Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2858 del 07/02/2014
Civile Sent. Sez. 2 Num. 2858 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MIGLIUCCI EMILIO
SENTENZA
sul ricorso 2208-2008 proposto da:
TINABURRI
MARIO
TNBMRA57D30A567K,
elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA BORGHESE 3, presso lo
studio dell’avvocato CRUDETTI PATRIZIA,
rappresenta
e
difende
che lo
all’avvocato
unitamente
CALANDRELLI VALENTINO;
– ricorrente –
2013
contro
2589
CIOTTI ANNA MARIACTTNMR44C69D969A in proprio e in
qualita’ di erede della Sig.ra GAVINO OLGA, CIOTTI
ILEANA
CTTLNI33L58D969K,
CIOTTI
SERGIO
Data pubblicazione: 07/02/2014
CTTSRG25H18L736H, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA ORTI DELLA FARNESINA 155, presso lo studio
dell’avvocato ZHARA BUDA CLAUDIA, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ZHARA BUDA MASSIMO;
–
controricorrenti-
avverso la sentenza n. 5298/2006 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 30/11/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/12/2013 dal Consigliere Dott. EMILIO
MIGLIUCCI;
udito l’Avvocato VALENTINO CALANDRELLI difensore del
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.
.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
l.- Mario Tinaburri esponeva che : aveva acquistato da Olga
Gavino, Anna Maria Ciotti, Sergio Ciotti e Ileana Ciotti un
locale negozio della superficie calpestabile di mq.100, di
bottega, era risultata destinabile ad esercizio commerciale
all’esito di lavori effettuati dall’istante;
aveva presentato domanda di condono, sostenendo la spesa di
lire 12.744.270 per ottenere la regolare destinazione a
negozio di mq. 80.
Pertanto, l’istante conveniva in giudizio i predetti davanti
al tribunale di Roma, chiedendo il risarcimento dei danni
derivanti dall’inadempimento delle obbligazioni contrattuali
ovvero delle spese sostenute per rendere l’immobile conforme
alla destinazione di uso dichiarata dai venditori oltre al
lucro cessante.
Si costituivano i convenuti, i quali eccepivano la decadenza e la
prescrizione dell’azione ex art. 1495 cod. civ.; nel merito, chiedevano
il rigetto della domanda.
Con sentenza n. 7765/03 il tribunale – ritenuta la responsabilità
ex art. 2043 cod. civ. dei convenuti – li condannava al risarcimento
dei danni nella misura di 9.296,22 per spese e euro 20658,20
per lucro cessante.
Con sentenza dep. il 30 novembre 2006 la Corte di appello di Roma,
in riforma della decisione impugnata dai convenuti con appello
cui soltanto la porzione di mq. 35, censita in catasto come
principale e dall’attore con quello incidentale, rigettava la domanda
proposta da quest’ultimo.
In accoglimento del primo motivo dell’impugnazione principale, i
Giudici ritenevano la violazione da parte del tribunale dell’art. 112
responsabilità ex art. 2043 cod. civ., quando l’attore aveva chiesto il
risarcimento dei danni derivanti dall’inadempimento delle obbligazioni
derivanti dal contratto intercorso fra le parti.
Nell’esaminare l’appello incidentale con il quale l’attore a sua
volta aveva denunciato l’omessa pronuncia in ordine alla domanda fondata
sulla responsabilità contrattuale, la sentenza rigettava la domanda sul
rilievo che l’azione era prescritta ai sensi dell’art. 1495 cod. civ. ,
dovendo trovare applicazione tale norma alla specie in cui in sostanza
era denunciata e accertata la mancanza delle qualità promesse del bene
alienato e non, come invece sostenuto dall’attore, l’ipotesi dell’aliud
pro alio, configurabile anche nel caso in cui il bene sia privo della
capacità di soddisfare i bisogni dell’acquirente. Infatti, il locale ad
uso bottega rientrava nella categoria catastale Cl, che corrisponde ai
negozi e botteghe, e dal certificato catastale risultava la superficie di
mq. 50, mentre d’altra parte ottenne la licenza per l’attività
commerciale per una superficie ridotta di mq. 35 : pertanto, l’immobile
era destinabile ad attività commerciale seppure in misura ridotta,
avendo rilevato che la mancanza di autorizzazione alla fogna era un
ostacolo agevolmente rimuovibile ( di fatti rimosso) e che la licenza
edilizia non era necessaria, trattandosi di immobile costruito nel 1920.
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cod. proc. civ. per avere fondato l’accoglimento della domanda sulla
2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione
Mario
Tinaburri sulla base di tre motivi.
Resistono con controricorso gli intimati.
1.
– Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione
dell’art.112 cod. proc. civ., censura la decisione gravata che, a
stregua dei principi al riguardo elaborati dalla S.C., avrebbe
erroneamente ritenuto la violazione da parte del giudice di primo grado
della norma di cui all’ art. 112 citato.
2.- Il motivo va disatteso.
La sentenza ha correttamente ritenuto che quella promossa dall’attore era
un’azione di inadempimento contrattuale, posto che – a stregua dei fatti
allegati a fondamento della domanda
(causa petendi)- era stata dedotta la
violazione delle obbligazioni derivanti dal contratto di compravendita
intercorso fra le parti ovvero la non conformità delle caratteristiche
del bene consegnato rispetto a quello pattuito, di guisa che
correttamente la Corte di appello ha ritenuto la violazione da parte del
giudice di primo grado del principio di corrispondenza fra chiesto e
pronunciato per avere accolto la domanda in base a una
causa petendi
diversa ( illecito extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ.) da quella
azionata.
3.-
Il
secondo motivo,
lamentando omessa,
insufficiente e
contraddittoria motivazione su un fatto decisivo, censura la sentenza
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MOTIVI DELLA DECISIONE
impugnata che non aveva considerato la circostanza, accertata nel corso
del giudizio, che l’immobile alienato era privo del certificato di
abitabilità, previsto anche per gli immobili destinati a uso diverso da
di abitazione, secondo quanto previsto dal d.p.r. n. 425/1994 di guisa
4.- Il motivo è infondato.
Secondo quanto accertato dai Giudici l’immobile in oggetto era stato
edificato prima del 1920 per cui non trovavano applicazione né il testo
unico delle leggi sanitarie di cui al r.d. 27-7-1934 n. 1265 che aveva
previsto il certificato di abitabilità per le nuove costruzioni ( artt.
220 e 221) né la legge urbanistica del 17-8-1942 n.1150 che aveva
introdotto la licenza edilizia.
5.- Il terzo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli
art. 1476 e 1490 cod. civ. e conseguente inapplicabilità dei termini
decadenza e prescrizione di cui. all’art. 1495
di
cod.civ., censura la
sentenza la quale, nell’escludere l’ipotesi dell’aliud pro alio, non
aveva ritenuto che il bene de quo fosse inidoneo ad assolvere la funzione
economico sociale, tenuto conto che il bene era privo delle qualità
essenziali necessarie a soddisfare i bisogni dell’acquirente ovvero di
rendere possibile la destinazione alla quale il compratore intendeva
adibirla : il ricorrente aveva acquistato un locale commerciale per
utilizzare la totalità della superficie calpestabile e destinarla a tale
finalità per fini commerciali; soltanto sostenendo tutti i relativi
oneri, aveva potuto regolarizzare la posizione dell’immobile adibendo
l’intera superficie del locale ad area commerciale.
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che si configurava l’ipotesi dell’aliud pro alio.
6.- Il motivo è infondato.
In tema di vendita è configurabile la consegna di “aliud pro alio” non
solo quando la cosa consegnata è completamente difforme da quella
contrattata, appartenendo ad un genere del tutto diverso, ma anche quando
soddisfare i bisogni dell’acquirente, o abbia difetti che la rendano
inservibile, ovvero risulti compromessa la destinazione del bene all’uso
che abbia costituito elemento determinante per l’offerta di acquisto.
Nella specie, secondo quanto accertato dalla sentenza
impugnata,
l’immobile era idoneo ad essere usato per la destinazione (negozio)
pattuita, seppure per dimensioni ridotte rispetto alla superfice
dell’immobile: il che esclude l’assoluta inidoneità del bene ad essere
adibito all’uso per il quale era stato acquistato, essendo nella specie
configurabile piuttosto un minore
sfruttamento dell’immobile
suscettibile eventualmente di azione di risarcimento del danno derivante
dalla mancanza delle qualità promesse ( art. 1497 cod. civ.), che però
soggiace ai termini di prescrizione e di decadenza prescritti dall’art.
1495 cod. civ. ; addirittura, a stregua di quanto ancora affermato dal
ricorrente, è stato possibile adeguare l’immobile ed ottenere le
necessarie licenze per rendere l’immobile utilizzabile per l’intera
superficie sfruttabilei gli oneri sostenuti avrebbero potuto assumere
rilevanza sempre sotto il profilo risarcitorio di cui si è detto.
Il ricorso va rigettato.
Le spese della presente fase vanno poste a carico del ricorrente,
risultato soccombente
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è assolutamente priva delle caratteristiche funzionali necessarie a
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
relative alla presente fase che liquida in euro 2.700,00 di cui euro
200,00 per esborsi ed euro 2.500,00 per onorari di avvocato oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’il dicembre 2013
Il Cons. estensore
Il Presid\te
Condanna il ricorrente al pagamento in favore dei resistenti delle spese