudizio presupposto di cui è dedotta l’irragionevole durata è stato instaurato dinanzi al Tribunale di Trani il 3.5.2000 ed è stato dichiarato estinto il 10.3.2009.
La Corte di appello ha ritenuto inammissibile la domanda relativa al periodo trascorso fino 12.2.2008 in quanto era già intervenuto decreto di condanna del Ministero il 7.10.2008 in relazione alla violazione del termine ragionevole nel medesimo giudizio presupposto e in accoglimento di domanda presentata il 6.2.2008 dal medesimo ricorrente.
Ha considerato l’ulteriore ritardo dal 12.2.2008 al 10.3.2009 (data dell’estinzione del giudizio) per il quale ha liquidato la somma di Euro 500,00 in considerazione della “scarsa entità della pretesa fatta valere” (differenza per rivalutazione dell’indennità di disoccupazione).
Ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali per violazione de dovere di cui all’art. 88 c.p.c..
Contro il detto decreto parte attrice ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. L’Amministrazione intimata resiste con controricorso.
1.1.- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in camera di consiglio.
2.- Parte ricorrente formula due motivi, lamentando:
1) l’erronea condanna al pagamento delle spese processuali. Deduce che non vi sarebbe stata violazione del ne bis in idem stante la mancanza di prova dell’identità del procedimento di equa riparazione concluso con decreto n. 115/2008. Lamenta l’eccessività della somma liquidata per spese in favore dell’Avvocatura.
2) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla determinazione della durata ragionevole e all’entità dell’indennizzo che non poteva essere inferiore ad Euro 1.000,00 per gli ulteriori tredici mesi di ritardo. Deduce che non vi è prova in atti della duplicazione della domanda.
3.- Il provvedimento impugnato contiene l’accertamento in fatto che lo S. ha già proposto, per il medesimo processo presupposto, altra domanda di equa riparazione, definita con decreto della Corte di appello di Lecce “n. 115/2008” del 7 ottobre 2008.
E’ inammissibile, pertanto, la generica censura formulata dal ricorrente, il quale si limita a contraddire il predetto accertamento in fatto senza neppure indicare elementi che possano consentire di attribuire a diverso processo presupposto il decreto richiamato dalla Corte di appello. Che, altrimenti, si tratterebbe di errore revocatorio non denunciabile in sede di legittimità.
Inoltre, è infondata la censura relativa alla dedotta violazione dell’art. 88 c.p.c. mentre è inammissibile la censura relativa all’entità delle spese liquidate, tenuto conto dell’ammontare di quanto richiesto dal ricorrente e dell’inammissibilità della domanda (perchè reiterata per il medesimo procedimento presupposto, in violazione del dovere di lealtà e probità di cui all’art. 88 c.p.c.).
E’ incensurabile, inoltre, perchè congruamente motivato con il riferimento alla scarsa entità della pretesa, l’apprezzamento del giudice del merito circa la congruità della somma liquidata a titolo di indennizzo per il periodo successivo all’accoglimento della precedente domanda e sino all’estinzione del giudizio.
4.- Il ricorso deve essere rigettato.
Le spese processuali del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 800,00 oltre le spese prenotate a debito.
Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2011