Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28576 del 20/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 28576 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: MIGLIUCCI EMILIO

SENTENZA

sul ricorso 21201-2007 proposto da:
Societa’ PRAIA DEL SUD s.p.a. P.IVA 02461490753, in
persona dell’Amministratore Unico, dott. Angelo
Marrella, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA L.
MANTEGAZZA 24, presso lo studio de–1-1–Le~ocato- GARDIb4
MARCO, rappresentate e difese dall’avvocato
2013

FLASCASSOVITTI FRANCESCO;
– ricorrente –

2388

contro

MONTEROSSO MARIA;
– intimata –

Data pubblicazione: 20/12/2013

sul ricorso 25137-2007 proposto da:
MONTEROSSO MARIA MNTMRA44P51D883T,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA A RICHELMY 8, presso lo
studio dell’avvocato DIPACE RUGGIERO, rappresentata e
difesa dall’avvocato RUSSO TOMMASO VITO;

contro

Societa’ PRAIA DEL SUD s.p.a.;
– intimata –

avverso la sentenza n. 441/2006 della CORTE D’APPELLO
di LECCE, depositata il 13/06/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/11/2013 dal Consigliere Dott. EMILIO
MIGLIUCCI;
udito l’Avvocato NICOLA FLASCASSOVITTI, con delega
dell’Avvocato FRANCESCO FLASCASSOVITTI difensore della
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
principale ed il rigetto del ricorso incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso principale e per
l’accoglimento del ricorso incidentale per quanto di
ragione.

– c/ric. e ricorrente incidentale –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con atto notificato il 12 maggio 1998, la “Praia del Sud”
s.p.a., premesso di essere proprietaria, in virtù di rogito per notar
Vinci del 30 luglio 1973, di un terreno sito in agro di Gallipoli

lo spoglio da parte di Maria Monterosso la quale aveva installato
alcuni manufatti strumentali all’ esercizio di uno stabilimento
balneare, convenne la predetta innanzi al Pretore di Gallipoli per
sentirla condannare, in via principale, previo accertamento della
“proprietà esclusiva” in capo di essa attrice, al rilascio del terreno,
alla rimozione delle opere e “per l’effetto, a rimetterla nel pieno ed
esclusivo possesso”; in via subordinata, per sentire dichiarare
l’inesistenza di “qualsivoglia diritto personale o reale della
Monterosso” sul fondo con “ordine” a costei di “cessare ogni molestia o
turbativa”.
Instauratosi

rituale

contraddittorio

la

Monterosso,

eccepita

preliminarmente l’incompetenza per valore del giudice adito, dedusse il
difetto della prova c.d. “diabolica” del diritto di proprietà ex adverso
fatto valere; contestò l’asserito acquisto per usucapione e sostenne,
anzi, di avere posseduto sin dal 1973, il terreno in questione, costituito
da una fascia, ricompresa tra la zona demaniale, condotta in concessione,
e la litoranea Gallipoli Mancaversa; pertanto, spiegò domanda
riconvenzionale per sentirsi dichiarare proprietaria della zona di cui al
mappate n. 750 del fl 25/a.
Con sentenza del 16 gennaio 2003 il Tribunale di Lecce rigettò entrambe le

mappali 750 del fl 25/a e 751 del fl 25/b e lamentando di averne subito

domande.
Con sentenza dep. il 13 giugno 2006 la Corte di appello di Lecce
rigettò l’impugnazione principale proposta dall’attrice e quella
incidentale avanzata dalla convenuta.

primo grado, i Giudici ritenevano di natura petitoria l’azione promossa
dall’attrice che qualificavano come di rivendicazione, respingendola sul
rilievo che non era stata offerta la probatio diabolica

richiesta ovvero

l’acquisto a titolo originario o il possesso idoneo a maturare
l’usucapione. D’altra parte, la convenuta, la quale aveva posseduto il
bene de quo sin da epoca anteriore alla compravendita del 1973, non aveva
mai riconosciuto l’appartenenza del bene ai precedenti proprietari.
Peraltro, anche la domanda di usucapione proposta dalla convenuta
era respinta sul rilievo che gli atti dalla medesima compiuti erano
strumentali alla gestione dello stabilimento balneare e quindi erano
funzionali non all’acquisto della proprietà ma ad asservirla all’utilità
della zona demaniale
2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la “Praia del
Sud” s.p.a sulla base di quattro motivi illustrati da memoria.
Resiste con controricorso l’intimata proponendo ricorso incidentale
affidato a un unico motivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente il ricorso principale e quello incidentale vanno
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Nel confermare, peraltro con diversa motivazione, la decisione di

