Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2861 del 07/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 2861 Anno 2014
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: ABETE LUIGI

SENTENZA
sul ricorso 29562 — 2007 R.G. proposto da:
DE PETRA GIORGIO — DPTGRG60T19H501X, elettivamente domiciliato in Roma, alla via
D. Chelini, n. 5, presso lo studio dell’avvocato Fabrizio Berliri, che lo rappresenta e difende
in virtù di procura speciale a margine del ricorso.
RICORRENTE
contro
RAMACCI GIUSEPPE, RAMACCI ALBERTO, RAMACCI MARCELLO, BRUNORI
BRUNO
INTIMATI
e
PROCURATORE della REPUBBLICA presso il TRIBUNALE di VELLETRI
INTIMATO

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Data pubblicazione: 07/02/2014

Avverso l’ordinanza del presidente del tribunale di Velletri, sezioni affari diversi, depositata il
25.7.2007,
Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 13 dicembre 2013 dal
consigliere dott. Luigi Abete,
Udito l’avvocato Fabrizio Berliri,

che ha concluso per del ricorso,
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex artt. 360 c.p.c. e 111 Cost. Giorgio De Petra espone
che con “verbale di perizia e di conferimento dell’incarico nel corso dell’udienza
preliminare” del 30.1.2002, nell’ambito dei procedimenti penali pendenti innanzi al tribunale
di Velletri, iscritti ai nn. 181/98, 358/99 e 2513/00 R.G.N.R., a carico di Marcello Ramacci ed
altri, per i reati, tra gli altri, di cui agli artt. 1, 2° co., e 4, 1° co., legge n. 516/1982, era stato
nominato componente del collegio peritale contabile unitamente al dott. Maurizio Cari ed al
prof. Eugenio D’Amico;
che al collegio peritale era stato sottoposto il seguente quesito “presa visione degli atti e

documenti…, ricostruiscano i periti le vicende delle società rappresentate dagli imputati,
evidenziando la realità o la fittizietà delle operazioni di cui ai capi di imputazione e, nella
seconda ipotesi, specifichino per ogni società e distinto per anno e per tributo, l’ammontare
dell’imposta evasa e degli elementi passivi fittizi, ovvero l’importo per periodo d’imposta non
rispondenti al vero indicate nelle fatture o documenti relativi ad operazioni inesistenti o
finalizzate a consentire ad altri l’evasione fiscale; evidenzino in relazione alle operazioni
indicate nell’imputazione se vi siano state dichiarazioni fraudolente o infedeli ai sensi del d.
lgs. n. 74/2000; dicano, infine, in relazione al capo C proc. pen. n. 181/98, se vi sia stata
fraudolenta esposizione in bilancio di fatti non rispondenti al vero sulle condizioni della
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Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Carmelo Sgroi,

società RPS S.R.L.; in tal caso, se essa era idonea ad indurre in errore i soci ed il pubblico e
alterando sensibilmente la rappresentazione della realtà, se abbia o meno cagionato danni a
questi” (così ricorso, pagg. 2 — 3).
che “le imprese rappresentate dagli imputati erano… ben 35 distinte compagini societarie,
ciascuna con proprie scritture contabili, bilanci, fatture, dichiarazioni ecc…, mentre gli anni

(così ricorso, pag. 4).
che “al Collegio veniva concesso un termine di 120 gg., successivamente più volte
prorogato” (così ricorso, pag. 4).
che “l’espletamento dell’incarico richiedeva.., una mole enorme di lavoro (che si è
protratta infatti per oltre quattro anni), l’analisi di ingente documentazione…” (così ricorso,

