Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28610 del 20/12/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 28610 Anno 2013
Presidente: MASSERA MAURIZIO
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

SENTENZA

sul ricorso 3829-2008 proposto da:
MOLITIERNO MARIA ROSARIA in proprio e in qualita’ di
tILT rigs GR megram P
rappresentante legale della soc. GELATERIA LECCIA,
MOLITIERNO PASQUALE, MOLITIERNO MASSIMO, MOLITIERNO

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7.4C2611,34 14

rILTTISM

qGA 231234H

r I L’T IXFL 65P42Z.r. Z34 1^,

elettivamente
CARMELA,
SAGLIOCCO
Sgi-Cht. 306.3 4Sn. k
domiciliati in ROMA, VIA QUINTINO SELLA 23, presso lo
RAFFAELLA,

2013
2105

studio dell’avvocato CANCRINI VINCENZO, rappresentati
e difesi dall’avvocato DEL SAVIO MARIO giusta delega
in atti;
ricorrenti
contro

1

1

V7

Data pubblicazione: 20/12/2013

LECCIA EUGENIO;
LCC CN E 42. -ros A542c-

intimato –

avverso la sentenza n. 3854/2006 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 15/12/2006 R.G.N. 489/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
del

14/11/2013

dal

Consigliere

Dott.

GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato CARLO ROSA per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

udienza

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
l.- Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 15 dicembre

2006, la Corte d’Appello di Napoli, in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di S.M.C.V. del 16 dicembre 2002, ha
accolto parzialmente l’appello proposto da Eugenio Leccia nei
confronti di Pasquale Molitierno, Maria Rosaria Molitierno,
quest’ultima in proprio e nella qualità di legale rappresentante
della Gelateria Leccia di Molitierno Maria Rosaria & C. s.a.s.,
nonché di Carmela Sagliocco, Raffaella Molitierno e Massimo
Molitierno, quali eredi di Luigi Molitierno, e, per l’effetto,
ha dichiarato la simulazione assoluta dell’atto di cessione di
quote sociali del 23 marzo 1993, limitatamente alle quote cedute
da Eugenio Leccia a Maria Rosaria e Pasquale Molitierno,
confermando il rigetto della domanda di risoluzione del
contratto di locazione (avente ad oggetto l’azienda della
Gelateria Leccia di Moliterno Maria Rosaria & C. s.a.s.), di
pagamento dei canoni per l’importo complessivo di lire
16.000.000 e di rilascio dell’azienda avanzata da Eugenio Leccia
nei confronti di Luigi Molitierno, e poi dei suoi eredi; ha
quindi compensato tra le parti le spese del grado.
2.-

Avverso la sentenza Pasquale Molitierno, Maria Rosaria

Molitierno, quest’ultima in proprio e nella qualità di legale
rappresentante della Gelateria Leccia di Molitierno Maria
Rosaria & C. s.a.s., nonché Carmela Sagliocco, Raffaella
Molitierno e Massimo Molitierno propongono ricorso affidato a
cinque motivi.

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Eugenio Leccia non si difende.
MOTIVI DELLA DECISIONE
l.

Col primo motivo di ricorso è dedotta violazione

e/o falsa

applicazione degli artt.328, II comma, 327, I comma, e 100 cod.
proc. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 e 4 cod. proc. civ.,

notificato a Luigi Molitierno dopo il suo decesso, intervenuto
nelle more tra la pubblicazione della sentenza di primo grado e
la proposizione del gravame, e quindi al fine di sostenere il
passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale che aveva
rigettato la domanda di simulazione (accolta invece in appello).
Secondo i ricorrenti, avrebbe errato la Corte d’Appello nel
pronunciare l’ordinanza del 19/27 dicembre 2005, con la quale ha
concesso all’appellante il termine per notificare l’atto di
appello agli eredi di Luigi Molitierno, e nel ritenere sanato il
difetto dell’originaria citazione in appello a seguito della
costituzione in giudizio di questi ultimi.
1.1.- Il motivo è infondato e va rigettato.
Rileva quanto deciso dalle Sezioni Unite con le sentenze n.
15783/05 e n. 26279/09.
Il principio di diritto affermato dalla prima e ribadito dalla
seconda è quello per il quale l’atto di impugnazione della
sentenza, nel caso di morte della parte vittoriosa,

