Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2860 del 05/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 05/02/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 05/02/2021), n.2860

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3427-2019 proposto da:

G.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F.

CONFALONIERI n. 5, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA

CALDERARA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

LUIGI FERDINANDO BERARDI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1543/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’EMILIA ROMAGNA, depositata il 18/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE

CAPOZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che il contribuente G.P. propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR dell’Emilia Romagna, di rigetto dell’appello da lui proposto avverso una sentenza della CTP di Bologna, che aveva respinto il suo ricorso avverso una cartella di pagamento d’importo complessivo di Euro 710.272,31, emessa per essere egli decaduto dal beneficio del pagamento rateale delle somme dovute per alcuni avvisi di accertamento emessi per gli anni 2006, 2007, 2008 e 2009 e definiti per adesione.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a tre motivi;

che, con il primo motivo di ricorso, il contribuente lamenta nullità della sentenza impugnata per motivazione superficiale, apodittica ed apparente, in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dell’art. 118 disp. att. c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1 comma 2 e art. 36, comma 2, n. 4, in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 7, comma 1, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 4, commi 2, 3 e 17, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1 e dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; invero la cartella di pagamento impugnata era riferita ad avvisi di accertamento ed atti di adesione nulli, inefficaci ed improduttivi di effetti per difetto di sottoscrizione e difetto di delega; in particolare i prodromici avvisi di accertamento emessi per il 2006, 2007, 2008 e 2009 erano nulli, siccome non sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato; per lo stesso motivo erano nulli sia gli atti di adesione emessi, sia la cartella di pagamento emessa sulla base degli anzidetti avvisi di accertamento; in particolare la delega rilasciata al funzionario che aveva sottoscritto detti avvisi non conteneva le specifiche e comprovate ragioni di servizio, in vista delle quali era stata disposta la delega; non conteneva l’indicazione del tempo per cui la delega era stata conferita; non conteneva il nominativo del delegante e del delegato; e la sentenza impugnata era sul punto priva di motivazione, essendosi limitata a dichiarare inammissibili i propri motivi di appello, stante la definitività degli atti d’imposizione e di definizione dell’accertamento;

che, con il secondo motivo di ricorso, il contribuente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, commi 2 e 4, art. 18, comma 2, lett. d) e art. 19, comma 1, lett. e), del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, comma 4, per omessa pronuncia su di un punto decisivo della controversia, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 2 e dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto anche la pretesa iscritta a ruolo e quindi la cartella di pagamento impugnata era nulla, siccome non sottoscritta dal titolare dell’ufficio o da un suo delegato; e su tale censura la CTR non si era pronunciata, essendosi essa pronunciata solo sulla mancata sottoscrizione della cartella di pagamento, mentre invece la sua censura era riferita alla mancata sottoscrizione del ruolo;

che, con il terzo motivo di ricorso, il contribuente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 1, comma 1 e art. 7, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 2, lett. e) e art. 53, comma 1 e dell’art. 1966 c.c., in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1 e dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto erroneamente la sentenza impugnata aveva affermato che la sottoscrizione degli atti di adesione da parte del contribuente li aveva resi definitivi e non più oppugnabili, unitamente agli accertamenti esperiti dall’Agenzia delle entrate;

al contrario sussisteva in ogni caso il diritto del contribuente ad ottenere una giusta ed equa imposizione, sì che il contribuente ben poteva in ogni momento contestare la legittimità e la fondatezza delle pretese erariali fatte valere nei suoi confronti; erroneamente poi la sentenza impugnata aveva ritenuto che nell’accertamento con adesione era ravvisabile un accordo transattivo, in quanto la pretesa tributaria era estranea alla sfera dell’autonomia negoziale, sì che l’adesione del contribuente alla definizione dell’accertamento non poteva sanare i vizi dell’attività dell’Agenzia delle entrate, con la conseguenza che era da ritenere nullo un concordato intervenuto su di un atto di imposizione nullo, in quanto non sottoscritto dal capo dell’ufficio o da un suo delegato;