pag. 4);
che “in data 16.05.06, ovvero prima della scadenza dell’ultimo termine assegnato del
17.05.06, il Collegio depositava la propria relazione composta da ben 35 distinti elaborati
peritali (contenuti in 48 volumi rilegati), ciascuno dei quali composto da una PARTE PRIMA,
di carattere generale, di oltre 370 pagine e una PARTE SECONDA, relativa alla dettagliata
analisi delle operazioni oggetto d’imputazione per ogni singola società” (così ricorso, pag. 4);
che “in data 29.06.06 i periti depositavano n. 35 istanze di liquidazione (una per ciascuna
società) nella quale evidenziavano: la straordinaria complessità dell’incarico,.., il doppio.,
autonomo accertamento richiesto per ogni singola società, relativo da un lato alla
ricostruzione delle vicende societarie, dall’altro all’analisi in merito alla realità o fittizietà
delle operazioni dedotte in ciascuna fattura emessa e/o registrata con conseguente ricalcolo
dei debiti di imposta per la totalità delle dichiarazioni dei redditi e iva presentate” (così

ricorso, pag. 5);

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da prendere in considerazione erano, quanto meno, quelli compresi tra il 1993 ed il 1997″

che, in particolare, chiedevano, “per ciascun autonomo accertamento, l’applicazione degli
artt. 52 comma 1 (aumento degli onorari fino al doppio) e 53 (liquidazione in caso di perizia
svolta collegialmente) del D.P.R. n. 115/2002 per complessivi C 2.597.759,14 pari ad €
865.919,79 per ciascuno dei membri del collegio peritale” (così ricorso, pag. 5);
che “con decreto di liquidazione ex art. 168 D.P.R. n. 115/2002, il tribunale di Velletri…

D.P.R. 115/2002 per mancato rispetto del termine nella consegna della relazione e così per
complessivi C 4.615,33 per ciascun componente del collegio peritale, senza alcun
riconoscimento per le spese vive sostenute” (così ricorso, pagg. 5 – 6);
che avverso tale provvedimento egli ricorrente “proponeva ricorso al Presidente del
Tribunale ai sensi dell’art. 170 del D.P.R. n. 115/2002” (così ricorso, pagg. 6- 7) ;
che “con ordinanza depositata il 25/7/07, il Presidente del Tribunale… di Velletri
accoglieva parzialmente il ricorso e determinava il compenso dovuto al Collegio nella misura
complessiva di € 28.717,28, ridotto a

e 21.537,96 ex art. 52, comma 2, D.P.R. 115/2002 per

mancato rispetto del termine nella consegna della relazione e così per complessivi € 7.179,09
per ciascun componente del collegio peritale, oltre al rimborso delle spese vive sostenute,
immotivatamente negato dal Gup” (così ricorso, pag. 7) ;
che, segnatamente, il giudice di seconda istanza aveva opinato nel senso che, “in presenza
di quesiti che comportano accertamenti plurimi, prodromici o funzionali all’accertamento
finale, la liquidazione va operata sulla base di un unico criterio, in relazione al quesito che
abbia comportato una prevalente attività di indagine e, quindi, in relazione alla globalità
dell’accertamento contabile” (così provvedimento impugnato, pag. 1); che “unica, quindi,
doveva essere la liquidazione e non andavano operate singole liquidazioni per ciascuna
società oggetto di accertamenti” (così provvedimento impugnato, pag. 1); che “l’indagine
demandata al collegio peritale era di natura prettamente e squisitamente contabile e, quindi, il

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liquidava il complessivo importo di C 18.461,28, ridotto a € 13.845,99 ex art. 52, comma 2,

compenso doveva essere liquidato con le modalità di cui all’art. 2 D.M. 20-5-002, ma tenuto
conto del valore dell’accertamento, enormemente superiore al valore massimo… dell’ultimo
scaglione, sarebbe stato opportuno, se non doveroso, far ricorso al correttivo di cui all’art. 52
D.P.R. 115/02, che consente l’aumento fino al doppio degli onorari” (così provvedimento

impugnato, pag. 2); che l’importo di € 10.256,32, determinato con attribuzione al

