Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28601 del 15/12/2020

Cassazione civile sez. II, 15/12/2020, (ud. 16/09/2020, dep. 15/12/2020), n.28601

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 20275/2016 R.G. proposto da:

TERME SAN GERMANO RIVIERA DEL CONERO s.r.l., c.f. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, alla via G. Bazzoni, n. 1, presso lo studio

dell’avvocato Corrado Zucconi Galli Fonseca, che la rappresenta e

difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.A., c.f. (OMISSIS), rappresentato e difeso in virtù di

procura speciale in calce al controricorso dall’avvocato Antonio

Vincenzo Lalli, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via XX

Settembre, n. 1, presso lo studio dell’avvocato Paolo Vitali;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

e

F.M., c.f. (OMISSIS), rappresentato e difeso in virtù

di procura speciale in calce al controricorso dall’avvocato Giovanni

Rizzi, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Pomponio Leto,

n. 2, presso lo studio dell’avvocato Emanuele Sciarretta;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 281/2016 della Corte d’Appello di Ancona;

udita la relazione nella Camera di consiglio del 16 settembre 2020

del Consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Il presidente del Tribunale di Ancona, con decreto n. 449 del 17.12.1997, ingiungeva alla “Terme San Germano Riviera del Conero” s.r.l. di pagare al ricorrente, C.A., la somma di lire 172.500.000, oltre interessi e spese di procedura.

2. Con atto di citazione notificato ad C.A. e a F.M. la “Terme San Germano Riviera del Conero” s.r.l. proponeva opposizione.

Deduceva che gli assegni e le cambiali sulla cui scorta era stata pronunciata l’ingiunzione, erano stati emessi in favore di C.A. da F.M., membro del consiglio di amministrazione di essa opponente, in assenza di poteri, “a garanzia” della restituzione di un finanziamento di cui non vi era traccia alcuna nella contabilità di essa opponente.

Deduceva segnatamente che F.M. era stato, sì, investito dei poteri di ordinaria amministrazione nell’ambito delle previsioni di spesa, dei progetti e dei programmi previamente approvati dal consiglio di amministrazione e nondimeno, in virtù delle delibere del consiglio di amministrazione datate 6.12.1993 e 30.9.1994, il medesimo consigliere di amministrazione era abilitato a reperire fondi unicamente a breve termine, attraverso il sistema bancario e non già da privati, con divieto di prestazione di qualsivoglia tipo di garanzia.

Deduceva che C.A. era perfettamente a conoscenza dei limiti tutti imposti al potere rappresentativo di cui F.M. era stato investito, sicchè C.A. aveva scientemente agito in danno di essa opponente.

Instava per la revoca dell’ingiunzione.

3. Resisteva C.A..

4. Resisteva F.M..

5. All’esito dell’istruzione probatoria il Tribunale di Ancona, con sentenza n. 1253/2008, accoglieva l’opposizione, revocava l’ingiunzione e condannava gli opposti alle spese di lite.

6. Proponeva appello C.A..

Resisteva la “Terme San Germano Riviera del Conero” s.r.l..

Si costituiva F.M..

7. Con sentenza n. 281/2016 la Corte d’Appello di Ancona accoglieva il gravame ed, in riforma dell’appellata sentenza, rigettava l’opposizione esperita in prime cure, confermava l’ingiunzione e compensava integralmente le spese del doppio grado.

Esplicitava la corte che gli assegni e le cambiali poste a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo erano senz’altro riferibili alla “Terme San Germano Riviera del Conero”; che i testi V. e L. avevano dichiarato che C.A. vantava un credito di Lire 250.000.000 nei confronti della “Terme San Germano Riviera del Conero”; che il teste L. aveva dichiarato altresì che gli assegni erano stati emessi a copertura del finanziamento.

Esplicitava quindi che al cospetto di siffatte risultanze istruttorie doveva reputarsi raggiunta la prova, non svilita dalla documentazione contabile della s.r.l. appellata, del credito di cui all’ingiunzione di pagamento.

8. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la “Terme San Germano Riviera del Conero” s.r.l.; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni ulteriore statuizione.

C.A. ha depositato controricorso contenente ricorso incidentale articolato in un unico motivo; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso ed accogliersi il ricorso incidentale con ogni susseguente statuizione e con il favore delle spese del giudizio di legittimità.

F.M. del pari ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese del giudizio di legittimità.

