Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28589 del 08/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 08/11/2018, (ud. 06/06/2018, dep. 08/11/2018), n.28589

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17378-2013 proposto da:

RESAIS RISANAMENTO E SVIILUPPO ATTIVITA’ INDUSTRIALI SICILIANE

S.P.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MESSINA 30, presso lo studio dell’avvocato DOMENICA MARIA MANTI,

rappresentata e difesa dall’avvocato LORIS LUCA MANTIA, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

O.G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA TERESA PARRINO, giusta

delega in atti;

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso

dall’avvocato LUIGI CALIULO, unitamente agli avvocati ANTONINO

SGROI, SERGIO PREDEN;

– ASSESSORATO INDUSTRIA REGIONE SICILIA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 126/2013 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 04/04/2013, R.G.N. 694/2011;

Fatto

RILEVATO

CHE:

1 la Corte d’appello di Caltanissetta con sentenza del 4 aprile 2013 ha respinto l’appello proposto da R.E.S.A.I.S – Risanamento e Sviluppo Attività Industriali Siciliane s.p.a. avverso la sentenza di primo grado con la quale, rigettata la domanda nei confronti dell’INPS di condanna al pagamento del trattamento a prescindere dal versamento contributivo corrispondente e dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’Assessorato regionale all’industria della Sicilia, era stata accolta la domanda dell’attuale pensionato intimato, ex dipendente dell’Italkali s.p.a. e beneficiario di una indennità di prepensionamento ai sensi della L.R. siciliana n. 42 del 1975, art. 6 tesa ad ottenere l’accertamento dell’obbligo dell’Assessorato e della R.E.S.A.I.S. s.p.a., in solido, a versare all’INPS i contributi previdenziali sulla quota dell’indennità di prepensionamento incrementata a seguito della transazione stipulata con RESAIS s.p.a. il nove febbraio 2006, facendo seguito alli accordo regionale ed a quello integrativo rispettivamente del 5 novembre 1997 e dell’8 marzo 2000;

2. R.E.S.A.I.S. s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, fondato su sei motivi;

3. l’Assessorato industria della regione Sicilia, O.G.F. e l’INPS hanno resistito con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria da INPS e O..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

4. con i due primi motivi R.E.S.A.I.S. s.p.a. deduce falsa applicazione della L.R. siciliana n. 23 del 1991, art. 6 consistita nell’aver attribuito natura retributiva anzichè assistenziale all’indennità di prepensionamento percepita dal F., nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 2113 c.c., commi 1 e 4 e art. 2115 c.c. in relazione all’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui la contribuzione volontaria non avrebbe potuto formare oggetto di conciliazione innanzi all’ufficio provinciale del lavoro;

5. i quattro successivi motivi censurano la sentenza impugnata sotto i profili: a) del vizio di omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, giacchè viene ritenuta solo parziale e fuorviante l’interpretazione della clausola di rinunzia ad ulteriori pretese di cui al punto n. 7 del verbale di conciliazione; b) del vizio di violazione dell’art. 1362 c.c., derivante dall’aver interpretato erroneamente il significato della clausola n. 7; c) del vizio di motivazione derivante dall’aver dato rilevanza ai fini interpretativi all’anteriorità del verbale conciliativo relativo a contribuzione previdenziale rispetto alla data di entrata in vigore della L. n. 266 del 2005 di modifica del regime di calcolo della contribuzione ed alludendo ad altri verbali, estranei alla causa ed al materiale probatorio ivi contenuto; d) della falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. derivante dall’aver posto a fondamento della decisione prove diverse da quelle proposte dalle parti, con ciò violando pure l’art. 155 c.p.c. in tema di principio di disponibilità delle prove; e) erronea statuizione sulle spese;

6. i motivi, tutti connessi per l’unicità del tema e quindi da trattarsi in modo unitario, si concludono con la formulazione di quesiti non necessari posto che il ricorso è stato proposto avverso una sentenza pubblicata successivamente alla data del 4 luglio 2009, quindi non soggetto alla disciplina di cui all’art. 366 bis c.p.c. (L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5 e art. 47 che ha abrogato l’art. 366 bis c.p.c.);

7. il Collegio ritiene si debba rigettare ricorso;

8. come già affermato in numerose decisioni sulla medesima vicenda (v., fra le altre, Cass. 27 settembre 2017, n. 22614) la questione si inserisce nel più ampio contesto delle norme regionali siciliane (L.R. n. 42 del 1975, L.R. n. 23 del 1991, L.R. n. 8 del 1995, L.R. n. 5 del 1999) approntate per la tutela dei lavoratori nel settore minerario, dopo la soppressione dell’Ente minerario siciliano e di numerose società ad esso collegate, secondo le quali per i dipendenti in esubero in possesso di determinati requisiti di età o contributivi venne disposto il licenziamento con diritto alla corresponsione, fino al raggiungimento dell’età pensionabile, di un’indennità mensile per quattordici mensilità, pari all’80 per cento dell’ultima retribuzione percepita;