delle percentuali massime, “trattandosi di perizia collegiale… va maggiorato del 40 … per
ciascuno degli altri due periti e, quindi, determinato in complessivi euro 28.717,28″ (così

provvedimento impugnato, pag. 2); che tale importo deve essere decurtato del 40 per ritardo
nel deposito della relazione…, atteso che le singole richieste di proroga non sono state
proposte prima della scadenza di ciascun termine concesso, di guisa che tra le successive
proroghe vi è stata interruzione di continuità” (così provvedimento impugnato, pag. 2); che
“va riconosciuto, infine, a ciascun perito il rimborso spese di euro 1.467,00…” (così

provvedimento impugnato, pag. 2).
Avverso tale ordinanza ha dunque proposto ricorso Giorgio De Petra, chiedendone, sulla
scorta di due motivi, la cassazione con ogni conseguente provvedimento in ordine alle spese.
Previamente il ricorrente ha dato ragione dell’ammissibilità ex art. 111 Cost. del ricorso e
della “competenza” delle sezioni civili di questa Corte a decidere.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va dato atto preliminarmente che con sentenza dei 2/17.10.2006 — antecedentemente,
dunque, alla proposizione del ricorso a questa Corte – il G.U.P. del tribunale di Velletri ha
dichiarato non doversi procedere nei confronti di Antonio Ramacci, di Ettore Ramacci, di
Vincenzo Ramacci, di Giovanni Ramacci, di Maria Feliciani, di Matilde D’Annibale, di
Adelaide Ramacci, di Italia Zanardi, di Nazareno Ramacci, di Wladimiro Biagioli e di Anna
Maria Urbani, per essere i reati ad essi ascritti estinti per prescrizione.
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procedimento del valore massimo di C 516.456,90 e con applicazione per ciascun scaglione

Costoro, quindi, sono estranei al presente giudizio di legittimità.
Con il primo motivo che fonda l’esperita impugnazione, il ricorrente deduce, in relazione
all’art. 360, 1° co., n. 3), c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 51 d.p.r.
30.5.2002, n. 115, e dell’art. 2 d.m. 30.5.2002.
All’uopo adduce che “il collegio peritale, in evasione dell’incarico, avrebbe dovuto (come

società, dall’altro valutare la realità o fittizietà delle operazioni di cui ai capi d’imputazione ed
infine, in caso di operazioni fittizie, evidenziare una serie di conseguenze giuridiche
penalmente rilevanti in tema di false dichiarazioni, indebite detrazioni IVA ecc.” (così

ricorso, pag. 12); che “il primo quesito (accertamenti in tema di atto costitutivo, successive
modificazioni statutarie, composizioni compagini sociali, modificazioni organi sociali ecc…)
risultava del autonomo e indipendente dal secondo (esistenza del cespite descritto in
fattura, falsità o meno della cessione ivi descritta, conseguenze sulle dichiarazioni
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tributarie…), et il primo in alcun modo strumentale al fine di dare risposta al secondo”

(così ricorso, pag. 12); che, “per quanto attiene… alla RICOSTRUZIONE DELLE
VICENDE SOCIETARIE,… le imprese coinvolte erano complessivamente 35, di cui 33
società di capitali, tutte società di costruzioni, effettivamente operative…” (così ricorso, pag.

13); che, trattandosi di società del tutto autonome, ciascuna “ricostruzione di vicenda
societaria”, ha comportato accertamenti totalmente autonomi; che, analogamente, pur con
riferimento al quesito relativo alla realità o fittizietà delle operazioni di cui ai capi di
imputazione con conseguente eventuale ricalcolo delle imposte evase, “l’accertamento
relativo a ciascuna società ha presentato connotati del tutto peculiari e distinti, richiedendo
l’esame analitico di documentazione… ovviamente diversa per ciascuna operazione
immobiliare descritta in fattura e per ciascuna società coinvolta” (così ricorso, pag. 15);

