Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28607 del 20/12/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 28607 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 8457-2008 proposto da:
LA FONDIARIA ASSICURAZIONI S.P.A. (00818570012), in persona
del legale rappresentante pro tempore e procuratore speciale
Dott. IVANO CANTARALE, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
CIPRO 46, presso lo studio dell’avvocato NOSCHESE GIUSEPPE,
rappresentata e difesa dagli avvocati NIGRO NINO, NIGRO
ALFONSO giusta delega in atti;
– ricorrente contro

SOCIETA’ REALE MUTUA ASSICURAZIONI (00875360018), in persona
del Dirigente servizio legale Avv. GIORGIO MARIA LOSCO,

2.085

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VESPASIANO 17-A,
presso lo studio dell’avvocato INCANNO’ GIUSEPPE,
rappresentata e difesa dall’avvocato AMATUCCI DOMENICO giusta
delega in atti;
– controricorrent

Data pubblicazione: 20/12/2013

nonchè contro
PISACANE VITTORIO, MAURO VIRGINIA, MAURO VITTORIA, MENALE
LUCIA;
– intimati avverso la sentenza n. 914/2007 della CORTE D’APPELLO di
SALERNO, depositata il 17/12/2007, R.G.N. 251/2005;

del 12/11/2013 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. ANTONIETTA CARESTIA, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
l. – Lucia Menale, Virginia Mauro e Vittoria Mauro
convenivano separatamente in giudizio, dinanzi al Tribunale
di Vallo della Lucania, Vittorio Pisacane e la Polaris
Assicurazioni S.p.A. per sentirli condannare, in solido tra
loro, al risarcimento dei danni patiti – la prima quale
conducente e proprietaria dell’auto Fiat Uno tg. NA-Y83001,
gli altri due in qualità di trasportate sulla medesima auto nel sinistro stradale verificatosi il 5 luglio 1999 e del
quale asserivano essere l’unico responsabile il medesimo
Pisacane, proprietario e conducente dell’auto Fiat Punto tg.
BA723GH, assicurato con la Polaris S.p.A.
Il Pisacane, a sua volta, conveniva in giudizio, dinanzi
allo stesso Tribunale, Lucia Menale e la sua assicurazione
Reale Mutua S.p.A., per sentirle condannare al ristoro dei
danni patiti nel medesimo sinistro.
Si costituiva, tra gli altri, la Fondiaria Assicurazioni
S.p.A., già Polaris Assicurazioni S.p.A., che sollevava
talune eccezioni preliminari, tra cui quelle di nullità
dell’atto di citazione, di improponibilità ed improcedibilità
della domanda ai sensi dell’art. 22 della legge n. 990 del
1969 e di prescrizione.
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udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

Riunite le cause, il Tribunale di Vallo della Lucania,
con sentenza non definitiva del 26 novembre 2004, rigettava
le eccezioni di nullità dell’atto di citazione e di
improponibilità ed improcedibilità della domanda, riservando
al merito l’eccezione di prescrizione e condannando la
Fondiaria Assicurazioni al pagamento delle spese processuali.
2. – Il gravame interposto avverso tale sentenza dalla

di appello di Salerno con sentenza resa pubblica il 17
dicembre 2007.
La Corte territoriale riteneva sanata dalla costituzione
in giudizio della Fondiaria S.p.A. la nullità dell’atto di
citazione nel quale era stata indicata come parte convenuta
la Polaris Assicurazione S.p.A., società già incorporata
dalla stessa Fondiaria S.p.A.
Quanto poi all’ulteriore eccezione, il giudice di
appello affermava che nella lettera raccomandata, inviata
all’assicuratore ai sensi dell’art. 22 della legge n. 990 del
1969 e pervenuta il 22 luglio 1999, era stato descritto il
sinistro in modo “minuzioso”, evidenziandosi altresì che “le
trasportate avevano riportato gravi ferite”, con invito
all’assicuratore di risarcire tutti i danni. Di qui era
seguita, già in data 27 ottobre 1999, una relazione del
perito della Polaris Assicurazioni che riportava una completa
individuazione delle parti danneggiate. Sicché, l’anzidetto
atto di messa in mora aveva assolto “allo scopo legale,
accertata la sola necessità di individuazione del sinistro e
delle parti assicurate, potendo avvenire per

relationem

l’identificazione degli altri danneggiati”.
3.

