Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28581 del 15/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 15/12/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 15/12/2020), n.28581

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 34766/2018 R.G., proposto da:

“SAFIN S.n.c. di S.F. & C.”, con sede in (OMISSIS)

(TV), in persona del socio amministratore pro tempore, rappresentata

e difesa dall’Avv. Prof. Francesco Moschetti, con studio in Padova,

ove elettivamente domiciliato (indirizzo p.e.c.:

francescomoschetti.ordineavvocatipadova.it), giusta procura in calce

al ricorso introduttivo del presente procedimento, domiciliato in

Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

il Comune di Conegliano (TV), in persona del Sindaco pro tempore,

autorizzato a resistere nel presente procedimento in forza di Delib.

adottata dalla Giunta Municipale, 6 dicembre 2018, n. 485, e di det.

resa dal Dirigente Responsabile il 10 dicembre 2018, n. 1347,

rappresentato e difeso dal Prof. Avv. Roberto Esposito, con studio

in Roma, elettivamente domiciliato (indirizzo p.e.c.:

robertoesposito.ordineavvocatiroma.org), giusta procura in calce al

controricorso di costituzione nel presente procedimento;

– controricorrente –

Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale

del Veneto il 26 aprile 2018 n. 498/02/2018, non notificata; udita

la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale non

partecipata dell’8 ottobre 2020 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

La “SAFIN S.n.c. di S.F. & C.” ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto il 26 aprile 2018 n. 498/02/2018, non notificata, che, in controversia su impugnazione di due avvisi di accertamento per l’I.M.U. relativa agli anni 2013 e 2014 in relazione ad un terreno con entrostante fabbricato rurale, ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti del Comune di Conegliano (TV) avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Treviso il 12 aprile 2017 n. 204/01/2017, con compensazione delle spese giudiziali. Il giudice di appello ha confermato la decisione di primo grado, sul presupposto, per un verso, della carenza del rapporto pertinenziale tra il fabbricato rurale ed il terreno, per altro verso, della esaustiva motivazione della decisione di prime cure sulla corretta determinazione del valore assoggettabile ad I.M.U.. Il Comune di Conegliano (TV) si è costituito con controricorso. Il controricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver omesso di motivare il rigetto del motivo di appello che concerneva il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento.

2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, e della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver rilevato che gli avvisi di accertamento non erano motivati.

3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, artt. 1, 2 e 5, e art. 817 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver rilevato che il terreno su cui insiste il fabbricato collabente non era soggetto ad I.M.U. ed il terreno circostante, in quanto pertinenza del fabbricato rurale, non era soggetto ad I.M.U..

RITENUTO CHE:

1. Il primo motivo è infondato.

1.1 Il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, nn. 2 e 4, – la cui formulazione è quasi del tutto identica a quella dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, – statuisce che la sentenza della commissione tributaria deve contenere, tra l’altro, “la concisa esposizione dello svolgimento del processo” e la “succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto”; inoltre, l’art. 118 disp. att. c.p.c., – sicuramente applicabile anche al nuovo rito tributario, in forza del generalissimo rinvio materiale alle norme del codice di procedura civile “compatibili” per quanto non disposto da quelle “speciali”, operato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2, e, quindi, anche alle sue disposizioni di attuazione statuisce, tra l’altro (comma 1), che “la motivazione della sentenza di cui al cit. cod. art. 132, n. 4, consiste nell’esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione”. Le richiamate disposizioni costituiscono attuazione, anche nel processo tributario, del principio costituzionale, secondo cui “tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati” (art. 111 Cost., comma 6, quale novellato dalla L. Cost. 23 novembre 1999, n. 2).

1.2 Pertanto, la mancata esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, ovvero la mancanza o l’estrema concisione della motivazione in diritto determinano la nullità della sentenza allorquando rendano impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass., Sez. 5, 12 febbraio 2001, n. 1944; Cass., Sez. 5, 17 aprile 2003, n. 6148; Cass., Sez. 5, 22 maggio 2003, n. 8105; Cass., Sez. 5, 3 agosto 2007, n. 17130; Cass. Sez. 6, 18 aprile 2017, n. 9745).

Peraltro, la “mancanza della motivazione”, con riferimento al requisito della sentenza di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, si configura quando la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass., Sez. 3, 18 settembre 2009, n. 20112).

1.4 Nel caso di specie, non si può affermare che la sentenza impugnata sia incorsa nel vizio di mancanza di motivazione.

Difatti, il giudice di appello ha rilevato che “(…) gli avvisi hanno specificato i riferimenti normativi e tecnici che hanno portato al valore di mercato le diverse zone prese in considerazione gli indici di edificabilità ecc.”, desumendone che “gli elementi in parola hanno consentito al contribuente di ben comprendere la questione e di difendersi efficacemente”.