riuniti, ex art. 335 cod. proc. civ., perché sono stati proposti avverso
la stessa sentenza.
RICORSO PRINCIPALE
1.- Il primo motivo (violazione e falsa applicazione

degli

ritenuto che non fosse stata offerta la prova rigorosa richiesta
dall’art. 948 cod. civ. senza considerare il principio dell’attenuazione
dell’onere posto a carico dell’attore quando il convenuto, proponendo
domanda di usucapione, invochi un possesso successivo all’acquisto
dell’attore, così non contestando l’appartenenza originaria del bene
all’attore e ai suoi danti causa.
Nella specie, la convenuta non aveva contestato il diritto di
proprietà dell’attrice; la stessa sentenza impugnata aveva escluso che la
convenuta avesse acquistato il bene in virtù di un possesso utile ad
usucapionem; l’attrice aveva offerto la prova documentale del diritto di
proprietà, che era comunque anteriore al possesso vantato dalla
convenuta, attraverso gli atti di trasferimento dei successivi
proprietari.
2.- Il secondo motivo (omessa motivazione su un fatto controverso)
enuncia che era stato omesso l’esame della documentazione – dalla quale
..

erano emersi i successivi trasferimenti del bene sin dal 1923 – delle
deposizioni dei testi Ancora e Carriero nonché degli accordi scritti con
il quali l’attrice aveva autorizzato la realizzazione dei manufatti sul
mappale 750.
3. – Il terzo motivo (contraddittoria motivazione su un fatto
3

artt.948 e 2697 cod. civ.) censura la sentenza impugnata laddove aveva

r
V

controverso) censura la sentenza laddove aveva ritenuto che la convenuta
non aveva riconosciuto ma anzi aveva contestato l’appartenenza dei beni
ai precedenti danti causa dell’attrice, quando la medesima si era
limitata ad opporre la avvenuta usucapione sin dal 1973 senza indicare un

escluso il possesso ad usucaplonem. In ogni caso, la Monterosso non aveva
posseduto “uti singulo’ ,posto che dal 1973 al 1986 l’asserito possesso
sarebbe stato esercitato soltanto dal marito o al massimo da entrambi i
coniugi.
4.- I motivi – che, per la stretta connessione, possono essere esaminati
congiuntamente – sono infondati.
a) Occorre innanzitutto chiarire che l’onere probatorio posto a carico
dell’attore non è di regola attenuato dalla proposizione da parte del
convenuto di una domanda o di una eccezione riconvenzionale di
usucapione; peraltro, la mancata contestazione, da parte del convenuto
stesso, dell’originaria appartenenza del bene rivendicato al comune
autore ovvero ad uno dei danti causa dell’attore comporta che il
rivendicante possa, in tal caso, limitarsi alla dimostrazione di come il
bene in contestazione abbia formato oggetto di un proprio, valido titolo
di acquisto. Ed invero, la prospettazione da parte del convenuto di un
acquisto per usucapione il cui “dies a quo” sia successivo a quello del
titolo di acquisto del rivendicante comporta che – attenendo il “thema
disputandum” all’appartenenza attuale del bene al convenuto in forza
dell’invocata usucapione e non già all’acquisto di esso da parte
. dell’attore – l’onere probatorio del rivendicante possa legittimamente
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diverso proprietario del bene, tanto più che la stessa Corte aveva

ritenersi assolto per effetto del fallimento dell’avversa prova della
prescrizione acquisitiva, con la dimostrazione della validità del titolo
in base al quale quel bene gli era stato trasmesso dal precedente
titolare( Cass. 20037/2010;7529/2006;22418/2004).

l’applicazione di tale principio avendo rilevato che la convenuta aveva
contestato l’esistenza di un titolo di acquisto a titolo originario e
l’appartenenza del bene ai precedenti causa dell’attrice e, dall’altro,
aveva dedotto che il possesso dalla medesima esercitato era anteriore
alla compravendita del 1973 con la quale l’attrice aveva acquistato
l’immobile de quo.

