Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28608 del 06/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 06/11/2019, (ud. 28/06/2019, dep. 06/11/2019), n.28608

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31756-2018 proposto da:

O.O., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO

SASSI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI (OMISSIS) SEZIONE

DI (OMISSIS);

– intimato –

avverse il decreto dei TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il

12/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

VALITUTTI.

Fatto

RILEVATO

che:

O.O.I. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso il decreto n. 1987/2018, emessa dal Tribunale di Campobasso, depositato il 12 settembre 2018, con il quale è stata rigettata la domanda di protezione internazionale proposta dallo straniero;

il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con i primi due motivi di ricorso – denunciando la violazione e falsa – applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 7 e 14, del D.Lgs. n. 25 dei 2008, artt. 8,9,14 e 27, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, – il ricorrente lamenta che i Tribunale abbia ritenuto di denegare al medesimo sia lo status di rifugiato, sia la protezione sussidiaria, sia il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, sebbene sussistessero i presupposti di legge per la concessione di tali misure, e senza, peraltro, effettuare alcun approfondimento istruttorio d’ufficio.

Ritenuto che:

la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisca un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5, – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. e), (Cass., 05/02/2019, n. 3340), escludendosi, in mancanza, la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti.

Rilevato che:

nel caso concreto, il Tribunale ha ampiamente ed adeguatamente motivato in ordine alle ragioni per le quali la narrazione dell’istante, circa il motivo che lo avrebbe indotto ad abbandonare il Paese di origine – ossia il rischio di morte conseguente al suo rifiuto di prendere il posto del padre nella setta degli (OMISSIS) -, non è credibile, avendo il Collegio accertato, mediante il ricorso a fonti ufficiali, che non vi è alcun obbligo – salvo casi peculiari non ricorrenti nella specie a carico dei figli di succedere ai padri in tale sodalizio, che, peraltro, affilia esclusivamente persone di elevato spessore culturale e di buona posizione sociale ed economica, e spesso addirittura previo pagamento di una somma di denaro, circostanze tutte insussistenti nel caso di specie;

il racconto dei fatti è stato, pertanto, ritenuto dal Tribunale “vago, stereotipato e, soprattutto, dei tutto contraddittorio ed inverosimile”, e la censura si traduce, per contro, in una sostanziale, inammissibile – e peraltro generica -, richiesta di riesame del merito della vicenda;

il suddetto rilievo, operato dal giudice di merito, esclude in radice – come correttamente affermato dal Tribunale – la possibilità di concessione all’immigrato dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

Ritenuto che:

per quanto concerne la protezione sussidiaria prevista dal D.Lgs. n. 251 de 2007, art. 14, lett. e), l’attenuazione del principio dispositivo derivante dalla “cooperazione istruttoria”, cui il giudice del merito è tenuto, non riguardi i versante dell’allegazione, che anzi deve essere adeguatamente circostanziata, bensì quello della prova, con la conseguenza che l’osservanza degli oneri di allegazione si ripercuote sulla verifica della fondatezza della domanda;

di conseguenza, in relazione alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. e), debba essere allegata quantomeno l’esistenza di un conflitto armato o di una situazione di violenza indiscriminata così come descritti dalla norma (Cass., 31/01/2019, n. 3016).

Rilevato che;

nel caso concreto, il Tribunale ha accertato che il richiedente, nella narrazione dei fatti che lo hanno indotto ad abbandonare il luogo di origine, ha allegato genericamente la sussistenza di una situazione di violenza generalizzata dei Paese, e tuttavia il giudice di merito ha accertato, con riferimento a fonti internazionali citate nella motivazione del decreto (UNHCR), che la zona del Mali di provenienza dell’immigrato è immune da situazioni di violenza indiscriminata;

la censura si traduce, per contro, in una sostanziale, inammissibile, rivisitazione del merito (Cass., 04/04/2017, n. 8758).

Rilevato che:

del pari, per quanto attiene alla protezione umanitaria, laddove applicabile al caso concreto, il Tribunale ha accertato che nella narrazione dei fatti operata dallo straniero non sono rinvenibili situazioni di particolare vulnerabilità, e la doglianza si traduce in un tentativo di sovvertire – peraltro mediante allegazioni del tutto generiche ed astratte – tale vantazione, con l’allegazione di circostanze di merito inammissibili in questa sede.

Considerato che:

con il terzo motivo di ricorso – denunciando la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2, e del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – il ricorrente si duole del fatto che il Tribunale abbia erroneamente revocato l’ammissione del medesimo al patrocinio a spese dello Stato. Ritenuto che:

la revoca dell’ammissione ai patrocinio a spese dello Stato adottata – come nella specie – con la sentenza che definisce il giudizio di appello, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, non comporti mutamenti nel regime impugnatone che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione del cit. D.P.R., ex art. 170, dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanta adottata con sentenza, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dal D.P.R. citato, art. 113, (Cass., 06/12/2017, n. 29228; Cass., 08/02/2018, n. 3028; Cass., 11/11/2018,. 32.028).

Ritenuto che:

per tutte Se ragioni esposte, i ricorso debba essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per ii versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2019

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