Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2859 del 02/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 02/02/2017, (ud. 13/12/2016, dep.02/02/2017),  n. 2859

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 160/2016 proposto da:

A.M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA QUATTRO

FONTANE 10, presso lo studio dell’avvocato LUCIO GHIA, rappresentato

e difeso dall’avvocato NICOLA SACCONE, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MONVISO FINANCE SRL, in persona del suo procuratore

speciale,elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la

Corte Suprema di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato

FRANCESCO DAMIANO, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2296/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

emessa e depositata il 20/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che il consigliere relatore Dott. S.E. ha depositato in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.: ” A.M.R. propose opposizione tardiva innanzi al Tribunale di Napoli avverso il decreto con cui si ingiungeva a Pulitina s.a.s. di Z.S., nonchè a E.R. e A.M.R., di pagare la somma di Lire 35.617.653 in favore del Banco di Napoli, chiedendo preliminarmente l’inefficacia del decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 644 c.p.c., non essendo mai stato il medesimo notificato, ed in via gradata l’inesistenza del credito avendo l’opponente provveduto a revocare la fideiussione prestata in favore di Pulitina s.a.s., ed in via ulteriormente subordinata l’inefficacia della fideiussione ai sensi dell’art. 1956 c.c. e la nullità delle clausole sugli interessi. Espose la parte attrice di avere avuto notizia del decreto sulla base di atto di precetto dal quale risultava la notifica del medesimo decreto ai sensi dell’art. 140 c.p.c. e che il decreto ingiuntivo non le era mai stato notificato. Si costituì la parte opposta chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale adito dichiarò inammissibile l’opposizione. Avverso detta sentenza propose appello A.M.R.. Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello. Con sentenza di data 20 maggio 2015 la Corte d’appello di Napoli rigettò l’appello. Motivò la corte territoriale nel senso che, avendo l’appellante trasferito la propria residenza in altro comune in epoca antecedente la notifica del decreto, la notifica era invalida ma la A. non aveva provato la data in cui era venuta a conoscenza del decreto (e il nesso di causalità fra vizio della notifica e conoscenza tardiva). Precisò al riguardo la Corte che il coniuge E.R., dal quale l’appellante non era separata o divorziata, ed a cui il decreto era stato notificato nella stessa data, nello stesso luogo e secondo le stesse modalità, aveva proposto opposizione ordinaria, ragion per cui i coniugi, il cui rapporto non risultava interrotto, avevano conservato comunque un legame con l’indirizzo in questione. Aggiunse la Corte che in tal modo non si sostituiva il criterio della conoscenza legale con quello della conoscenza di fatto, ma si riconosceva che non c’era la prova del nesso di causalità fra irregolarità della notifica e tardiva conoscenza del decreto. Ha proposto ricorso per cassazione sulla base di nove motivi A.M.R. e resiste con controricorso la parte intimata.

Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 650 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che la A. aveva provato sia la mancata conoscenza del decreto ingiuntivo per un vizio della notifica sia la conoscenza dello stesso solo dal momento della notificazione del precetto, sicchè l’onere probatorio su di lei incombente era stato assolto. Il motivo è inammissibile in quanto verte sull’apprezzamento da parte del giudice di merito delle risultanze istruttorie che è profilo sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo del vizio motivazionale.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 116 e 650 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che erroneamente erano stati posti a carico dell’opponente ulteriori oneri probatori rispetto all’invalidità della notifica e alle modalità con cui ella era venuta a conoscenza del decreto perchè l’onere di fornire la prova circa la conoscenza prima della notifica del precetto incombeva sulla parte opposta e non sull’opponente (si sarebbe peraltro trattato della prova di un fatto negativo, e cioè la non conoscenza del decreto prima del precetto). Con il terzo motivo si denuncia violazione degli artt. 115, 116, 139, 140, 143, 643, 644 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Lamenta la ricorrente che la Corte d’appello aveva equiparato la conoscenza legale a quella di fatto. I motivi terzo e quarto sono manifestamente infondati, non avendo il giudice di merito posto a carico dell’opponente l’ulteriore onere di provare la conoscenza del decreto in epoca antecedente al decreto, nè tanto meno equiparato la conoscenza legale a quella di fatto, ma avendo egli solo ritenuto non provata la circostanza della conoscenza all’epoca di notifica del precetto attribuendo rilievo a quella della tempestiva opposizione da parte del coniuge cui l’ingiunzione di pagamento era stata notificata nella stessa data, nello stesso luogo e secondo le stesse modalità.

Con il quarto motivo si denuncia violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Espone la ricorrente di avere documentalmente dimostrato che i coniugi, a far tempo dal 4 novembre 1997, vivevano in località diverse, pur non risultando separati ovvero divorziati, e che la circostanza della residenza in città diverse, il cui esame era stato omesso dal giudice di appello, ove correttamente valutata si sarebbe rivelata decisiva.