9. La ricorrente principale ha depositato memoria.

10. Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia l’omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti; l’illogicità manifesta; la violazione o falsa applicazione dell’art. 2384 c.c., comma 2.

Deduce che la corte di merito non ha esaminato nè valutato la Delib. consiglio di amministrazione datata 6 dicembre 1993, con cui si faceva divieto a F.M. di richiedere finanziamenti a medio ed a lungo termine e di prestare qualsivoglia tipo di garanzia.

Deduce che è innegabile che i titoli di credito posti a fondamento del ricorso monitorio sono stati da F.M. rilasciati ad C.A. a garanzia della restituzione delle somme che il C. ha corrisposto al F.; che tanto si desume dalla contestualità delle due operazioni e dalle dichiarazioni rese dal F. e dal C..

Deduce che il C. era in possesso della Delib. consiglio di amministrazione in data 6 dicembre 1993, sicchè era ben consapevole che non avrebbe potuto accettare dal F. titoli rilasciati in garanzia; che il C. ha prodotto in giudizio la Delib. Consiglio di amministrazione in data 30 settembre 1994, sicchè parimenti era ben consapevole che il F. non avrebbe potuto reperire fondi da soggetti privati.

Deduce quindi che C.A. ha agito intenzionalmente in danno di essa ricorrente.

11. Con il secondo motivo la ricorrente principale denuncia l’omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti; la violazione o falsa applicazione dell’art. 2384 c.c., comma 2.

Deduce che la corte distrettuale non hai esaminato nè valutato le dichiarazioni rese da C.A. e da F.M..

Deduce in particolare che costoro hanno dichiarato che la restituzione del prestito poteva avvenire anche mediante cessione di quote future ed eventuali, sicchè il finanziamento era da reputare senza dubbio a medio – lungo termine.

Deduce dunque che il C., ben consapevole del divieto imposto al F. di contrarre finanziamenti a medio – lungo termine, era da considerare in mala fede pur sotto tale profilo.

Deduce ulteriormente che se alla restituzione del prestito il F. poteva attendere con le sue quote, tanto conferma che il prestito era stato erogato a lui personalmente non già ad essa società ricorrente.

12. Con il terzo motivo la ricorrente principale denuncia l’omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti; l’illogicità manifesta; la violazione dell’art. 2721 c.c..

Deduce che ha errato la corte territoriale a negare valenza alla circostanza per cui del preteso prestito non vi è traccia nella propria contabilità; che d’altronde al proprio collegio sindacale non sarebbe sfuggito il versamento nelle casse sociali dell’importo di Lire 184.250.000.

Deduce che la corte territoriale non ha provveduto a confrontare le dichiarazioni rese dai testi escussi con le ulteriori risultanze istruttorie.

13. Con l’unico motivo il ricorrente incidentale, C.A., denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1 e art. 92 c.p.c..

Deduce che l’integrale compensazione delle spese di ambedue i gradi di giudizio è illegittima e del tutto immotivata; che la corte avrebbe dovuto disciplinare le spese di lite alla stregua della regola della soccombenza.

14. La sostanziale identità delle argomentazioni e dei rilievi che la delibazione dei motivi tutti del ricorso principale sollecita e postula, ne giustifica appieno la disamina contestuale.

I medesimi motivi comunque sono senz’altro da respingere.

15. Si premette che i mezzi tutti dell’impugnazione principale sono da qualificare in via esclusiva in rapporto alla prefigurazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Invero con gli esperiti motivi la “Terme San Germano Riviera del Conero” s.r.l. censura sostanzialmente il giudizio “di fatto” sulla cui scorta la Corte di Ancona ha disconosciuto che F.M., suo consigliere di amministrazione, ed C.A., terzo, avessero agito intenzionalmente in danno di essa ricorrente principale e quindi ha riconosciuto che l’erogazione finanziaria riflessa nella pretesa creditoria di cui all’iniziale ingiunzione fosse stata operata a vantaggio della società ricorrente.