deve essere

rivolto e notificato agli eredi, indipendentemente

dal momento

in cui il decesso è avvenuto. L’eventuale ignoranza

dell’evento

da parte del soccombente rileva, secondo la prima delle due

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onde sostenere la nullità dell’atto di appello, che venne

pronunce, solo nel caso in cui fosse stata incolpevole (cioè non
superabile alla stregua di un criterio di normale diligenza); è
invece irrilevante, per la seconda delle due pronunce, anche in
tale eventualità.
Tuttavia, la prima delle due pronunce ha limitato la portata

l’impugnazione nei confronti del nuovo soggetto effettivamente
legittimato (subordinatamente alla conoscenza o alla
conoscibilità dell’evento, secondo criteri di normale diligenza,
da parte del soggetto che propone l’impugnazione), ai

«processi

pendenti alla data del 30 aprile 1995 – rispetto ai quali non
opera la possibilità di sanatoria dell’eventuale errore
incolpevole nell’individuazione del soggetto nel cui confronti
il potere di impugnazione deve essere esercitato, offerta dal
nuovo testo dell’art. 164 cod. proc. civ., come sostituito dalla
legge 26 novembre 1990, n. 353, nella parte in cui consente la
rinnovazione, con efficacia

ex nunc,

della citazione (e

dell’impugnazione) in relazione alle nullità riferibili ai nn. 1
e 2 dell’art. 163 cod. proc. civ.>>.
1.2.- Nel caso di specie, nel giudizio di secondo grado si sono

costituiti gli eredi di Luigi Molitierno, a seguito della
rinnovazione dell’atto di citazione in appello nei loro
confronti, notificato dall’appellante nel termine all’uopo
concesso dal secondo giudice.
Orbene, pur dovendo essere considerato nullo l’atto di appello
per errata identificazione del soggetto destinatario del

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assoluta dell’affermazione del dovere di indirizzare

ricorso, essendo Luigi Molitierno deceduto nella pendenza del
termine per impugnare la sentenza di primo grado, ed essendo
perciò legittimati passivi dell’impugnazione soltanto i suoi
eredi, ritiene il Collegio che tale nullità si sia sanata per
effetto della rinnovazione dell’atto introduttivo e della

giudice d’appello nei confronti degli eredi, cui ha fatto
seguito la loro costituzione.
Infatti, il presente giudizio è stato introdotto con citazione
notificata il

9 giugno 1998,

sicché è soggetto alle norme del

codice di rito come sostituite dalla legge 26 novembre 1990 n.
353, compreso l’art. 164 cod. proc. civ., nella parte in cui
consente la rinnovazione con efficacia ex

tunc della citazione

(anche in appello) in relazione alle nullità riferibili ai
numeri l e 2 dell’art. 163 cod. proc. civ. Quest’ultima norma è
stata bene applicata dalla Corte d’Appello di Napoli.
In proposito va affermato che nei giudizi introdotti dopo il 30
aprile 1995, la nullità del ricorso in appello per omissione od
incertezza assoluta nell’indicazione dell’appellato che si
determini a causa della morte della parte originaria avvenuta
prima della proposizione del gravame (ed in specie, nella
pendenza del termine per impugnare la sentenza di primo grado) è
sanabile, con effetto ex tunc, mediante l’esecuzione dell’ordine
di rinnovazione della citazione in appello degli eredi
dell’originaria controparte, entro il termine perentorio fissato
dal giudice d’appello, ovvero a seguito della costituzione nel

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relativa notificazione nel termine perentorio assegnato dal

giudizio di appello degli eredi del defunto appellato, operando
la sanatoria di cui all’art. 164, comma secondo e terzo, cod.
proc. civ., norma applicabile al grado d’appello in virtù del
richiamo dell’art. 359 cod. proc. civ.

(così già Cass. n.