– Per la cassazione di tale sentenza ricorre la

Fondiaria Assicurazioni S.p.A. sulla base di un solo motivo.
Resiste con controricorso la Società Reale Mutua
Assicurazioni.
Non hanno svolto attività difensiva gli intimati Lucia
Menale, Vittoria Mauro, Virginia Mauro e Vittorio Pisacane.
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Fondiaria Assicurazioni S.p.A. veniva rigettato dalla Corte

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Con l’unico motivo è denunciata violazione e/o
falsa applicazione dell’art. 22 della legge n. 990 del 1969,
nonché “omessa insufficiente o contraddittoria motivazione
circa i punti decisivi della controversia … in relazione alle
domande proposte dalle sig.re Mauro Vittoria e Mauro
Virginia”.

avrebbero assolto all’onere imposto dal citato art. 22, posto
che la lettera pervenuta ad esso assicuratore lo costituiva
“formalmente in mora solo ed unicamente” in riferimento
all’ulteriore attrice Lucia Menale, posto che in essa si
invitava al risarcimento per i danni patiti dalla Menale e
“dalle trasportate”, delle quali “non era dato trarre
elementi di identificazione”. Avrebbe, dunque, errato la
Corte territoriale nel ritenere assolto, “per

relationem”,

l’onere di cui all’art. 22 della legge n. 990 del 1969 anche
per le “trasportate”, là dove la missiva giunta
all’assicuratore non era “assistita da elementi tali da poter
costituire valida costituzione in mora anche per le sigg.re
Mauro Vittoria e Mauro Virginia”, sicché l’assicuratore non è
stato posto in grado, nello apatium deliberandi

di legge, di

poter valutare i danni subiti dalle predette e di poter così
effettuare una valida offerta risarcitoria.
Viene in conclusione formulato il seguente quesito ai
sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ.: “accerti la Corte se
vi è stata violazione dell’art. 22 L. 990/69 da parte delle
sigg.re Mauro Vittoria e Mauro Virginia ed enunci il
principio di diritto ai sensi dell’ art. 363 c.p.c.
nell’interesse della legge”.
2.- Il ricorso è inammissibile, in quanto – in linea
pregiudiziale ed assorbente – il motivo con esso proposto non
è confezionato in modo conforme alle prescrizioni di cui
all’art. 366-bis cod. proc. civ., che è pienamente operante
ratione temporis

nella fattispecie, posto che la sentenza
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La ricorrente sostiene che le anzidette attrici non

impugnata è stata pubblicata il 17 dicembre 2007 e, dunque,
nella vigenza della disciplina dettata dalla predetta
disposizione processuale. Infatti, il citato art. 366-bis ha
iniziato ad esplicare i propri effetti in relazione alle
sentenze pubblicate a decorrere dal 2 marzo 2006, data di
entrata in vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che l’ha
introdotto, e ha cessato di essere applicabile soltanto a

opera dell’art. 47 della legge 18 giugno 2009, n. 69.
2.1. – Occorre premettere che, ove i motivi si
articolino in plurime ed autonome censure di vizi diversi, si
richiede l’enucleazione di distinti quesiti, ciascuno
congruente rispetto alla dedotta doglianza, così da
soddisfare l’esigenza di chiarezza e specificità, e dunque di
pertinenza al decisum,

che deve guidare la formulazione dei

quesiti ex art. 366-bis cod. proc. civ. (in tale prospettiva,
Cass., sez. un., 9 marzo 2009, n. 5624; Cass., sez. un., 31
marzo 2009, n. 7770; Cass., 12 settembre 2012, n. 15242). Con
la conseguenza che, “ove il quesito o i quesiti formulati
rispecchino solo parzialmente le censure proposte, devono
qualificarsi come ammissibili solo quelle che abbiano trovato
idoneo riscontro nel quesito o nei quesiti prospettati,
dovendo la decisione della Corte di cassazione essere
limitata all’oggetto del quesito o dei quesiti idoneamente
formulati, rispetto ai quali il motivo costituisce
l’illustrazione” (così la citata Cass., sez. un., n. 5624 del
2009).
2.2. – Deve, anzitutto, rilevarsi che – come è reso
palese dalla trascrizione del quesito che precede, in cui si
assume unicamente la violazione di norme di diritto e,
segnatamente, dell’art. 22 della legge n. 990 del 1969 – la
censura che intenderebbe veicolare un vizio di motivazione,
ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.,
non risulta comunque assistita dal quesito c.d. “di fatto” (o
altrimenti detto di “sintesi”), il quale – sulla scorta di un
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decorrere dal 4 luglio 2009 e cioè dalla sua abrogazione ad

ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale (tra le altre,
Cass., sez. un., l ° ottobre 2007, n. 20603; Cass., 30
dicembre 2009, n. 27680; Cass., 18 novembre 2011, n. 24255;
Cass., 8 marzo 2013, n. 5858) – è volto ad indicare
chiaramente, in modo sintetico, evidente ed autonomo, il
fatto controverso rispetto al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria, così come le ragioni per le quali

a giustificare la decisione, a tal fine necessitando,
segnatamente, la enucleazione conclusiva e riassuntiva di uno
specifico passaggio espositivo del ricorso nel quale tutto
ciò risalti in modo in equivoco, tale da rendere
intelligibili le censure a prescindere dalla lettura
dell’intero motivo.
2.3. – Quanto, poi, alla doglianza di un

error in

iudlcando, veicolata ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.
3, cod. proc. civ., giova rammentare che il “diritto vivente”
(tra le tante, più di recente, Cass., 25 marzo 2009, n. 7197
e Cass., 8 novembre 2010, n. 22704) ha evidenziato che il
quesito di diritto imposto dall’art. 366-bis cod. proc. civ.
va formulato in modo tale da esplicitare una sintesi logicogiuridica della questione, così da consentire al giudice di
legittimità di enunciare una

regula iuris

suscettibile di

ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a
quello deciso dalla sentenza impugnata. In altri termini,
esso deve compendiare- a) la riassuntiva esposizione degli
elementi di fatto sottoposti al giudice di merito (siccome da
questi ritenuti per veri, altrimenti mancando la critica di
pertinenza alla ratio decidendi della sentenza impugnata); b)
la sintetica indicazione della regola di diritto applicata
dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad
avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di
specie. Sicché, il quesito non deve risolversi in
un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di
qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua
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la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea

riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non
consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel
senso voluto dal ricorrente, non potendosi altresì desumere
il quesito stesso dal contenuto del motivo o integrare il
primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del
suddetto articolo (tra le altre, Cass., sez. un., 11 marzo
2008, n. 6420). Ciò in quanto il quesito di diritto,

del processo di legittimità, risponde, al tempo stesso,
all’esigenza dello ius

litigatoris – e

cioè di soddisfare

l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite
diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata – e
della funzione nomofilattica assegnata alla Corte di
Cassazione, così da rappresentare, quindi, il punto di
congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e
l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando
altrimenti inadeguata, e quindi non ammissibile,
l’investitura stessa del giudice di legittimità (così Cass.,
9 maggio 2008, n. 11535).
2.4. – Nulla di tutto ciò è apprezzabile nel quesito di
diritto formulato dalla ricorrente (sopra trascritto) il
quale si concentra sulla mera postulazione di una violazione
dell’art. 22 della legge n. 990 del 1969, astraendosi così
dalla fattispecie concreta oggetto di cognizione, per nulla
indicata, e prescindendo dalla ratio decidendi effettivamente
seguita dal giudice del merito, anch’essa del tutto
pretermessa nella sua specifica portata.
Del resto, l’inidoneità della formulazione del quesito
di diritto appare il riflesso di una modulazione del
rispettivo motivo con cui si intende, piuttosto, far
risaltare le presunte aporie motivazionali della sentenza
impugnata nella valutazione, ad essa riservata, dei contenuti
della missiva inviata all’assicuratore della responsabilità
civile ai sensi dell’art. 22 della legge n. 990 del 1969, ma

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congegnato in una prospettiva volta a riaffermare la cultura

senza tuttavia concludersi, come già evidenziato, con la
formulazione del congruente quesito “di fatto”.
3. – All’inammissibilità del ricorso segue la condanna
della società assicuratrice ricorrente, in quanto
soccombente, al pagamento in favore della parte
controricorrente delle spese del presente giudizio di
legittimità, liquidate come in dispositivo; nulla è al
riguardo da disporsi nei confronti degli intimati che non

PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte
ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di
legittimità, che liquida, in favore della società
controricorrente, in complessivi euro 6.500,00, di cui euro
200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in
data 12 novembre 2013.
Il Consigliere

ensore

Il Presidente

CORTESUPREMANCASSCONE
Si attesta la registrazione presso

hanno svolto attività difensiva.

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