che l’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso;

che il ricorrente ha altresì presentato memoria illustrativa;

che il primo motivo di ricorso proposto dal contribuente è manifestamente infondato;

che, invero, non sussiste il lamentato vizio di carenza di motivazione, avendo la sentenza impugnata adeguatamente motivato in ordine alla censura formulata dal ricorrente anche nella presente sede; la CTR ha invero rilevato come il contribuente aveva ricevuto quattro avvisi di accertamento riferiti alle annualità 2006, 2007, 2008 e 2009, per i quali era intervenuta definizione con adesione, con il pagamento della prima rata, ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 9; ora, ai sensi del D.Lgs. da ultimo citato, artt. 1, 2 e 3, l’atto di adesione, una volta perfezionatosi, produce l’effetto di rendere definitivi i precedenti accertamenti, rendendoli non più soggetti ad impugnazione, integrazione o modifiche, sì che nessuna censura poteva essere formulata dal contribuente in ordine alle omesse sottoscrizioni degli avvisi di accertamento anzidetti (cfr. Cass. n. 15401 del 2017; Cass. n. 8182 del 2018); che è manifestamente infondato anche il secondo motivo di ricorso proposto dal contribuente, in quanto non sussiste il lamentato vizio di sottoscrizione della cartella di pagamento impugnata; va innanzitutto rilevato che non è condivisibile la distinzione fatta dal ricorrente fra iscrizione a ruolo e cartella di pagamento, atteso che, nei confronti dei contribuenti, la cartella di pagamento è l’unica modalità con la quale l’ufficio rende conoscibile all’esterno l’iscrizione a ruolo di un tributo, sì che l’iscrizione a ruolo è da identificare con la stessa cartella di pagamento; in materia di sottoscrizione della cartelle di pagamento la giurisprudenza di legittimità è poi concorde nel ritenere che la mancanza di sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, qualora, come nel caso in esame, sia certa la riferibilità della cartella all’organo titolare del potere di emetterla; e del resto la cartella di pagamento viene predisposta secondo un modello approvato con decreto del Ministero competente; e tale modello non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione (cfr. Cass. n. 10258 del 2018; Cass. n. 12960 del 2017);

che è infine manifestamente infondato il terzo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente reitera in sostanza le censure già formulate con il primo motivo di ricorso; va al riguardo ulteriormente rilevato che, in caso di accertamento con adesione, qualora, come nel caso in esame, l’istanza di adesione abbia avuto esito favorevole, nel senso che il concordato abbia trovato positiva conclusione, l’accertamento così definito diventa intangibile tanto da parte del contribuente, che non può più impugnarlo, quanto da parte dell’ufficio, che non può più nè integrarlo, nè modificarlo, ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 2, salvo le eccezioni, non ricorrenti nel caso di specie, stabilite dal successivo comma 4; pertanto, una volta definito l’accertamento con adesione mediante la fissazione del quantum debeatur, al contribuente non resta che perfezionare l’accordo e versare quanto da esso risulta, essendo normativamente esclusa sia la possibilità di impugnare tale accordo, sia, a maggior ragione, la possibilità di impugnare l’atto impositivo oggetto della transazione; ed è da ritenere che gli atti impositivi (nella specie i quattro avvisi di accertamento, che hanno formato oggetto del concordato) conservino efficacia, ma solo a garanzia del fisco, finchè non sia stata perfezionata la procedura, ossia non sia stata interamente eseguita l’obbligazione scaturente dal concordato (cfr. Cass. n. 14533 del 2015; Cass. n. 20577 del 2019);

che, pertanto, il ricorso proposto dal contribuente va respinto, con sua condanna alle spese di giudizio, quantificate come in dispositivo;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del contribuente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, quantificate in complessivi Euro 15.000,00, oltre agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del contribuente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2021

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