Ma quel che più rileva è

che – nell’escludere le

condizioni per l’accoglimento della azione di rivendicazione – la
sentenza ha, da un lato, accertato – all’esito dell’indagine di fatto
espletata – che non erano stati dimostrati la esistenza di un titolo di
acquisto a titolo originario né il possesso idoneo ad usucapionem da
parte dei precedenti proprietari e, dall’altro, che la condotta della
convenuta si era estrinsecata in un possesso – pacifico e ininterrotto
sin dal giugno 1973 – corrispondente all’ esercizio del diritto di
proprietà (il che era evidentemente

assorbente

di ogni altra

considerazione), seppure erroneamente poi i Giudici – con riferimento
all’animus possidendi- hanno escluso l’acquisto di un possesso utile ad
usucapionem (come

si dirà in occasione dell’esame del ricorso

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incidental .
In relazione ai titoli di acquisto dei successivi proprietari, alle
deposizioni testimoniali richiamate e agli invocati patti scritti, dei
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Nella specie, la sentenza ha correttamente escluso i presupposti per

quali nel ricorso si è lamentato l’omesso esame,

i motivi non ne

riportano il contenuto, non consentendo alla Corte di verificare la
decisività della censura.
b) L’acquisto per usucapione richiede il possesso effettivo dello

possesso esclusivo, con la conseguenza che un’eventuale situazione di
compossesso può incidere solo sulla misura dell’acquisto, ma è del tutto
irrilevante nei confronti del proprietario non possessore, il quale può
impedire l’acquisto per usucapione solo provando l’esistenza di atti di
esercizio del suo diritto incompatibili con il possesso “animo domini”
dell’usucapiente.
a

Orbene, le censure lamentate, in realtà, non denunciano un vizio logico
della motivazione ma si concretano in argomentazioni volte a sostenere
l’erroneo apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dai giudici
nell’ambito degli accertamenti di fatto riservati al giudice di merito e
che sono incensurabili in sede di legittimità se non per vizio di
motivazione. Al riguardo, va sottolineato che il vizio deducibile ai
sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. deve consistere in un errore
intrinseco al

ragionamento del giudice che deve essere verificato in

base al solo esame del contenuto

del provvedimento impugnato e non può

• risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle
risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a
cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire: in sostanza,
ai sensi dell’art. 360 n. 5 citato, la ( dedotta ) erroneità della
– decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che
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usucapione per il periodo prescritto dalla legge, ma non anche il

il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale
probatorio.
5. -Il quarto motivo denuncia l’omessa motivazione in ordine alla mancata
pronuncia in ordine alla domanda subordinata di negatoria con la quale

6.- Il motivo va disatteso.
L’esclusione del diritto di proprietà della porzione rivendicata
dall’attrice comportava la carenza di legittimazione della ricorrente a
richiedere la cessazione di molestie o turbative collegate al possesso e
alla installazione da parte della convenuta di manufatti relativamente
all’area in questione.
Il ricorso principale va rigettato.
RICORSO INCIDENTALE
1.- L’unico motivo (violazione e falsa applicazione dell’art.1158 cod.
civ. nonché insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo) denuncia che erroneamente la sentenza impugnata,
pur avendo ritenuto che la Monterosso aveva posseduto sin dal 1973,
dapprima da sola e poi con il marito, la porzione di terreno esistente
fra la strada provinciale e la spiaggia, aveva poi respinto la domanda di
usucapione, erroneamente escludendo l’animus possidendi.

2.. Il motivo va accolto.
La sentenza, pur avendo accertato che la convenuta aveva posto in
essere una condotta estrinsecatasi in atti che erano espressione
dell’esercizio di poteri dominicali, ha poi escluso l’usucapione sul
rilievo che l’attività dalla medesima compiuta era strumentale alla

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aveva chiesto la cessazione di ogni molestia o turbativa.

gestione dello stabilimento balneare e quindi era funzionale non
all’acquisto della proprietà ma ad asservirla all’utilità della zona
demaniale.
La decisione è erronea tenuto conto che in tema di “possesso”,

“corpus possessionis” – consiste unicamente nell’intento di tenere la
cosa come propria o di esercitare il diritto come a sè spettante,
indipendentemente dalla conoscenza che si abbia del diritto altrui e del
regime giuridico del bene su cui si esercita il potere di fatto. Da ciò
discende, ai fini dell’usucapione, l’assoluta irrilevanza – una volta
accertati l’appartenenza del fondo a privati e il possesso “corpore et
animo” – del fatto per cui, in concreto, il “possessore” possa aver
erroneamente ritenuto di proprietà demaniale il bene, e conseguentemente
di non poterlo usucapire.
Pertanto, va accolto il ricorso incidentale.
La sentenza va cassata in relazione al ricorso incidentale, con rinvio,
anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di
appello di Lecce.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi, accoglie l’ incidentale rigetta quello principale
cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso incidentale e rinvia,
anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di
Lecce.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 14 ncyembre 2013
Il Cons. estensore

Il

Pi4te

l'”animus possidendi” – da presumersi “iuris tantum” in presenza del

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