Per cui, tali argomentazioni sono sufficienti a giustificare sul piano logico-giuridico il rigetto del motivo di appello, essendo stato ravvisato il requisito minimo di elementi giustificativi dell’atto impositivo.

2. Il secondo motivo è infondato.

2.1 Invero, l’avviso di accertamento – per l’I.M.U., come per l’I.C.I. – ha carattere di provocatio ad opponendum, sicchè l’obbligo di sua motivazione è soddisfatto ogni qualvolta l’ente impositore abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali, e, quindi, di contestarne efficacemente l’an ed il quantum debeatur.

Non si può, pertanto, dichiarare la nullità per carenza di motivazione di un avviso di accertamento che indichi il presupposto della maggiore imposizione e renda palese la fonte informativa sottostante alla rettifica operata dall’ente impositore.

Nel caso di specie, l’indicazione della destinazione urbanistica delle aree interessate, con l’espresso riferimento alle zone omogenee di appartenenza secondo gli strumenti urbanistici generali in vigore, basta a motivare l’incremento del valore venale ai fini del computo della maggiore imposta.

3. Da ultimo, il terzo motivo è inammissibile con riguardo al terreno “pertinenziale” al fabbricato rurale, ma è fondato con riguardo al terreno con l’entrostante fabbricato rurale.

3.1 Quanto al primo profilo, il mezzo impinge nella valutazione compiuta dal giudice di appello, che ha accertato la mancanza di elementi rivelatori del vincolo di pertinenzialità tra terreno e fabbricato.

Invero, per escludere l’autonomo assoggettamento ad I.M.U. delle pertinenze, il contribuente è tenuto a dimostrare la sussistenza dei presupposti, oggettivo e soggettivo, di cui all’art. 817 c.c., trattandosi di deroga alla regola generale di imposizione.

Nella specie, la sentenza impugnata ha messo in risalto, da un lato, l’accatastamento del fabbricato rurale soltanto nell’anno 2013 e, dall’altro lato, l’assenza di un legame di asservimento funzionale o ornamentale tra il terreno ed il fabbricato rurale (anche in considerazione del comune stato di abbandono).

Si può, quindi, ritenere che la Commissione Tributaria Regionale ha dato compiutamente conto del proprio convincimento in ordine al fatto che non risultasse dimostrato – ad onere del contribuente, che di tale prova era gravato nel momento in cui invocava una causa di non assoggettamento del bene alla regola di generale imposizione – il concorso dei requisiti generali di pertinenzialità ex art. 817 c.c., rilevanti anche in materia di I.M.U..

A sostegno di tale convincimento, il giudice di merito ha evidenziato che, lungi dal porsi a servizio od ornamento della casa, il terreno fungeva da area abbandonata e dismessa. Per cui, a fronte di tale modo di argomentare, si può asserire che la censura mira a suscitare, in realtà, la rivisitazione di risvolti prettamente fattuali, probatori e valutativi della controversia; il che è certamente precluso nella presente sede di legittimità (Cass., Sez. 6, 25 giugno 2014, n. 14472).

3.2 Quanto al secondo profilo, il mezzo trova riscontro nella sopravvivenza del fabbricato rurale in perdurante stato di inagibilità, che esclude l’assoggettamento ad I.M.U. delle aree già edificate.

Difatti, è pacifico che il fabbricato collabente, oltre a non essere tassabile ai fini dell’I.M.U. come fabbricato, in quanto privo di rendita, non lo è neppure come area edificabile, salvo che l’eventuale demolizione restituisca autonomia all’area fabbricabile che, solo da quel momento, è soggetta a imposizione come tale, fino al subentro della imposta sul fabbricato ricostruito (in tema di I.C.I.: Cass., Sez. 5, 28 marzo 2019, n. 8620).

4. Ritenendosi, nell’ordine, l’infondatezza del primo motivo e del secondo motivo, l’inammissibilità del terzo motivo sotto il profilo della dedotta pertinenzialità del terreno al fabbricato rurale e la fondatezza del terzo motivo sotto il profilo della invocata esenzione da I.M.U. per il fabbricato rurale e l’area adiacente, il ricorso può essere accolto per quanto di ragione e l’impugnata decisione deve essere cassata; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, u.p., con pronuncia di parziale accoglimento del ricorso originario della contribuente (con riguardo al solo riconoscimento dell’esenzione da I.M.U. per il fabbricato collabente e l’area adiacente).

3. La reciproca soccombenza (nella variante del parziale accoglimento del ricorso originario) giustifica la compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte accoglie il terzo motivo per quanto di ragione e ne dichiara l’inammissibilità per il resto; rigetta il primo motivo ed il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al mezzo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente per la parte relativa al riconoscimento dell’esenzione da I.M.U. per il fabbricato rurale e l’area adiacente; compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020

 

 

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