Tanto, evidentemente, in rapporto alla salvezza prefigurata nell’inciso finale dell’art. 2384 c.c., comma 2 (nella formulazione antecedente alla “riforma” societaria, formulazione applicabile nella fattispecie ratione temporis e destinata a riverberarsi sul terreno della s.r.l. in virtù del rinvio di cui all’abrogato art. 2487 c.c., comma 2), costituente eccezione alla regola dell’inopponibilità ai terzi dei limiti convenzionali, pur se pubblicati, al potere degli amministratori investiti della rappresentanza della società (cfr. Cass. 5.6.1985, n. 3360, secondo cui l’art. 2384 c.c. (nel testo fissato dal D.P.R. 29 dicembre 1969, n. 1127, art. 5) trova applicazione, quale disposizione speciale in materia societaria, anche con riguardo alle obbligazioni cambiarie, e, quindi, configura una deroga al R.D. 14 dicembre 1933, n. 1669, art. 12, comma 2, ove dispone che il potere di obbligarsi cambiariamente in nome e per conto dell’imprenditore commerciale, spettante in via presuntiva al rappresentante dell’imprenditore stesso, resta escluso quando vi sia una contraria previsione pubblicata ai sensi dell’art. 2206 c.c.; cosicchè, nel caso di avallo di una cambiale da parte dell’amministratore delegato di una società per azioni, la circostanza che detto amministratore delegato sia munito del potere di rappresentanza della società, in forza di deliberazione del consiglio di amministrazione, è di per sè sufficiente a determinare l’obbligazione cambiaria della società stessa, in applicazione del citato art. 2384 c.c., ed indipendentemente dal fatto che per il relativo atto il medesimo consiglio abbia posto limitazioni al potere di rappresentanza (quale quella della necessità di una firma congiunta), con la sola eccezione della dimostrazione di cui all’inciso finale dell’art. 2384 c.c., comma 2).

Tanto, evidentemente, nel quadro dell’insegnamento di questa Corte secondo cui, ai fini dell’opponibilità al terzo contraente delle limitazioni dei poteri di rappresentanza degli organi di società di capitali, l’art. 2384 c.c., comma 2, nel testo novellato dal D.P.R. 29 dicembre 1969, n. 1127, art. 5, richiede non già la mera conoscenza della esistenza di tali limitazioni da parte del terzo, ma altresì la sussistenza di un accordo fraudolento, o, quanto meno, la consapevolezza di una stipulazione potenzialmente generatrice di danno per la società (cfr. Cass. 8.11.2000, n. 14509).

Del resto è propriamente il motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054).

Cosicchè il riscontro “in fatto” postulato dalla salvezza finale dell’abrogato art. 2384 c.c., comma 2 (e dell’attuale art. 2475 bis c.c., comma 2) non può che risultar censurabile in sede di legittimità sub specie di omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

16. Nella proiezione testè delineata i presunti vizi motivazionali veicolati dai mezzi de quibus, oltre che nel segno della novella formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, rilevano, se del caso, nei limiti di cui alla pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.

17. Su tale scorta si rappresenta quanto segue.

Da un canto, nessuna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla stregua della pronuncia delle sezioni unite testè menzionata – e tra le quali non è annoverabile il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione – si scorge in relazione alle motivazioni cui la corte marchigiana ha ancorato il suo dictum.

Più esattamente, con riferimento al paradigma della motivazione “apparente” – che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – la corte distrettuale, siccome si è premesso, ha, in parte qua agitur, compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.

D’altro canto, la corte territoriale ha sicuramente disaminato il fatto caratterizzante, in parte qua agitur, la res litigiosa, id est l’assunto secondo cui il C. ed il F. avessero concertato fraudolentemente in danno della società principale ricorrente.

18. Sotto altro profilo va imprescindibilmente rimarcato che la Corte di Ancona ha altresì specificato che dal comportamento tenuto dal nuovo amministratore della “Terme San Germano Riviera del Conero” in occasione delle trattative per la vendita delle terme ed, in particolare, dall’invito rivolto all’acquirente di corrispondere parte del corrispettivo direttamente ad C.A. si desumeva la ratifica dell’operato del precedente amministratore.

Ebbene nessuno dei motivi dell’esperito ricorso principale attinge il surriferito passaggio motivazionale, passaggio che in verità ha valenza di un’autonoma ratio decidendi.

Sicchè sovviene l’insegnamento di questa Corte secondo cui, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali “rationes decidendi” (cfr. Cass. sez. lav. 4.3.2016, n. 4292; cfr. Cass. 11.1.2007, n. 389).

19. In ogni caso l’iter motivazionale che sorregge (per quel che rileva in questa sede) il dictum della corte d’appello risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo ed esaustivo sul piano logico – formale.

