Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28603 del 20/12/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 28603 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: BLASUTTO DANIELA

Data pubblicazione: 20/12/2013

ORDINANZA
sul ricorso 11668-2012 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA 97103880585, – società con socio unico – in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
V.LE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO
LUIGI, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del
ricorso;

– ricorrente contro
ATTANASIO GIOVANNI PALMIRO;

– intimato avverso la sentenza n. 303/2011 della CORTE D’APPELLO di
CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA di SASSARI del 20/04/2011,
depositata 11 06/05/2011;

;Ps

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. DANIELA BLASUTTO;
è presente il P.G. in persona del Dott. MARIO FRESA.
FATTO E DIRITTO
La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito

La prima questione posta col ricorso (primo motivo) delle Poste
Italiane, notificato in data 5-11 maggio 2012 (in ordine al quale
l’intimato non ha svolto difese in questa sede), avverso la sentenza del
6 maggio 2011 della Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di
Sassari, è se il contratto a tempo determinato stipulato dal 1° marzo al
31 maggio 2000 con Giovanni Palmiro Attanasio, ai sensi dell’accordo
25 settembre 1997 integrativo del C.C.N.L. 26 novembre 1994, “per
esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e
rimodulazione degli assetti occupazionali in corso…” e dichiarato
nullo dalla sentenza (in riforma della decisione di primo grado), con
conseguente conversione a tempo indeterminato del rapporto e con la
condanna della società al risarcimento dei danni nella misura di tre
mensilità della retribuzione (facendo applicazione dell’art. 32, commi
5-7 della legge n. 183 del 2010), sia da ritenere risolto per mutuo
consenso, questione che sarebbe stata erroneamente ritenuta infondata
dalla Corte territoriale, in violazione degli artt. 1372, primo comma,
1175, 1375, 2697, 1427, 1431 c.c. e 100 c.p.c..
In proposito, richiamati i principi ripetutamente ed esaustivamente
affermati da questa Corte, secondo cui: a) in via di principio è
ipotizzabile una risoluzione del rapporto di lavoro per fatti concludenti
(cfr., ad es., Cass. 6 luglio 2007 n. 15264, 7 maggio 2009 n. 10526); b)
l’onere di provare circostanze significative al riguardo grava sul datore
di lavoro che deduce la risoluzione per mutuo consenso (cfr. ad es.
Ric. 2012 n. 11668 sez. ML – ud. 17-10-2013
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di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio.

Cass. 2 dicembre 2002 n. 17070 e 2 dicembre 2000 n. 15403); c) la
relativa valutazione da parte del giudice costituisce giudizio di merito;
d) la mera inerzia del lavoratore nel contestare la clausola appositiva
del termine, così come la ricerca medio tempore di una occupazione, non
sono sufficienti a far ritenere intervenuta la risoluzione per mutuo

applicazione di essi, con giudizio ispirato a valutazioni di tipicità
sociale.
La seconda questione posta col ricorso principale (2° e 3° motivo)
investe la valutazione di illegittimità e quindi la dichiarazione di nullità
del termine apposto al contratto di lavoro subordinato intercorso tra le
parti: in proposito la ricorrente sostiene che la Corte territoriale
avrebbe, con la sua immotivata decisione, violato gli artt. 23 della L. n.
56/’87, 8 C.C.N.L. 26.11.94, e degli accordi sindacali 25.9.97,
16.1.1998, 27.4.1998, 2.7.98, 24.5.99 e 18.1.01, in connessione con gli
artt. 1362 e ss. c.c..
Anche tali censure sono manifestamente infondate.
Va infatti qui ribadita la consolidata giurisprudenza di questa Corte
(cfr., per tutte, Cass. 14 febbraio 2004 n. 2866 e 20 marzo 2009 n.
6913), formatasi in ordine all’esame di fattispecie analoghe alla
presente, coinvolgenti l’interpretazione delle norme contrattuali
collettive indicate, la quale ha ripetutamente confermato le decisioni
dei giudici di merito che hanno dichiarato illegittimo il termine apposto
dopo il 30 aprile 1998 a contratti di lavoro stipulati, in base alla
previsione delle “esigenze eccezionali” di cui all’accordo integrativo del
25 settembre 1997, ritenendo che i contraenti collettivi, esercitando i
poteri loro attribuiti dall’art. 23 della legge n. 56/1987, abbiano
convenuto di limitare il riconoscimento della sussistenza della
situazione indicata per far fronte alla quale l’impresa poteva
Ric. 2012 n. 11668 sez. ML – ud. 17-10-2013
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consenso; deve ritenersi che la Corte di merito abbia fatto corretta

legittimamente procedere ad assunzioni di personale con contratto a
tempo determinato unicamente fino al 30 aprile 1998, con la
conseguente illegittimità dei contratti stipulati successivamente a tale
data.
Da tali conclusioni della giurisprudenza non vi è ora ragione di

sono sorrette da argomenti ripetutamente scrutinati da questa Corte
nelle molteplici occasioni ricordate e non appaiono comunque
talmente evidenti e gravi da esonerare la Corte dal dovere di fedeltà ai
propri precedenti, sul quale si fonda per larga parte l’assolvimento della
funzione ad essa affidata di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme
interpretazione della legge.
Il ricorso va dunque respinto. Nulla va disposto quanto alle spese del
presente giudizio, essendo Attanasio Giovanni Palmiro rimasto
intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso exeumptesa le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 ottobre 2013
1>

4

Il Presidente

discostarsi, in quanto le opposte valutazioni sviluppate nel ricorso

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