Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28586 del 06/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 06/11/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 06/11/2019), n.28586

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liliana Maria Teresa – rel. Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1356-2C19 proposto da:

S.G., dcmiciliato in ROMA V.LE REGINA MARGHERITA 42, presse

lo studio dell’avvocato GUIDO LANCIANO che lo rappresenta e difende

giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO PROVINCIALE DI ROMA TERRITORIO;

– Intimata –

avverso la sentenza N. 7342/2017 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata 11/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/29/2019 dal Presidenze e Relatore Dott. LILIANA MARIA TERESA

ZOSO.

Fatto

RITENUTO

CHE

1. La controversia concerne l’impugnazione del provvedimento con il quale è stata disposta la revisione ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, del classamento di due unità immobiliari di proprietà del contribuente in Roma: a) un appartamento in categoria A/10 la cui classe era modificata da classe 1 a classe 7; b) un appartamento in categoria A/2 la cui classe era modificata da classe 1 a classe 5.

L’accertamento era contestato per a) errore nei presupposti per essere stati applicati all’appartamento in categoria A/10 indici riferimenti relativi agli appartamenti ad uso abitativo, b) indicazione di un rapporto VM/VC notevolmente più basso del rapporto medio del Comune di Roma; c) vizio di motivazione; d) violazione della norma applicata, c) erroneità nella indicazione dei rispettivi immobili di comparazione.

2. Il ricorso era respinto in primo grado e la decisione era confermata in appello con la sentenza in epigrafe avverso la quale il contribuente propone ricorso per cassazione con tre motivi. L’amministrazione resiste con controricorso.

CONSIDERATO CHE

1. Dei motivi di ricorso assume valore assorbente il terzo con il quale la parte ricorrente denuncia la violazione della L. n. 311 del 2014, art. 1, comma 335, in quanto la sentenza sembra trovare il suo sostanziale fondamento nel principio espresso da questa Corte con la sentenza n. 21176 del 2016, secondo la quale il presupposto della revisione del classamento prevista dalla norma in questione “è il riallineamento resosi essenziale per il registrato significativo scostamento di valore rispetto all’insieme delle microzone comunali, senza che sia necessario indicare specifiche caratteristiche dell’immobile alle quali deve essere invece attento un diverso tipo di atto di classamento, che trova in altre norme la propria giustificazione”.

Il motivo è fondato in quanto il richiamato orientamento deve ritenersi superato – secondo una recentissima sentenza di questa Corte (citare il numero della sentenza De Masi-D’Oriano – sulla base delle “successive indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte costituzionale che, con la richiamata pronuncia n. 249 del 2017, se da un lato ha affermato che “la scelta fatta dal legislatore con il censurato comma 335 (della L. n. 311 del 2004, art. 1) non presenta profili di irragionevolezza (in quanto) la decisione di operare una revisione del classamento per microzone si basa sul dato che la qualità del contesto di appartenenza dell’unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene”, nello stesso tempo ha evidenziato che “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento””. Il Giudice delle leggi avrebbe “così individuato nell’obbligo di motivazione rigorosa un elemento dirimente e qualificante ai fini della legittimità dell’operazione dal carattere “diffuso”, escludendo che tale legittimità potesse affermarsi in via presuntiva; tale requisito va dunque soddisfatto ex ante, e senza che sia sufficiente la mera possibilità del contribuente di fornire prova contraria in sede contenziosa”.

Alla luce di queste osservazioni della Corte costituzionale la citata recente sentenza di questa Corte ha quindi fissato il seguente principio di diritto al quale va qui prestata adesione: “In tema di estimo catastale, il nuovo classamento adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, soddisfa l’obbligo di motivazione se, oltre a contenere il riferimento ai parametri di legge generali, quali il significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, ed ai provvedimenti amministrativi su cui si fonda, consente al contribuente di evincere gli elementi, che non possono prescindere da quelli indicati dal D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8 (quali la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato e della singola unità immobiliare), che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento, ponendolo in condizione di conoscere ex ante le ragioni specifiche che giustificano il singolo provvedimento di cui è destinatario, seppure inserito in un’operazione di riclassificazione a carattere diffuso”.

2. Il ricorso va dunque accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2, e il ricorso originario del contribuente va accolto. Le spese dell’intero giudizio si compensano in considerazione dell’affermarsi del principio giurisprudenziale sul punto controverso in epoca successiva alla proposizione del ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2019

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