11848/09).

evitato il passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale
di S.M.C.V., essendo ammissibile e procedibile l’appello
proposto da Eugenio Leccia nei confronti degli eredi di Luigi
Molitierno.
Il primo motivo del ricorso va perciò rigettato.
2.-

Col secondo motivo è dedotta violazione e/o falsa

applicazione degli artt. 100 cod. proc. civ., 2318, 2320 e 2556
cod. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 4 cod. proc.
civ., sia perché non sarebbe stata dimostrata, da parte del
Leccia, la sua legittimazione ad agire per la risoluzione del
contratto di locazione dell’azienda, facente capo non alla sua
persona fisica bensì alla società Gelateria Leccia di Molitierno
Maria Rosaria & C. s.a.s., della quale egli non era né era mai
stato legale rappresentante, sia perché -in mancanza di tale
dimostrazione- sarebbe venuto meno anche l’interesse ad agire in
simulazione, in quanto, secondo i ricorrenti, la domanda di
simulazione sarebbe stata soltanto «strumentale» rispetto alla
domanda principale di risoluzione, nonché alle domande
consequenziali

di

dei

pagamento

dell’azienda.

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canoni

e

di

rilascio

Poiché nel caso di specie si è avuta siffatta sanatoria, è stato

Con lo stesso motivo è dedotto anche il vizio di motivazione, in
relazione all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., perché la Corte
d’Appello avrebbe riconosciuto la legittimazione ad agire del
Leccia sulla base del fatto che questi sarebbe risultato pieno
titolare dell’azienda in forza di quella stessa scrittura del 1 0

non utilizzabile perché disconosciuta.
2.1.-

Connesso, ed anzi tale che il suo esame risulta

pregiudiziale rispetto a quello del precedente, appare il terzo
motivo di ricorso. Con questo motivo si deduce violazione e/o
falsa applicazione degli artt. 99 e 100 cod. proc. civ., in
relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., perché la Corte
d’Appello non avrebbe tenuto nel giusto conto il fatto che
l’azione di simulazione
avrebbe avuto

del contratto di cessione di quote

carattere soltanto strumentale rispetto

all’azione principale, che era quella di risoluzione del
contratto di locazione, cui erano collegate le domande di
pagamento dei canoni scaduti e di rilascio dell’azienda. Secondo
i ricorrenti, dal momento che queste ultime domande sono state
rigettate, la Corte d’Appello avrebbe dovuto dichiarare il
difetto di interesse alla dichiarazione di simulazione del
contratto di cessione di quote sociali; pertanto sarebbe errato
e comunque

ultra petita l’accoglimento della relativa domanda.

3.- Quest’ultimo motivo appare, in primo luogo, inammissibile e,

comunque, infondato.

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gennaio 1994 che la Corte d’Appello ha ritenuto ad altri fini

L’inammissibilità consegue alla circostanza che l’assunto dei
ricorrenti secondo cui l’attore, in primo grado, avrebbe agito
in simulazione soltanto in via <> onde ottenere
l’accoglimento della domanda «principale» di risoluzione del
contratto di locazione (con pagamento dei canoni scaduti e

infatti, per il rispetto del principio di autosufficienza di cui
all’art. 366 n. 6 cod. proc. civ. i ricorrenti avrebbero dovuto
riprodurre o,

richiamare specificamente le

quanto meno,

conclusioni rassegnate dall’attore con la citazione introduttiva
del giudizio. Mancando siffatta specificazione, resta la mera
asserzione

di

parte,

peraltro

che

non

trova

nemmeno

significativi elementi di conferma nella sentenza impugnata.
3.1.- D’altronde, le statuizioni di quest’ultima in punto di
legittimazione del Leccia ad agire in simulazione ben possono
portare ad affermare l’infondatezza del terzo motivo di ricorso.
In diritto, è vero che l’azione di simulazione postula un
interesse correlato all’esercizio di un proprio diritto e che
qualora un tale diritto non sia configurabile o – comunque – non
sia pregiudicato dall’atto che si assume simulato, il terzo
difetta di interesse a far dichiarare la simulazione del
contratto o di uno dei suoi elementi (cfr. Cass. n. 6651/05, n.
4023/07, n. 10848/07 ed altre); ma trattasi di principio
riferibile soltanto al terzo: questi, in quanto estraneo al
contratto della cui simulazione si tratta, è legittimato, ai
sensi dell’art.1415 comma secondo cod. civ., a far valere la

