Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28597 del 20/12/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 28597 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: BLASUTTO DANIELA

ORDINANZA
sul ricorso 15244-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI
ANTONIETTA, STUMPO VINCENZO, TRIOLO VINCENZO,
DE ROSE EMANUELE, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

TINELLA CATERINA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 3449/2010 della CORTE D’APPELLO di
’12.-

BARI del 3.6.2010, depositata

06/2010;

Data pubblicazione: 20/12/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. DANIELA BLASUTTO;
udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti che si riporta agli
scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO

FATTO E DIRITTO
Con ricorso al Tribunale di Bari, Caterina Tinella, operaia agricola a
tempo determinato, aveva convenuto in giudizio l’Inps chiedendo
venisse accertato il suo diritto alla differenza dell’indennità di
disoccupazione dell’anno 2003; la ricorrente – premesso che il
trattamento di disoccupazione le era stato corrisposto dall’Istituto sulla
base del salario medio convenzionale congelato all’anno 1995 sosteneva che il medesimo trattamento doveva essere invece calcolato,
ai sensi del D.Lgs. n. 146 del 1997, art. 4, sui minimi retributivi previsti
dalla contrattazione collettiva provinciale, con conseguente diritto alle
differenze tra quanto spettante e quanto percepito.
La domanda è stata respinta dal giudice di primo grado e accolta
dalla Corte d’appello di Bari con sentenza depositata il 5 giugno 2010.
Avverso detta sentenza l’Inps propone ricorso per cassazione — n
otificato in data 26-30 maggio 2011 -, con un unico motivo.
La parte intimata non si è difesa in questa sede.
Il procedimento è regolato dagli artt. 360 e segg. c.p.c. con le
modifiche e integrazioni successive, in particolare quelle apportate
dalla legge 18 giugno 2009 n. 69.
Con l’unico motivo l’Istituto ricorrente, lamentando violazione degli
artt. 46, 51 e 55 del CCNL per gli operai agricoli e florovivaisfi del
2002 in relazione all’art. 6, comma 4°, lettera a) del d.lgs. n. 314/97
nonché in relazione agli artt. 1362 e ss., 2120 cod. civ. ed all’ artt. 4
Ric. 2011 n. 15244 sez. ML – ud. 17-10-2013
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FRESA che si riporta alla relazione scritta.

commi 10 0 e 11 0 legge 297/82, censura la sentenza unicamente per
avere incluso nella retribuzione da prendere a base per la liquidazione
dell’indennità di disoccupazione, anche la voce denominata “quota di
TFR”, la quale invece non dovrebbe esserlo, per avere —
contrariamente a quanto affermato la Corte territoriale — effettiva

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito
di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio.
Il ricorso è manifestamente fondato.
In proposito, questa Corte ha ripetutamente enunciato, ad es. con la
sentenza n. 202/2011, con riferimento a fattispecie analoghe a quella in
esame, il seguente principio: “Confermandosi quanto già ritenuto dalla
precedente sentenza di questa Corte n. 10546/2007 per cui ai fini della
liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di
retribuzione – defulita dalla contrattazione collettiva provinciale, da
porre a confronto con il salario medio convenzionale ex art. 4 del
D.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 – non è comprensiva del trattamento di
fine rapporto, va ulteriormente affermato che, sulla base del suddetto
principio, la voce denominata “quota di TFR” dai contratti collettivi
vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della
indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà espressa
dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in forza della
disposizione di cui all’art. 3 D.L. 14 giugno 1996 n. 318 convertito in
legge 29 luglio 1996 n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali,
la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere
individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi.
Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto a
quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima
alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia collettiva.”
Ric. 2011 n. 15244 sez. ML – ud. 17-10-2013
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natura di retribuzione differita.

Recentemente il significato della norma di cui all’art. 4 del D. Lgs. n.
146 del 1997 individuato dalla giurisprudenza sopra citata è stato
esplicitato anche dal legislatore, che all’art. 18, comma 18° del D.L. n.
98 del 2011, convertito nella legge n. 111 dello stesso anno, ha
specificato che “L’art. 4 del D. Lgs. 16 aprile 1997 n. 146 e l’art. 1,

dalla legge 11 marzo 2006 n. 81, si interpretano nel senso che la
retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore
degli operai agricoli a tempo determinato non è comprensiva della
voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla
contrattazione collettiva”.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art.
384, secondo comma, c.p.c. può provvedersi nel merito e rigettarsi la
domanda.
Tenuto conto dei dubbi interpretativi che hanno riguardato le
questioni oggetto del presente giudizio, è giustificata la compensazione
delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo
nel merito, rigetta l’originaria domanda quanto all’inclusione del TFR
nella base di calcolo dell’indennità di disoccupazione; compensa le
spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 ottobre 2013
Il Presidente

comma 5° del D.L. 10 gennaio 2006 n. 2, convertito con modificazioni

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