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ha effettivamente ed esaurientemente fatto), da un lato, ricostruire le vicende delle singole

che “né può in alcun modo ritenersi che il collegio peritale abbia operato attraverso
” (così ricorso, pag. 15).
Con il secondo motivo che fonda l’esperita impugnazione, il ricorrente deduce, in
relazione all’art. 360, 1° co., n. 3), c.p.c. la violazione degli artt. 132, 134 c.p.c. e 29 legge
13.6.1942, n. 794.

non sarebbero state in modo tale da permettere il necessario controllo dell’iter logico seguito
nella decisione” (così ricorso, pagg. 18 – 19); che “prima della scadenza dell’originario
termine (5 giugno 2002) era stata concessa una proroga sino al 25.10.02” (così ricorso, pag.

19); che “successivamente, risultano regolarmente e tempestivamente depositate o proposte
oralmente in udienza, diverse istanze di proroga sino all’ultima, del 29/12/05, in accoglimento
della quale il Giudice concedeva termine sino all’udienza del 17.05.06 entro il quale risultano
depositati gli elaborati peritali” (così ricorso, pag. 19); che al momento del deposito
dell’istanza di remissione in termini “era… pendente il termine per il deposito dell’elaborato
peritale, come da istanza di proroga presentata dall’ing. Mammuccari in data 22.04.05 ed
accolta con termine di ulteriori 60 gg.” (così ricorso, pag. 19); che “i periti, del tutto
cautelativamente e peraltro senza che ve ne fosse reale necessità, contestualmente chiedevano,

, di essere rimessi in termine ” (così ricorso, pagg. 19 – 20) ; che, “così come
formulata, non si tratta di una vera e propria istanza di rimessione in termini, atteso che essa è
stata depositata durante la pendenza del termine per il deposito dell’elaborato peritale — che
risultava fissato al 22.06.05 — laddove, per definizione, la rimessione in termine viene chiesta
allorché il termine sia già decorso” (così ricorso, pag. 20).
Il ricorso è nel complesso senz’altro ammissibile.

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All’uopo adduce che “il Giudice del reclamo.., avrebbe dovuto dare conto di quali

Al riguardo è sufficiente il rinvio all’insegnamento n. 24959 del 25.11.2011 di questa
Corte, secondo cui avverso l’ordinanza che abbia deciso sull’opposizione proposta, ai sensi
dell’art. 170, 1° co., d.p.r. 30.5.2002, n. 115, dal custode di un bene sottoposto a sequestro
giudiziario contro il decreto, emesso dal giudice del medesimo sequestro, che aveva negato il
suo diritto al compenso, è ammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111, 7° co.,

avvocato, regolato dall’art. 29 legge 13.6.1942, n. 794.
Nulla osta, altresì, alla decisione del ricorso da parte di questa sezione civile (cfr. Cass.

sez. un. 3.9.2009, n. 19161, secondo cui il procedimento di opposizione, ex art. 170 d.p.r.
30.5.2002, n. 115, al decreto di liquidazione dei compensi ai custodi e agli ausiliari del
giudice (oltre che ai decreti di liquidazione degli onorari dovuti ai difensori nominati
nell’ambito del patrocinio a spese dello Stato), introduce una controversia di natura civile,
indipendentemente dalla circostanza che il decreto di liquidazione sia stato pronunciato in un
giudizio penale, e deve quindi essere trattato da magistrati addetti al servizio civile, con la
conseguenza che la trattazione del ricorso per cassazione avverso l’ordinanza che lo decide
spetta alle sezioni civili della Corte di Cassazione).
Nondimeno destituito di fondamento è il primo motivo di ricorso.
Si evidenzia in primo luogo che, contrariamente a quanto assume il ricorrente, la
ricostruzione delle complessive vicende afferenti a ciascuna delle trentacinque società nelle
cui compagini risultavano a vario titolo coinvolti gli intimati, non aveva, nella globale
economia del quesito sottoposto al collegio peritale, autonoma valenza.
In realtà la ricostruzione di quelle vicende si connotava in chiave rigorosamente
prodromica rispetto all’accertamento della realità ovvero della fittizietà delle operazioni di cui
ai capi d’imputazione.