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rilascio dell’azienda), non trova riscontro alcuno nel ricorso:

simulazione del contratto rispetto alle parti quando essa
pregiudichi i suoi diritti; non è consentito ravvisare un
interesse indistinto e generalizzato di qualsiasi terzo ad
ottenere il ripristino della situazione reale, essendo, per
converso, la relativa legittimazione indissolubilmente legata al

L’interesse ad ottenere il ripristino della situazione reale è,
invece, naturalmente connesso alla posizione della parte
contrattuale che voglia fare accertare giudizialmente detta
situazione, quindi far accertare, con l’azione di simulazione,
l’inefficacia totale o parziale del contratto ed i reali
rapporti con la controparte.
Eugenio Leccia non è affatto terzo rispetto al contratto di
cessione di quote sociali che ha assunto come simulato, ma era
parte di questo contratto, figurandovi come cedente delle sue
quote di partecipazione alla società Gelateria Leccia di
Avvedimento Marta & C. s.a.s., poi Gelateria Leccia di
Molitierno Maria Rosaria & C. s.a.s.. E’ evidente la sussistenza
dell’interesse ad agire del Leccia, correlato all’esercizio del
proprio diritto di titolare effettivo delle quote, che egli ha
assunto come cedute solo simulatamente. Si tratta di un
interesse giuridicamente rilevante in sé e per sé, in quanto
relativo alla possibilità per l’attore in simulazione di tornare
nella titolarità anche formale delle quote sociali, facendo
venire meno l’apparenza contrattuale; quindi, rilevante a
prescindere dall’ (ulteriore) interesse volto ad ottenere la

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pregiudizio di un diritto conseguente alla simulazione.

risoluzione del contratto di locazione, il pagamento dei canoni
e di rilascio dell’azienda sociale, pur non potendosi escludere
che il fine in concreto perseguito dall’attore fosse (anche)
quest’ultimo.
Poiché non risulta affatto che l’attore avesse espressamente

all’accoglimento della domanda di risoluzione del contratto di
locazione e poiché alla prima era, in sé, interessato l’attore,
in quanto parte del contratto assunto come simulato, è corretta
la sentenza impugnata che ne ha ritenuto la legittimazione.
4.- Consegue l’infondatezza, per un verso, e l’inammissibilità,
per altro verso, del secondo motivo di ricorso.
Quest’ultimo è infondato per la parte in cui assume che
l’attuale intimato, Eugenio Leccia, sarebbe stato carente di
interesse ad impugnare l’atto di cessione di quote per
simulazione assoluta perché, comunque, non avrebbe potuto
conseguire -così come d’altronde non ha conseguito- la
risoluzione del contratto di locazione dell’azienda, in quanto
soggetto distinto dall’effettiva locatrice (da individuarsi
nella società).
Si è già detto che la parte di un contratto che ne sostiene la
simulazione assoluta è sempre legittimata ad agire in
simulazione per porre nel nulla il contratto apparente,

a

prescindere dalle conseguenze giuridiche ulteriori
dell’accertamento della simulazione e quindi dell’effettività
del diritto del simulato alienante.

Il

subordinato o condizionato la domanda di simulazione

4.1.

Il motivo

è inoltre inammissibile per la parte in cui

lamenta il difetto di legittimazione ad agire del Leccia con
riguardo all’azione di risoluzione contrattuale, di pagamento
dei canoni e di rilascio dell’azienda.
Manca l’interesse dei ricorrenti ad impugnare la sentenza

dal momento che tutte e tre dette domande sono state rigettate
nel merito da parte del giudice d’appello che, sul punto, ha
confermato la statuizione di rigetto del primo grado, avendo
ritenuto non utilizzabile perché disconosciuta la scrittura
privata del l ° gennaio 1994, dalla quale sarebbe dovuta
risultare la stipulazione del contratto di locazione.
Ed invero il principio, enunciato nell’art. 100 cod. proc. civ.,
secondo cui per proporre una domanda o per contraddire ad essa è
necessario avervi interesse, si estende anche ai giudizi di
impugnazione, con riguardo ai quali, in particolare, l’interesse
ad impugnare una data sentenza va desunto dall’utilità giuridica
che dall’eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla
parte che lo propone e viene pertanto a collegarsi ad una
soccombenza anche parziale nel precedente giudizio, mancando la
quale l’impugnazione è inammissibile (cfr., tra le altre, Cass.
n. 14031/05).
Il secondo motivo di ricorso è perciò, per tale parte,
inammissibile per carenza di interesse ad impugnare, essendo
stati i ricorrenti vittoriosi nei gradi di merito quanto alla
domanda di risoluzione del contratto di locazione (di pagamento

