Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28585 del 15/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 15/12/2020, (ud. 21/10/2020, dep. 15/12/2020), n.28585

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

P.U., elettivamente domiciliato in Roma, via Francesco

Slacci n. 38, presso lo studio dell’Avv. Giorgia Passacantilli, e

rappresentato e difeso, per procura a margine del ricorso, dall’Avv.

Mario Martelli.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso gli

Uffici dell’Avvocatura Generale di Stato, dalla quale è

rappresentata e difesa.

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 55/20/13 della Commissione

tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, depositata il 28 maggio

2013.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21 ottobre 2020 dal relatore Cons. Roberta Crucitti.

 

Fatto

RILEVATO

che:

nella controversia originata dall’impugnazione da parte di P.U. di avviso di accertamento, relativo a Irpef e Irap dell’anno di imposta 2006, la Commissione tributaria regionale (d’ora in poi per brevità C.T.R.) dell’Emilia-Romagna, rigettava l’appello proposto dal contribuente avverso la prima decisione a lui sfavorevole.

In particolare, la C.T.R., dopo avere dichiarato l’appello inammissibile perchè riproponente gli stessi motivi del ricorso espressi in primo grado, nel merito rilevava che la stima dei compensi, secondo gli studi del settore, era confermata dalla circostanza che il contribuente fosse risultato più volte incongruo e incoerente. Inoltre, secondo il Giudice di appello, l’inverosimiglianza dei redditi dichiarati dal professionista era dimostrata dal divario tra il reddito del titolare e quella, nettamente superiore, del dipendente.

Per la cassazione della sentenza P.U. ha proposto ricorso, su due motivi, cui resiste, con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Il ricorso è stato fissato, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., in camera di consiglio, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1 con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, laddove la C.T.R. aveva ritenuto inammissibile l’appello siccome riproducente i medesimi motivi già svolti in primo grado, mentre l’atto di impugnazione (parzialmente riprodotto in ricorso) conteneva specifiche censure alla sentenza di primo grado.

1.1 La censura è fondata alla luce del principio costantemente affermato da questa Corte (cfr., tra le altre, Cass. n. 30525 del 23/11/2018 e Cass. n. 586/2019) per cui “nel processo tributario, la riproposizione, a supporto dell’appello proposto dal contribuente, delle ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, atteso il carattere devolutivo pieno, in tale giudizio, dell’appello, quale mezzo di gravame non limitato al controllo di vizi specifici, ma volto ad ottenere il riesame della causa nel merito”.

1.2. Nella specie, dalla lettura dell’atto di impugnazione (riprodotto per brani, sufficienti allo scopo, in seno al ricorso), si evince che l’impugnazione rivolgeva specifiche censure alla sentenza di primo grado con evidente errore commesso dalla Commissione regionale nell’avere ritenuto lo stesso inammissibile.

2. L’accoglimento del primo motivo rende inammissibili i restanti mezzi di impugnazione, rivolti al capo della sentenza con il quale la C.T.R., pur dopo avere dichiarato l’appello inammissibile, ha esaminato il merito della controversia, alla luce dei principi costantemente ribaditi da questa Corte (cfr. tra le altre di recente Cass. n. 11675 del 16/06/2020) in ossequio all’insegnamento delle Sezioni Unite (v. Cass. Sez. U. n. 31024/2019) per cui “ove il giudice, dopo avere dichiarato inammissibile una domanda, un capo di essa o un motivo d’impugnazione, in tal modo spogliandosi della “potestas iudicandi”, abbia ugualmente proceduto al loro esame nel merito, le relative argomentazioni devono ritenersi ininfluenti ai fini della decisione e, quindi, prive di effetti giuridici con la conseguenza che la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnarle, essendo invece tenuta a censurare soltanto la dichiarazione d’inammissibilità la quale costituisce la vera ragione della decisione”.

3. In conclusione, pertanto, in accoglimento del primo motivo, inammissibili i restanti, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla C.T.R. dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, perchè provveda all’esame nel merito e regoli le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso, inammissibili i restanti.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020

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