Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28587 del 20/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 28587 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FENU Caterina, FENU Anna Rita e FENU Maria, rappresentate e
difese, in forza di procura speciale, dall’Avv. Elio Maria Meloni, con domicilio presso lo studio dell’Avv. Roberto Antonelli in Roma, corso Trieste, n. 123;
– ricorrenti contro
MADEDDU Salvatore, rappresentato e difeso, in forza di procura
speciale, dall’Avv. Vincenzo Pompa, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Pisanelli, n. 2;
– controricorrente per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Cagliari in data 4 luglio 2007.

Data pubblicazione: 20/12/2013

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21 novembre 2013 dal Consigliere relatore Dott. Alberto
Giusti;
uditi gli Avv. Elio Maria Meloni e Vincenzo Pompa;

curatore Generale dott. Francesca Ceroni, che ha concluso per
l’inammissibilità e, in subordine, il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
l. – Il Tribunale di Oristano, con sentenza in data 27
settembre 2004, ha rigettato la domanda con la quale Salvatore
Fenu aveva chiesto l’annullamento del testamento pubblico in
data 8 maggio 1987 con cui Nicolina Fenu, deceduta il 27 maggio 1987, aveva istituito suo erede universale Salvatore Madeddu, a tal fine rilevando che l’attore non aveva dimostrato
lo stato di incapacità naturale della testatrice al momento
della redazione del testamento.
2. – La Corte d’appello di Cagliari, con sentenza resa
pubblica mediante deposito in cancelleria il 4 luglio 2007, ha
rigettato il gravame proposto da Caterina Fenu, Anna Rita Fenu
e Maria Fenu, eredi di Salvatore Fenu.
La Corte territoriale ha osservato che nessun elemento è
emerso in causa da cui possa desumersi l’incapacità naturale
della Fenu al momento di redazione del testamento, avendo anzi
i testi affermato che la testatrice appariva lucida e conseguente nelle sue azioni e nell’espressione della sua volontà.

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udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Pro-

3.

– Per la cassazione della sentenza della Corte

d’appello le Fenu hanno proposto ricorso, con atto notificato
il 12 dicembre 2007, sulla base di un motivo.
L’intimato ha resistito con controricorso.

1. – Con l’unico mezzo (omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per
il giudizio), le ricorrenti – in relazione al fatto controverso costituito dall’accertamento della incapacità della

de

cuius di redigere il testamento a causa dello stato di malattia somatica che l’aveva colpita e per la quale era stata ricoverata in ospedale, dove erano stati riscontrati la sua incapacità di rendere le necessarie notizie anamnestiche, e il
suo stato di obnubilamento del sensorio – censurano che la
sentenza d’appello avrebbe ignorato le risultanze della cartella clinica e lo stato di malattia ingravescente, omettendo
di inquadrare la documentata situazione nel contesto di tutti
gli elementi processuali e non disponendo la richiesta consulenza tecnica d’ufficio.
2. – Il motivo è infondato.
La Corte d’appello, con logico e motivato apprezzamento
delle risultanze di causa, ha accertato:
– che dalla cartella clinica relativa al ricovero della Fenu
non è dato rinvenire nessun dato oggettivo da cui desumere che la paziente avesse in qualche misura una compro-

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Considerato in diritto

missione delle sue facoltà psichiche, essendo ella stata
ricoverata per una patologia di verosimile origine neoplastica relativa al distretto addominale e all’atto delle dimissioni presentando un ingrossamento della massa

far dubitare delle sue facoltà mentali;
– che le dimissioni dell’ospedale non sono affatto ricollegabili ad un artifizio posto in essere dal bladeddu contro
la volontà dei sanitari, ma sono il frutto esclusivo del
volere, liberamente espresso, dalla Fenu di lasciare il
presidio ospedalieri (testi Caria e Caddeo);
che lo stato di perfetta lucidità mentale della testatrice
è dimostrato – oltre che dal fatto insito nella redazione
dell’atto da parte del notaio, che non avrebbe raccolto
dichiarazioni provenienti da un soggetto palesemente incapace – dalle dichiarazioni rese dai testi presenti
all’atto (testi Porcu e Tola).
Il mezzo di ricorso propone censure in fatto ed insta sostanzialmente per la non consentita sovrapposizione del giudizio del giudice di legittimità a quello del giudice di merito
riguardo al materiale probatorio valutato, con congrua motivazione, da quest’ultimo.
Il giudice del gravame ha infatti valutato la cartella
clinica relativa al ricovero della Fenu, non ravvisandovi alcun dato oggettivo da cui desumere la compromissione delle

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addominale ed uno stato febbrile ma niente che potesse

condizioni mentali della paziente, e, nel confermare integralmente la decisione del primo giudice e nel ribadire che, in
base alle convergenti deposizioni testimoniali, “la Fenu era
del tutto lucida allorché testa”, ha anche indicato, implici-

consulenza tecnica, avendo questa una finalità meramente esplorativa.
In questo contesto, la censura delle ricorrenti contesta i
risultati cui è pervenuta la sentenza impugnata senza specificarne intrinseche carenze logico-argomentative, ma puramente e
semplicemente proponendo una diversa lettura dei fatti di causa, richiamati e valutati secondo l’apprezzamento critico delle stesse ricorrenti.
La doglianza, così congegnata, altro non invoca, pertanto,
che un’inammissibile sindacato sul merito della controversia e
sulla selezione degli elementi fattuali rilevanti ai fini della decisione, attività, questa, che non compete al giudice
della legittimità.
3. – Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti, in
solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute

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tamente, le ragioni che rendevano superfluo il ricorso alla

dal controricorrente, che liquida in complessivi euro 2.700,
di cui euro 2.500 per compensi, oltre ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II
Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 21 novem-

bre 2013.

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