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d’appello per fare valere siffatto difetto di legittimazione,

dei canoni e di rilascio dell’azienda) e non essendo utile, per
quanto detto sopra, la delibazione della sussistenza della
legittimazione all’azione di risoluzione al fine di delibare la
sussistenza della (distinta) legittimazione all’azione di
simulazione.

Col quarto motivo si deduce violazione e/o falsa

applicazione degli artt. 163, II coma, n. 4, e 183, IV e V
comma, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 cod.
proc. civ., nonché vizio di motivazione, in relazione all’art.
360 n. 5 cod. proc. civ., al fine di sostenere che, nel primo
grado di giudizio, vi sarebbe stata una modificazione
inammissibile della domanda da parte dell’attore. Sul punto i
ricorrenti espongono che con l’atto introduttivo del giudizio
l’attore Leccia aveva avanzato la domanda di simulazione
assoluta del contratto di cessione delle quote della società
Gelateria Leccia di Molitierno Maria Rosaria & C. s.a.s. (già
Gelateria Leccia di Avvedimento Marta & C. s.a.s.) da parte dei
coniugi Eugenio Leccia e Agata Avvedimento in favore di Maria
Rosaria e Pasquale Molitierno con atto autenticato dal notaio
Luigi Ventrosini in Parete del 23 marzo 1993; che, con lo stesso
atto introduttivo, era stata indicata come prova della
simulazione la scrittura privata del l ° gennaio 1994, che però
risultava essere stata sottoscritta non dai (simulati)
cessionari delle quote bensì dal padre, Luigi Molitierno; che,
soltanto dopo la fase di trattazione della causa ed il libero
interrogatorio dell’attore ex art. 183 cod. proc. civ. (nel

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5.

testo applicabile ratione temporis),

la prima memoria istruttoria depositata ai sensi dell’art. 184
cod. proc. civ.

(nel testo applicabile

ratione temporis),

l’attore avrebbe modificato la propria domanda perché, con detta
memoria, aveva sostenuto l’esistenza di una controdichiarazione
contestuale all’atto del 23 marzo 1993, la cui copia, in
possesso dello stesso attore, sarebbe andata smarrita (perché
conservata presso lo studio del commercialista dott. Francesco
Avvedimento, che si era occupato della redazione, ma che aveva
perso il documento);

che quindi l’attore aveva chiesto

l’esibizione dell’altra copia, ex art. 210 cod. proc. civ., ai
germani Malitierno, che, a suo dire, ne erano in possesso,
deducendo altresì la prova testimoniale volta a dimostrare la
perdita incolpevole del documento ed a provarne il contenuto.
Secondo i ricorrenti, con questo comportamento processuale
(tenuto dall’attore dopo che, con un’ordinanza di rigetto
dell’istanza cautelare di sequestro giudiziario o conservativo,
il giudice istruttore aveva rilevato la mancanza di prova della
simulazione,

la

specificamente

mancanza

di

una

controdichiarazione scritta, unico mezzo idoneo a dimostrare la
simulazione assoluta tra le parti del contratto), l’attore
avrebbe finito per mutare la domanda, mutandone la
petendi,

causa

poiché avrebbe allegato fatti storici nuovi a

fondamento della stessa, quale appunto la redazione per iscritto
della controdichiarazione del 23 marzo 1993 (della quale, per di
più, negli atti processuali precedenti la memoria istruttoria,

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e precisamente soltanto con

avrebbe negato l’esistenza).

Si sarebbe quindi avuta la

violazione degli artt. 163 n. 4 e 183, comma quarto e quinto,
cod. proc. civ.
5.1.- Il motivo è infondato.