Il motivo è inammissibile. Benchè nella rubrica del motivo risultino indicate norme di diritto violate, il riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, la conclusione del motivo e lo stesso contenuto della censura evidenziano che si tratta di denuncia di vizio motivazionale. La parte deve indicare il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui ne risulti l’esistenza, il come e il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, la decisività del fatto stesso (Cass. s.u. n. 19881 del 2014). Il fatto storico il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice di merito è quello della residenza separata dei coniugi. Per quanto concerne A.M.R. risulta indicata la risultanza istruttoria e la sede processuale della relativa produzione (certificato di residenza corrispondente al documento n. 3 della produzione di parte). In relazione al coniuge l’onere non risulta assolto, essendosi la parte limitata a far riferimento ad una certificazione in relazione alla quale non ha indicato se ed in quale sede processuale sia avvenuto l’ingresso nel processo. La ricorrente ha riferito di avere chiesto di provare a mezzo di testimoni che i coniugi non convivevano all’epoca della notifica del decreto ingiuntivo, ma il ricorso sul punto è carente di autosufficienza, non risultando indicata in modo specifico la sede processuale della relativa istanza. L’esigenza di autosufficienza è tanto più avvertita in quanto nella sommaria esposizione dei fatti di causa a pag. 11 del ricorso si precisa che al giudice di appello era stato chiesto di provare a mezzo di capitoli di prova testimoniale circostanze in ordine a E.R. diverse da quella della residenza nel luogo ove era stato notificato il decreto ingiuntivo.

Con il quinto motivo si denuncia violazione degli artt. 112 e 644 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Osserva la ricorrente che la Corte d’appello aveva omesso di pronunciare sulla domanda di inefficacia del decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 644 c.p.c., per inesistenza della notifica.

Il motivo è manifestamente infondato. Se un decreto ingiuntivo non è notificato, o la notifica di esso è giuridicamente inesistente, la parte contro la quale è stato emesso può, decorso il termine stabilito dall’art. 644 c.p.c., chiederne la declaratoria di inefficacia, ai sensi dell’art. 188 disp. att. c.p.c., o con la procedura prevista dai primi due commi, o con autonoma domanda in base all’u.c. (Cass. 10 ottobre 1997, n. 9872). La ricorrente ha proposto autonoma domanda d’inefficacia del decreto per decorso del termine previsto dall’art. 644, e rispetto a tale domanda si rileva effettivamente l’omessa pronuncia del giudice di merito. Deve tuttavia evidenziarsi che secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in caso di nullità della sentenza per omessa pronuncia, esigenze di economia processuale impongono di evitare la cassazione con rinvio quando la pretesa, sulla quale si riscontri mancare la pronuncia, avrebbe dovuto essere rigettata o potuto essere decisa nel merito, purchè senza necessità di ulteriori accertamenti in fatto (fra le tante, da ultimo, Cass. 8 ottobre 2014, n. 21257). Il ricorso per la dichiarazione d’inefficacia del c.p.c., è ammissibile soltanto con riguardo a decreti non notificati o la cui notifica sia giuridicamente inesistente, mentre se il decreto è stato notificato, ancorchè fuori termine, o la notifica sia affetta da nullità, l’unico rimedio esperibile è l’opposizione ai sensi dell’art. 645 c.p.c. (fra le tante Cass. 2 aprile 2010, n. 8126). Nella specie, come si è detto, è stata proposta autonoma domanda d’inefficacia per decorso del termine previsto dall’art. 644. La notifica, eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c., come esposto dalla medesima ricorrente, non è inesistente, ma nulla. L’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità; tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, “ex lege”, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa (Cass. s.u. 20 luglio 2016, n. 14916). Nel caso di specie, come si è detto, il compimento della notifica nelle forme di cui all’art. 140 c.p.c., impedisce di concludere nel senso dell’inesistenza.

Con il sesto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 1938 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4. Lamenta la ricorrente che il giudice di appello ha omesso di pronunciare sulla domanda avente ad oggetto l’intervenuto recesso dalla fideiussione. Con il settimo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 116 c.p.c. e art. 1956 c.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. Lamenta la ricorrente che il giudice di appello ha omesso di pronunciare sulla domanda avente ad oggetto l’inefficacia della fideiussione ai sensi dell’art. 1965 c.c.. Con l’ottavo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 116 c.p.c., L. n. 154 del 1992, D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 117 e art. 1283 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Lamenta la ricorrente che il giudice di appello ha omesso di pronunciare sulla domanda avente ad oggetto la nullità delle clausole relative agli interessi. I motivi sono manifestamente infondati, avendo il giudice di merito pronunciato sulla domanda dichiarando inammissibile l’opposizione tardiva al decreto ingiuntivo.

Con il nono motivo si denuncia violazione dell’art. 96 c.p.c. e del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Lamenta la ricorrente l’illegittimità della condanna al rimborso delle spese processuali ed al versamento ulteriore del contributo unificato. Il motivo è manifestamente infondato trovando i provvedimenti di cui al motivo il loro presupposto nella soccombenza”;

che sono seguite le rituali comunicazioni e notificazioni e che è stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che è intervenuta rituale rinuncia al ricorso;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, vanno regolate secondo la soccombenza virtuale e che il Collegio, ai fini della soccombenza virtuale, condivide la proposta di decisione contenuta nella relazione del consigliere relatore.

PQM

la Corte dichiara l’estinzione del processo e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese processuali che liquida in Euro 3.200,00 per compenso, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e oneri di legge.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2017

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