Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2858 del 09/02/2010

Cassazione civile sez. II, 09/02/2010, (ud. 16/12/2009, dep. 09/02/2010), n.2858

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FULCIERI P. DE’ CALBOLI 5, presso lo studio dell’avvocato

DI MARIA FRANCO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

BUCCI RAFFAELE;

– ricorrente –

contro

M.R., S.C., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA F CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato MANZI

ANDREA, rappresentati e difesi dall’avvocato MAZZETTO GIANCARLO;

– controricorrenti –

e contro

B.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1371/2004 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 12/08/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

16/12/2009 dal Consigliere Dott. MIGLIUCCI Emilio;

udito l’Avvocato MAZZETTO Giancarlo, difensore dei resistenti che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

per quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ex art. 1171 c.c. M.R. e S. C., premesso di essere comproprietari di un appezzamento di terreno con sovrastante fabbricato sito in (OMISSIS), chiedevano al Pretore di Dolo che il confinante L.F. venisse condannato alla rimozione di una recinzione in corso di costruzione tra i rispettivi fondi in violazione dell’accordo raggiunto tra le parti in causa, secondo cui la recinzione doveva essere collocata a distanza di due metri dai loro confini. Il Pretore, dopo aver assunto sommarie informazioni, ordinava al convenuto di astenersi dal continuare la costruzione della recinzione lungo il lato est della sua proprieta’ nel tratto compreso tra l’entrata secondaria della sua abitazione e lo spigolo nord – est della proprieta’ medesima. Con citazione notificata il 17 ottobre 1995 il M. e la S. adivano l’anzidetto Pretore per sentire condannare il L. all’eliminazione delle opere realizzate.

Il convenuto si costituiva e chiedeva il rigetto della domanda, oltre la revoca della suindicata ordinanza.

Con sentenza n. 65/200 il Tribunale di Venezia, subentrato al Pretore, rigettata ogni altra domanda, condannava il L. “a rimuovere la recinzione con cio’ confermando l’ordinanza gia’ resa dal Pretore”, osservando che:

1) con il rogito di cui e’ causa il convenuto si era obbligato a costruire la recinzione alle distanze ivi previste ed era evidente che l’intento dei contraenti era quello di realizzare una strada di almeno quattro metri di larghezza e che due metri dovevano essere conferiti rispettivamente dai fondi di ciascuna delle parti;

2) il consulente tecnico d’ufficio aveva rilevato che il prolungamento ideale dei primi due tratti non avrebbe potuto in alcun modo giustificare il restringimento della stradina che sarebbe derivato dalla continuazione della recinzione.

Il M. e la S. agivano, quindi, ai sensi dell’art. 612 c.p.c. per ottenere la determinazione delle modalita’ esecutive della citata sentenza, atteso che il L. intendeva abbattere la recinzione solamente per l’ultimo tratto e non per l’intera lunghezza.

Il Giudice dell’esecuzione, con ordinanza 27 dicembre 2000, disponeva che doveva essere demolita la recinzione per la parte in cui non era rispettata la distanza di due metri dal confine e tale distanza doveva valere per l’intera lunghezza della stradina di quattro metri.

Avverso questa ordinanza, ritenuta sentenza per aver risolto una vertenza in ordine alla portata sostanziale del titolo esecutivo, proponeva appello il L., deducendo che la sentenza n. 65/2000 il Tribunale aveva confermato l’ordinanza 25 luglio 1995 del Pretore, che aveva disposto la sospensione dei lavori interessanti l’ultimo tratto della recinzione, per cui la demolizione doveva interessare soltanto questo tratto e non l’intera recinzione.

Con sentenza dep. il 12 agosto 2004 la Corte di appello di Venezia rigettava l’impugnazione, condannando l’appellante al pagamento delle spese del giudizio.

Nell’escludere che la decisione del Tribunale avesse inteso disporre la condanna alla rimozione della recinzione limitatamente all’ultimo tratto e non – come invece ritenuto dall’ordinanza – sentenza emessa ai sensi dell’art. 612 c.p.c.- per l’intera lunghezza, i giudici di appello rilevavano che, se da un canto, nel dispositivo il convenuto era condannato “a rimuovere la recinzione con cio’ confermando l’ordinanza emessa dal pretore”, d’altro canto, nella motivazione si faceva riferimento alla clausola contrattale che, nel prevedere a carico delle parti l’obbligo di costruire la recinzione alla distanza di due metri dal confine dei rispettivi fondi, era finalizzata alla realizzazione di una strada della larghezza di quattro metri per tutta la sua lunghezza, per cui la domanda concerneva la rimozione della recinzione per tutta la lunghezza e non soltanto per il tratto indicato nell’ordinanza pretorile: la conferma di quest’ultima doveva essere interpretata nel senso che era confermato l’obbligo del convenuto di costruire a distanza di due metri dal confine ma non che la rimozione dovesse essere limitata al tratto indicato nella predetta ordinanza, visto che in questo tratto non era stata costruita la recinzione a seguito del divieto impartito dal Pretore:

diversamente opinando, l’ordine di rimuovere la recinzione non avrebbe potuto essere eseguito, non essendo possibile rimuovere una recinzione non ancora costruita.

Avverso tale decisione propone ricorso per Cassazione il L. sulla base di due motivi.

Resistono con controricorso gli intimati. Non ha svolto attivita’ difensiva B.M.. Le parti costituite hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, lamentando nullita’ della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., censura la decisione gravata che aveva omesso di pronunciarsi nei confronti di B.M. comproprietaria del muro di recinzione di cui era stata disposto l’abbattimento.