La

causa petendi

dell’azione di simulazione non può essere

quest’ultima, come sembrano fare i ricorrenti.
L’azione di simulazione assoluta,

che ha come

petitum

l’accertamento dell’inefficacia totale del contratto, ha come
causa petendi l’accordo simulatorio, cioè l’accordo delle parti

sull’apparenza contrattuale.
La

cosiddetta

“controdichiarazione”

costituisce

atto

di

riconoscimento o di accertamento scritto, che non si inserisce
come elemento essenziale nel procedimento simulatorio, potendo
quindi non solo non essere coeva all’atto simulato, ma anche
provenire dalla sola parte contro il cui interesse è redatta
(cfr., da ultimo, Cass. n. 2203/13, n. 14590/03, n. 4410/98). Il
documento da cui la controdichiarazione risulta fornisce la
prova principale della simulazione nei rapporti tra le parti,
attese le limitazioni poste dall’art. 1417 cod. civ..
La forma, l’esistenza ed il contenuto di una controdichiarazione
attengono al thema probandi e non al thema decidendi.
La modifica da parte dell’attore che agisce in simulazione
assoluta dell’indicazione dell’atto scritto contenente la
controdichiarazione non determina una modificazione della
petendi

causa

della relativa domanda, ma soltanto la diversa

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confusa con la controdichiarazione né sovrapposta a

individuazione del documento volto a comprovare l’accordo
simulatorio.
Pertanto, non costituisce modificazione non consentita della
causa petendi della domanda di simulazione l’indicazione di una
scrittura privata contenente la controdichiarazione comprovante

istruttoria depositata entro il primo dei termini concessi dal
giudice istruttore ai sensi dell’art. 184, comma primo, cod.
proc. civ. (in giudizio cui si applicano, come al presente, le
norme degli artt. 183, comma quarto e quinto, cod. proc. civ. e
184 cod. proc. civ., nel testo introdotto dalla legge n. 353 del
1990; quindi, precedente le modifiche e le sostituzioni di cui
al decreto legge n. 35 del 2005, convertito nella legge n. 80
del 2005), anche quando con l’atto introduttivo della lite fosse
indicata, quale prova della simulazione, altra differente
scrittura privata.

Il Leccia non ha modificato l’indicazione del contenuto
dell’accordo simulatorio (in ragione del quale le quote sociali
sarebbero dovute apparire come oggetto di cessione, pur restando
nella sua titolarità); piuttosto, in un primo tempo, ha indicato
come controscrittura quella del 1 0 gennaio 1994, per sostenere
successivamente che vi era stata una controscrittura contestuale
alla stipulazione della scrittura privata di cessione
autenticata per atto di notaio, in data 23 marzo 1993. In questa
condotta processuale non si riscontra la violazione degli artt.

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l’accordo simulatorio, fatta per la prima volta con la memoria

183 e 184, cod. proc. civ., trovando applicazione il principio
di cui sopra.
Il quarto motivo di ricorso va perciò rigettato.
6.-

Col quinto motivo si deduce violazione e/o falsa

applicazione degli artt. 1417, 2723, 2724 n. 3 cod. civ. e 232

nonché insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un
fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione
all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.
I ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui
ha ammesso la prova per testimoni sul contenuto della
controdichiarazione scritta, in deroga a quanto previsto dagli
artt. 1417 e 2722 cod. civ., reputando sussistente l’ipotesi,
prevista dall’art. 2724 cod. civ., della perdita incolpevole del
documento e ritenendo che, in questo caso, la prova testimoniale
della simulazione sia consentita anche ai contraenti.
Secondo i ricorrenti, la Corte avrebbe errato nel ritenere
ammissibile la prova testimoniale, perché l’attore, poi
appellante, non avrebbe fornito, come era suo onere ai sensi
degli artt. 2723 e 2724 n. 3 cod. civ., la prova rigorosa ed
apposita della perdita incolpevole del documento e perché nel
caso di specie la perdita del documento non si sarebbe comunque
potuta considerare incolpevole. La Corte territoriale sarebbe
incorsa nel vizio di motivazione nella parte in cui ha
avvalorato ed utilizzato le dichiarazioni rese dal teste
Francesco Avvedimento, senza tenere conto del fatto che la