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Cost., in virtù del richiamo al procedimento speciale per la liquidazione degli onorari di

Propriamente la ricostruzione di quelle vicende non era per nulla indipendente; era,
piuttosto, a mò di passaggio preliminare ed ai fini del corretto approccio metodologico,
destinata a risolversi nella definizione dei confini entro cui condurre l’indagine all’uopo
demandata.
Al contempo, l’accertamento concernente la specificazione, per ciascuna società, per

fittizi, altro non era che mero corollario dell’accertamento propriamente demandato al
collegio, ossia puro e semplice esito del riscontro del carattere veridico o fittizio delle
operazioni ricomprese nelle contestazioni di cui ai capi d’imputazione.
Per altro verso, quantunque l’accertamento fosse inevitabilmente destinato a riflettere le
peculiarità di ciascuna società, siffatta connotazione non poteva valere, né è valsa a
menomarne il carattere unitario, sicché non giustifica la pretesa frantumazione dell’unico
incarico.
La medesima connotazione, che evidentemente ed innanzitutto ha giustificato la nomina
di un collegio di periti, ha, piuttosto, in sede di liquidazione, ricevuto corretta espressione, da
un canto, mercé il riconoscimento del valore massimo e delle percentuali massime per ciascun
scaglione, dall’altro, mercé il raddoppio dell’onorario ai sensi dell’art. 52, 1° co., d.p.r. n.
115/2002.
Inammissibile è il secondo motivo di ricorso.
E’ fuor di dubbio, alla stregua della regola generale espressa dall’art. 154 c.p.c., che il
termine ordinatorio non può che essere prorogato prima della sua scadenza.
In questi termini ed in dipendenza del principio di cosiddetta “autosufficienza” del ricorso
per cassazione, quale sancito all’art. 366, 1° co., n. 6) c.p.c., Giorgio De Petra avrebbe dovuto
imprescindibilmente e puntualmente indicare nel ricorso a questa Corte di legittimità 1) le
istanze con cui si ebbe a far richiesta di proroga del termine in origine accordato al collegio
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ciascun anno e per distinto tributo, del quantum dell’imposta evasa e degli elementi passivi

peritale ai fini del deposito dell’elaborato scritto, 2) la data di deposito di ciascuna istanza di
proroga, onde dar ragione dell’antecedente deposito ovvero dell’antecedente formulazione di
ciascuna istanza rispetto al dì della scadenza del termine originario ovvero del termine
prorogato, 3) i singoli provvedimenti con i quali l’autorità giudiziaria procedente ebbe ad
accordare il termine originario e, successivamente, a prorogarlo.

del 18.06.02 — doc. 20″, né il rinvio ai documenti 21, 22 e 23, che si rinviene a pag. 19 del
ricorso (al riguardo cfr. Cass. 20.1.2006, n. 1113, secondo cui il ricorso per cassazione – in

forza del principio di cosiddetta “autosufficienza” — deve contenere in sé tutti gli elementi
necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed,
altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far
rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al
pregresso giudizio di merito; cfr. altresì Cass. (ord.) 4.9.2008, n. 22303, secondo cui il
ricorrente per cassazione, il quale intenda dolersi dell’omessa od erronea valutazione di un
documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366, 1 0 co.,
n. 6, c.p.c. – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto
indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si
trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o
riassumendo nel ricorso il contenuto del documento; la violazione anche di uno soltanto di
tali oneri rende il ricorso inammissibile).
Nessuna statuizione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di
Cassazione, il 13 dicembre 2013.

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Va debitamente soggiunto che a tal fine non è sufficiente il rinvio al “fax del don. Cari

11 consigliere estensore
doti. uigi Abe

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