Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28578 del 06/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 06/11/2019, (ud. 18/09/2019, dep. 06/11/2019), n.28578

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. r.g.24072/2013 proposto da:

T.G., G.C. e T. & ASSOCIATI di

T. e C. G. S.N.C. tutti elettivamente domiciliati in

Roma, via Donatello n. 23 presso lo studio dell’Avv. Piergiorgio

Villa che li rappresenta e difende, unitamente all’Avv. Pietro

Giorgis per procura a margine del ricorso.

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12 preso gli

Uffici dell’Avvocatura Generale di Stato dalla quale è

rappresentato e difeso.

– resistente –

per la cassazione della sentenza n. 27/28/2013 della Commissione

tributaria regionale della Lombardia, depositata il 18 marzo 2013;

al quale è stato riunito il ricorso iscritto al n. r.g. 24073/2013

promosso da:

T.G., G.C. e T. & ASSOCIATI di

T. e C. G. S.N.C. tutti elettivamente domiciliati in

Roma, via Donatello n. 23 presso lo studio dell’Avv. Piergiorgio

Villa che li rappresenta e difende, unitamente all’Avv. Pietro

Giorgis per procura a margine del ricorso.

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12 preso gli

Uffici dell’Avvocatura Generale di Stato dalla quale è

rappresentato e difeso.

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 28/28/2013 della Commissione

tributaria regionale della Lombardia, depositata il 18 marzo 2013;

Udita la relazione delle cause svolta nella camera di consiglio del

18 settembre 2019 dal relatore Cons. Crucitti Roberta.

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle entrate, Ufficio di Pavia, a seguito di risposta a questionario, emetteva nei confronti della T. & Associati s.n.c. avviso di accertamento, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. c, rideterminando il reddito e recuperando a tassazione costi indeducibili, ai fini dell’IVA e dell’Irap dell’anno di imposta 2005;

per i redditi da partecipazione, e ai fini dell’Irpef, venivano emessi dall’Ufficio di Monza e Brianza, ulteriori avvisi di accertamento nei confronti dei soci T.G. e G.C.;

i ricorsi, proposti dalla Società e dai soci, previa riunione a opera della C.T.P. di Pavia, venivano parzialmente accolti dalla Commissione di prima istanza nella parte concernente la rideterminazione dei ricavi;

avverso la decisione proponevano distinti appelli l’Ufficio di Pavia con riguardo all’accertamento emesso nei confronti della Società, l’Ufficio di Monza con riguardo agli avvisi emessi nei confronti dei soci;

con la sentenza, n. 27/28/2013 depositata il 18 marzo 2013, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (d’ora in poi, per brevità, C.T.R.), rigettata la richiesta di riunione con l’appello proposto dall’Ufficio di Monza, accoglieva l’appello proposto dall’Ufficio di Pavia (concernente l’avviso di accertamento relativo alla Società), dichiarando la legittimità dell’atto impositivo;

in particolare, il Giudice di appello premetteva che si era formato il giudicato interno su tutte le questioni trattate ad eccezione di quella relativa alla percentuale dei costi e, in particolare, della provvigione pari al 67%;

in ordine a detta questione la C.T.R. riteneva che l’Ufficio avesse ben operato e che, di contro, la contribuente non avesse fornito alcuna documentazione probante a suo favore;

per la cassazione della sentenza ricorrono la Società e i soci affidandosi a due motivi;

l’Agenzia delle entrate ha depositato atto al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza;

i ricorrenti hanno depositato memoria;

con sentenza n. 28/28/13 depositata il 18 marzo 2013, di identico contenuto, la C.T.R. della Lombardia, dando atto che l’accoglimento dell’appello relativo ai redditi della Società di persone determinava l’accoglimento dell’appello relativo ai redditi di partecipazione che da questi ne derivano, accoglieva l’appello proposto dall’Ufficio di Monza relativo agli avvisi di accertamento dei soci;

per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso la Società e i soci affidandosi a tre motivi;

l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;

i ricorsi sono stati avviati alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.;

la parte privata ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. preliminarmente e d’ufficio, seppur su istanza degli stessi ricorrenti, va disposta la riunione dei due ricorsi (r.g.nn. 24072/2013 e 24073/2013) in continuità al principio, consolidato, di questa Corte (cfr. Cass. n. 26648 del 10/11/2017; n. 6936/2011; 2907/2010) secondo cui “in tema di contenzioso tributario, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi della società di persone e di quelle dei singoli soci comporta, in linea di principio, la configurabilità di un litisconsorzio necessario, con l’obbligo per il giudice, investito dal ricorso proposto da uno soltanto dei soggetti interessati, di procedere all’integrazione del contraddittorio, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, pena la nullità assoluta del giudizio stesso.