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cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.,

controdichiarazione non era stata mai menzionata negli atti
processuali prima del deposito della memoria istruttoria e del
fatto che, avendo i coniugi Leccia-Avvedimento, due figli
maggiorenni all’epoca dei fatti, non avrebbero avuto necessità
di ricorrere alla simulazione della cessione di quote in favore

basato la motivazione sull’ammissibilità della prova e
sull’attendibilità del testimone su circostanze irrilevanti.
Ancora, secondo i ricorrenti, la Corte avrebbe errato nel trarre
dalla mancata comparizione a rendere l’interrogatorio formale di
due dei tre convenuti, cioè Luigi Molitierno e Maria Rosaria
Molitierno, conseguenze negative anche per Pasquale Molitierno,
che invece era regolarmente comparso.
6.1.- Il motivo è inammissibile con riguardo al dedotto vizio di

motivazione.
Infatti, il ricorso è soggetto, quanto alla formulazione dei
motivi, al regime dell’art. 366 bis c.p.c. (inserito dall’art. 6
del decreto legislativo 2 febbraio 2006 n. 40, ed abrogato
dall’art. 47, comma l, lett. d, della legge 18 giugno 2009 n.
69), applicabile in considerazione della data di pubblicazione
della sentenza impugnata

(15 dicembre 2006).

Il motivo manca del tutto del c.d. momento di sintesi richiesto
dalla norma dell’art. 366

bis,

seconda parte, cod. proc. civ.,

così come interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte, che
qui si ribadisce (cfr. Cass. S.U. n. 20603/07, secondo cui, in
tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione

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dei figli di Luigi Malitierno. Per contro, la Corte avrebbe

avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del
d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione, poiché secondo
l’art. 366

bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel

caso previsto dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.,

inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in
relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare
la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di
sintesi -omologo del quesito di diritto- che ne circoscriva
puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze
in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilità; nello stesso senso, tra le altre, Cass. n.
24255/11).
7.- In riferimento alle censure concernenti il vizio di
violazione di legge risultano formulati i seguenti quesiti di
diritto ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ.:
«Dica codesta on.le Corte Suprema se, alla luce delle
disposizioni richiamate in epigrafe, era ammissibile la prova
testimoniale diretta

(a provare)

l’esistenza della

controdichiarazione del 23.03.93 senza la preventiva e rigorosa
dimostrazione dello smarrimento incolpevole della medesima.
Dica, altresì, codesta ecc.ma Corte, se si possa ritenere come
ammesso un fatto dedotto nell’interrogatorio ai sensi dell’art.

19

l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di

232, I comma, c.p.c. anche per il convenuto che si presenta a
renderlo>>.
Orbene, anche a voler superare il profilo di inammissibilità
riscontrabile nella genericità dei quesiti, non può che essere
certa la risposta negativa ad entrambi, ma è infondato l’assunto

la Corte d’Appello avrebbe invece ritenuto ammissibile la prova
dell’esistenza della controdichiarazione scritta del 23 marzo
1993 <> della controdichiarazione, operando
l’eccezione al divieto della prova testimoniale di cui al n. 3
del menzionato art. 2724 cod. civ.
7.2.-

Quanto alla pretesa violazione dell’art. 232 cod. proc.

civ., la Corte non ha affatto ritenuto ammessi i fatti dedotti
nell’interrogatorio reso da Pasquale Molitierno (così come ha,
invece, fatto espressamente per il mancato interrogatorio di

21

Maria Rosaria Molitierno e Luigi Molitierno: cfr. pag. 8) e
quindi, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, non ha
violato detta norma: piuttosto, ha valutato le risposte rese da
Pasquale Molitierno in sede di interrogatorio formale,
unitamente alle «stesse scritture prodotte dagli appellati» ed

simulazione assoluta anche nei rapporti tra il Leccia e Pasquale
Molitierno. Non di violazione di legge si tratta, ma di
valutazione dell’insieme delle risultanze istruttorie, la cui
motivazione (che peraltro appare esauriente, logica e coerente),
non è stata, come detto, validamente censurata (per
l’inammissibilità della censura ex art. 360 n. 5 cod. proc.
cív.).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese, poiché l’intimato non
si è difeso.
Per questi motivi

La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2013.

alla prova testimoniale al fine di ritenere provata la

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