Con il secondo motivo il ricorrente, lamentando insufficiente motivazione, manifesta contraddittorieta’ e illogicita’ della sentenza impugnata (art. 360 c.p.c., n. 5), censura l’interpretazione della Corte della decisione n. 65/2000 del Tribunale laddove, nel confermare l’ordinanza – sentenza del Giudice dell’esecuzione, aveva ritenuto che l’ordine di abbattimento dovesse avere ad oggetto la recinzione per tutta la sua lunghezza; deduce, in particolare, l’illogicita’ e l’incongruenza della sentenza della Corte di appello, che aveva desunto dal riferimento – contenuto nella motivazione della decisione n. 65/2000 del Tribunale – alla clausola contrattuale, secondo cui la strada che divide i fondi deve essere di quattro metri, che la domanda riguardasse la recinzione in tutta la sua lunghezza: in tal modo i giudici di appello avevano fatto una non consentita commistione fra la domanda proposta dagli attori e il reale contenuto della sentenza del Tribunale ed avevano operato un interpretazione della citata sentenza in contrasto con il dato letterale, tenuto conto della limitata condanna di cui al dispositivo, senza che i giudici di appello avessero esaminato e chiarito le circostanze esposte nella motivazione di quella decisione; in mancanza di un confine certo fra i fondi, come sottolineato dall’attuale ricorrente dinanzi al Giudice dell’esecuzione, sarebbe stato impossibile procedere all’arretramento ordinato. In effetti, il Tribunale aveva disposto l’abbattimento della recinzione nei limiti di quanto aveva statuito il Pretore, cioe’ relativamente al solo tratto individuato dal CTU con la sigla CD. Va esaminato il secondo motivo del ricorso, che ha priorita’ logico – giuridica rispetto al primo. Il motivo e’ fondato.

La sentenza impugnata, nel confermare l’interpretazione data dal Giudice dell’esecuzione della sentenza n. 65/2000 del Tribunale, ha ritenuto che la condanna alla demolizione aveva ad oggetto la recinzione per l’intera lunghezza della strada osservando che, seppure nel dispositivo si facesse riferimento all’ordinanza pretorile che era confermata, assumeva rilievo decisivo la motivazione in cui i giudici avevano fatto riferimento alla clausola contrattuale, in base alla quale le parti avevano assunto l’obbligo di costruire una recinzione al confine fra i rispettivi fondi in modo da realizzare una strada di almeno quattro metri di larghezza; i giudici quindi hanno affermato che : “detta motivazione conclude:

pertanto, la domanda deve essere accolta con conseguente conferma dell’ordinanza gia’ resa dal Pretore. Ne deriva che l’originaria domanda degli odierni appellati concerneva la demolizione dell’intera recinzione…..”.

La questione risolutiva concerne l’interpretazione del giudicato di cui alla sentenza n. 65/2000 del Tribunale. Al riguardo e’ appena il caso di ricordare che, tenuto conto della natura del giudicato, assimilabile agli “elementi normativi”,la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme e non gia’ degli atti e dei negozi giuridici, essendo sindacabili sotto il profilo della violazione di legge gli eventuali errori interpretativi. Pertanto, il giudice di legittimita’ puo’ direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito (S.U. 24664/2007).

Orbene, alla stregua dell’esame della sentenza n. 65/2000 del Tribunale che il Collegio deve direttamente compiere per procedere alla sua interpretazione, occorre considerare che:

1) nel dispositivo l’ordine di abbattimento e’ certamente limitato a quello contenuto nell’ordinanza pretorile che, in accoglimento del ricorso proposto ex art. 1171 c.c., aveva ordinato al convenuto di astenersi dal continuare la costruzione lungo il lato est della sua proprieta’ nel tratto compreso tra l’entrata secondaria della sua abitazione e lo spigolo nord – est della proprieta’ medesima.

(“condanna il L. a rimuovere la recinzione con cio’ confermando ordinanza gia’ resa dal Pretore”);

2) il Tribunale, con la richiamata sentenza, aveva fatto riferimento alle conclusioni del consulente tecnico che aveva accertato l’illegittimita’ dell’ultimo tratto della recinzione (il prolungamento ideale dei primi due tratti che sarebbe derivato dalla continuazione della recinzione avrebbe comportato il restringimento della stradina).

Orbene, il chiaro tenore letterale del dispositivo e le argomentazioni della motivazione, pienamente coerenti e conformi ad esso, escludono innanzitutto che potesse ravvisarsi un contrasto fra dispositivo e motivazione, in quanto nessun dubbio poteva nutrirsi sulla portata precettiva della sentenza che, in conformita’ della richiesta avanzata dagli attori, aveva limitato la condanna di demolizione al tratto di recinzione in corso di costruzione ed oggetto dell’ordine di sospensione dato dal Pretore (che era confermato).

Il riferimento alla clausola contrattuale in ordine al rispetto e alle finalita’ delle distanze era formulata nella motivazione della n. 65/2000 al limitato fine di stabilire il titolo in base al quale l’ordine di rimozione si fondava, mentre in maniera del tutto illogica i giudici non solo hanno ritenuto di interpretare la portata del dispositivo in modo difforme da quello che era il (chiaro) tenore letterale ma, invertendo i termini del ragionamento che si sarebbe dovuto seguire, hanno ritenuto addirittura di potere determinare l’oggetto della domanda alla stregua delle argomentazioni contenute nella sentenza – peraltro erroneamente interpretate, come si e’ detto – in ordine all’intento perseguito dalle parti con la richiamata clausola contrattuale. Il primo motivo e’ assorbito in considerazione dell’accoglimento del secondo.

Pertanto, la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese della presente fase ad altra sezione della Corte di appello di Venezia.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo del ricorso assorbito il primo cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Venezia.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2010

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