9. ai sensi della L.R. n. 42 del 1975, art. 4 rimasero “altresì a carico della regione gli oneri per l’assistenza sanitaria e per la contribuzione volontaria da parte degli interessati a fini pensionistici, nella misura massima consentita. La predetta indennità sarà rivalutata sulla base degli indici di contingenza riferiti alla misura dell’indennità stessa come sopra calcolata ovvero a meccanismi di adeguamento salariale al costo della vita che venissero stabiliti in sede nazionale in sostituzione di quelli vigenti”;

10. la stessa formulazione della norma cardine del peculiare sistema di tutela riconosciuto a questa categoria di lavoratori esprime in modo evidente che l’assunzione dell’obbligo contributivo da parte dell’Assessorato, a cui è oggi subentrata la Resais s.p.a. per effetto della L.R. n. 4 del 2003, si struttura come ulteriore e distinta obbligazione rispetto alla corresponsione dell’indennità di prepensionamento e che non si confonde in essa;

11. i profili dibattuti tra le parti e qui ancora rilevanti perchè posti a base dei motivi di ricorso sono essenzialmente due: a) l’inclusione nell’oggetto della transazione stipulata il primo febbraio 2005 del diritto ad ottenere la regolarizzazione contributiva sulla quota di adeguamento dell’indennità di prepensionamento percepita dall’attuale intimato, che pure ha costituito oggetto della transazione; b) la eventuale illegittimità della rinunzia alla contribuzione dipendente dalla natura obbligatoria e non volontaria della stessa;

12. il primo profilo assume carattere preliminare, non solo dal punto di vista logico e giuridico, ma anche perchè la sentenza impugnata si fonda innanzi tutto sulla interpretazione dell’accordo transattivo e la questione della natura giuridica della contribuzione che assume rilievo solo eventuale è stata affrontata dalla Corte territoriale in quanto devoluta nel giudizio d’appello e solo a sostegno della prima ragione di decisione;

13. in materia di criteri interpretativi dell’atto di conciliazione, di indubbia natura negoziale, questa Corte di cassazione ha costantemente ritenuto (v. da ultimo Cass. n.22614 del 2017 cit. e la giurisprudenza ivi richiamata), che a norma dell’art. 1362 c.c. e segg., tale interpretazione si debba fondare principalmente sul significato desumibile dal tenore letterale del negozio, sia pure letto in connessione tra le varie parti dello stesso, mentre gli ulteriori canoni legali sulla interpretazione dei contratti e quelli di interpretazione intervengono in caso che dall’applicazione di quello principale residui un dubbio;

14. facendo corretta applicazione di tale regola, la Corte territoriale ha valutato, con congrua motivazione, che il tenore letterale dell’accordo in questione fosse chiaro nell’indicare come oggetto della rinuncia unicamente i criteri seguiti per la quantificazione dell’indennità Istat, escludendo pertanto che esso potesse riguardare anche la materia dei connessi oneri previdenziali in quanto il testo della transazione non conteneva alcun elemento che inducesse a ritenere presente, nel pre pensionato una volontà dispositiva relativa al diritto alla contribuzione previdenziale consequenziale agli incrementi del trattamento ricevuto, nè tale volontà si sarebbe potuta trarre dall’impiego di una clausola di stile quale quella indicata al n. 7 dell’atto ove è riportata la “rinuncia… a qualsivoglia pretesa vantata o potuta vantare nei confronti dell’EMS, dell’Assessorato Regionale all’Industria e della Resais s.p.a. che abbia titolo, anche indirettamente, nel rapporto di lavoro pregresso, nelle disposizioni della legislazione regionale in materia di trattamenti assistenziali e negli accordi collettivi per il personale”;

15. si tratta di valutazione di merito non incrinata nè dalla riproduzione del tenore della rinuncia, sopra indicato, nè dal richiamo assai indeterminato addirittura alle intere leggi regionali in materia di trattamenti assistenziali nè dall’utilizzo, infine, a mera ulteriore conferma dell’approdo già raggiunto, di valutazioni sulla incidenza della posteriorità rispetto all’atto abdicativo della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 268 sulla base di calcolo della contribuzione;

16. le censure investono il risultato interpretativo dell’atto di conciliazione intervenuto tra le parti, in tal modo ponendo in essere un’operazione non consentita in sede di legittimità (si veda in proposito Cass. 17 gennaio 2017, n.986);

17. l’esclusione dall’oggetto della transazione della disposizione relativa al versamento dei contributi sull’adeguamento della indennità di prepensionamento erogata all’attuale intimato rende del tutto irrilevante l’approfondimento sulla natura della contribuzione medesima;

18. la censura sulle spese si appalesa inammissibile per essere la doglianza correlata esclusivamente alla pretesa erroneità della decisione impugnata per tutti i motivi illustrati nei mezzi d’impugnazione svolti in questa sede di legittimità e conducenti, ad avviso della parte ricorrente, alla soccombenza in giudizio della controparte;

19. la complessità del quadro normativo relativo all’indennità di prepensionamento suggerisce la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità;

20. la circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del /012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass., Sez. U., 17 ottobre 2014, n. 22035 e alle numerose successive conformi).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 6 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2018

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