Qualora, però, l’avviso di accertamento sia stato impugnato autonomamente da tutti i soci e dalla società e, nei gradi di merito, i giudizi relativi, celebratisi separatamente, siano stati esaminati dallo stesso giudice in maniera strettamente coordinata, e decisi con un’identica motivazione, sì da potersi escludere ogni rischio di contrasto tra giudicati, la Corte di cassazione, dinanzi alla quale per la prima volta sia stata sollevata la questione della violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, può legittimamente disporre la riunione dei procedimenti, per connessione oggettiva ex art. 274 c.p.c., piuttosto che l’annullamento delle sentenze di merito, dovendo ritenersi rispettata la “ratio” del litisconsorzio necessario”;

nel caso in esame, infatti, le sentenze, aventi ad oggetto gli appelli proposti avverso la stessa decisione della C.T.P. concernevano le autonome impugnazioni da parte della Società e da parte dei soci degli avvisi di accertamento, e sono state rese, in secondo grado, dalle stesse Commissioni tributarie nella medesima udienza;

2. la disposta riunione rende, pertanto, inammissibili per sopravvenuto difetto di interesse le censure, mosse da parte ricorrente nel corpo del primo motivo di ricorso, relative alla mancata riunione degli appelli da parte della Commissione tributaria regionale. Peraltro, per come dato atto dagli stessi ricorrenti, è principio giurisprudenziale consolidato quello per cui l’inosservanza da parte del giudice di appello dell’obbligo di riunire in un unico procedimento tutte le impugnazioni, separatamente proposte contro la medesima sentenza, non spiega effetti solo quando dette impugnazioni abbiano sostanzialmente avuto uno svolgimento unitario in quanto chiamate alla stessa udienze, nonchè contestualmente discusse e decise dallo stesso collegio con lo stesso relatore (cfr. Cass. 6.8.2009 n. 18034 e Cass. n. 20514 del 12/10/2016);

questo è quanto avvenuto nell’odierna fattispecie a nulla rilevando che un appello fosse stato trattato in camera di consiglio e l’altro alla pubblica udienza rimanendo, comunque, integra la trattazione unitaria dell’impugnazione ad opera dello stesso Collegio con il medesimo relatore e, in ogni caso, la dedotta irregolarità oggi sanata con la disposta riunione;

2.1. va, invece, dichiarata l’inammissibilità della censura, proposta sempre in seno al primo motivo, sotto la rubrica: “violazione e falsa applicazione del D.lgs. n. 546 del 1992, artt. 54 e 23”;

in sintesi, la parte privata si duole che la C.T.R. abbia ritenuto inammissibili le difese svolte nelle controdeduzioni perchè depositate fuori termine ma, in realtà, per come evincibile dalla sentenza impugnata, la C.T.R non ha dichiarato l’inammissibilità della costituzione da parte degli appellati ma, unicamente, il relatore ha fatto presente di non potere tenere conto delle “richieste” contenute nell’atto di controdeduzioni all’appello mentre, il difensore è stato, comunque, ammesso a discutere nella pubblica udienza;

3. è, altresì, inammissibile l’ulteriore motivo di ricorso, genericamente rubricato “Omesso esame dei fatti decisivi della vertenza”;

per giurisprudenza consolidata di questa Corte (cfr., di recente tra le altre, Cass. n. 11603 del 14/05/2018; id n. 19959 del 2014) “Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito”;

3.1. premesso che ai ricorsi è applicabile il nuovo disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (essendo state le sentenze impugnate depositate nel mese di marzo 2013), nel caso in esame, con il mezzo di impugnazione, i ricorrenti, per un verso, deducono genericamente che il giudice non avrebbe eseguito alcuna valutazione dei fatti di causa nè alcuna verifica sulla logicità, plausibilità attendibilità e concludenza delle risultanze probatorie, omettendo di considerare le eccezioni e i documenti posti a sostegno della difesa della contribuente, ma, poi, con assoluta carenza di specificità omettono di evidenziare come e quando le circostanze dedotte avessero trovato ingresso nel processo e, soprattutto, quali siano i fatti decisivi il cui esame sarebbe stato omesso; da altro verso, il mezzo continua prospettando violazioni di legge e si risolve in una critica, non più alla sentenza impugnata, ma all’operato dell’Agenzia;

4. ne consegue, in conclusione, l’inammissibilità dei ricorsi riuniti, con la condanna in solido dei ricorrenti, soccombenti, alla refusione delle spese processuali, liquidate come in dispositivo, in favore dell’Agenzia delle Entrate;

5. poichè i ricorsi sono stati proposti successivamente al 30 gennaio 2013 e sono stati dichiarati inammissibili, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Riuniti i ricorsi li rigetta;

condanna i ricorrenti, in solido, alla refusione in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 3.000,00 oltre spese prenotate a debito;

dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2019

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