20. Va in primo luogo evidenziato che la corte di merito ha in premessa puntualizzato che la disponibilità, da parte di C.A., della Delibera facente divieto a F.M. di reperire finanziamenti tra soggetti privati, non costituiva circostanza univocamente idonea a dar ragione della consapevolezza, da parte dello stesso C., di tale limite in epoca antecedente.

Il che è ineccepibile: se è vero, come è vero, che nella prova per presunzioni, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c., non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta necessità causale (cfr. Cass. 5.7.1990, n. 7084), è tuttavia imprescindibile che gli elementi presuntivi siano senz’altro idonei a consentire illazioni che ne discendano secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit (cfr. Cass. 27.8.1999, n. 9015).

21. Va in secondo luogo evidenziato che l’ammissione della prova testimoniale oltre i limiti di valore stabiliti dall’art. 2721 c.c., costituisce un potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio è insindacabile in sede di legittimità ove sia correttamente motivato (cfr. Cass. 22.7.2004, n. 13621; Cass. 22.5.2007, n. 11889; Cass. 21.2.1986, n. 1050).

In questi termini è del tutto generico il rilievo tout court della ricorrente principale secondo cui, in considerazione del valore del prestito, la prova testimoniale sarebbe stata inammissibile ai sensi dell’art. 2721 c.c. (cfr. ricorso principale, pag. 10).

22. Va in terzo luogo evidenziato che in assenza di precipui oneri di forma scritta ad substantiam ovvero ad probationem a nulla vale addurre – del tutto genericamente – che del preteso prestito non vi è stata stipulazione scritta (cfr. ricorso principale, pag. 10).

23. Va in quarto luogo evidenziato che la ricorrente principale in fondo si duole per l’omessa ed erronea valutazione delle risultanze istruttorie (” C. aveva conoscenza di quei documenti, come si ricava dalle produzioni da lui stesso effettuate (…)”: così memoria della ricorrente principale, pag. 1; “(…) omettendo di esaminare in particolare i documenti e le circostanze che provano che il C. sapeva (…)”: così memoria della ricorrente principale, pag. 3; “la prova della conoscenza da parte di C. (…) si ricava da tutte le stranezze sopra descritte”: così memoria della ricorrente principale, pag. 6).

E nondimeno il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).

24. Il ricorso incidentale del pari è da respingere.

25. Va puntualizzato, da un lato, che la compensazione delle spese del doppio grado è stata ancorata dalla corte di merito alla complessità, in diritto ed in fatto, della vicenda contenziosa de qua.

Va ribadito, dall’altro, che il giudizio ha avuto inizio in prime cure nel 1997.

26. Su tale scorta è sufficiente il riferimento all’insegnamento di questa Corte correlato al disposto dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nella formulazione antecedente alla novella di cui alla L. n. 263 del 2005.

Ovvero all’insegnamento secondo cui in tema di spese processuali la valutazione dell’opportunità della compensazione totale o parziale delle stesse, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia in quella della ricorrenza di altri giusti motivi, rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito e non richiede specifica motivazione; con la conseguenza che tale valutazione, quale espressione di un potere discrezionale attribuito dalla legge, è incensurabile in sede di legittimità, salvo che non risulti violato il principio secondo cui le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa (il che evidentemente non è nel caso di specie) ovvero che la decisione del giudice di merito di compensare le spese sia accompagnata dalla indicazione di ragioni palesemente illogiche e tali da inficiare, per la loro inconsistenza o palese erroneità, lo stesso processo formativo della volontà decisionale espressa sul punto (il che parimenti non è nel caso di specie) (cfr. Cass. sez. lav. 14.3.1995, n. 2949; Cass. sez. lav. 27.3.2009, n. 7523).

27. Il rigetto e del ricorso principale e del ricorso incidentale, ovvero la reciproca soccombenza, giustifica l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità nel rapporto processuale tra la “Terme San Germano Riviera del Conero” s.r.l., da un lato, e C.A., dall’altro.

In dipendenza del rigetto del ricorso la s.r.l. ricorrente principale va condannata a rimborsare al controricorrente F.M. le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.

28. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, sia da parte della ricorrente principale, sia da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; compensa integralmente le spese del presente giudizio di legittimità nel rapporto processuale tra la “Terme San Germano Riviera del Conero” s.r.l., da un lato, e C.A., dall’altro; condanna la ricorrente principale, “Terme San Germano Riviera del Conero” s.r.l., a rimborsare al controricorrente, F.M., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 5.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, sia da parte della ricorrente principale sia da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020

 

 

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