Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28576 del 15/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 15/12/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 15/12/2020), n.28576

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18579-2017 proposto da:

P 3 UNIPERSONALE SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUCREZIO

CARO 62, presso lo studio dell’avvocato SABINA CICCOTTI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 272/2017 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 21/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/10/2020 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

p. 1. La P3 unipersonale srl propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 272 del 21 febbraio 2017, con la quale la commissione tributaria regionale del Veneto, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione notificatole dalla agenzia delle entrate il 16.1.2012, in recupero della maggiore imposta di registro ed ipo-catastale dovuta sull’atto di acquisto 23 dicembre 2003 (registrato il 19 gennaio 2004) di undici lotti edificabili in Comune di Villafranca Padovana; recupero posto in essere a seguito del disconoscimento dei presupposti dell’agevolazione di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, (mancata edificazione nel quinquennio di aree inserite in piano urbanistico particolareggiato).

La commissione tributaria regionale, per quanto ancora di interesse, ha ritenuto che: – l’amministrazione finanziaria non fosse decaduta dal potere di recupero, posto che i tre anni di decadenza di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, decorrevano soltanto dall’inutile spirare del quinquennio di edificazione; – l’avvenuta alienazione a terzi della massima parte dei lotti prima dello spirare del quinquennio, così come l’effettiva tempestiva edificazione di questi ultimi da parte dei cessionari, confermavano, e non escludevano, l’insussistenza dei presupposti agevolativi, in quanto riconoscibili unicamente a favore del primo acquirente.

L’agenzia delle entrate ha dichiarato di costituirsi al solo fine della eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

La società ricorrente ha depositato memoria.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso a società lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), – violazione della L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, in relazione al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76. Per avere la commissione tributaria regionale fatto erroneamente decorrere il termine triennale di decadenza non già dalla stipulazione ovvero registrazione dei singoli atti di cessione dei terreni a favore di terzi (tutti intercorsi tra il luglio 2004 ed il marzo 2008, a fronte di avviso di liquidazione notificato solo nel gennaio 2012), bensì dall’inutile spirare del quinquennio di edificazione (5 + 3).

p. 2.2 Con il secondo motivo di ricorso la società deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), – violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3; per avere la commissione tributaria regionale erroneamente escluso l’agevolazione (di natura oggettiva e non soggettiva) per effetto della alienazione medio tempore dei terreni edificabili, nonostante che i cessionari avessero comunque portato a compimento l’edificazione delle aree nel quinquennio dall’acquisto originario.

p. 2.3 E’ fondato il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo.

E’ infatti corretta la tesi della società ricorrente secondo cui il termine triennale di decadenza dalla potestà di accertamento doveva qui farsi decorrere non già dall’inutile spirare del quinquennio di edificazione, bensì dalla registrazione dei singoli atti di alienazione a terzi delle aree edificabili.

Va premesso il costante orientamento di legittimità (ripercorso da Cass. 13424/16 ed altre), in forza del quale la perdita del beneficio fiscale non costituisce, ai fini di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, ipotesi di mancato avveramento di condizione sospensiva, e nemmeno evento suscettibile di dare luogo ad ulteriore liquidazione di imposta: “in tema d’imposta di registro, ipotecaria e catastale, il contribuente non è tenuto ad effettuare alcuna comunicazione della sopravvenuta decadenza dai benefici fiscali di cui alla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 33, comma 3, (aliquota agevolata dell’uno percento prevista per i trasferimenti di immobili siti in zona soggetta a piano urbanistico particolareggiato), obbligandolo il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 19, esclusivamente alla comunicazione degli eventi che danno origine ad un’ulteriore liquidazione d’imposta, sicchè non è sanzionabile del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ex art. 69, l’omessa denuncia della mancata utilizzazione edificatoria o dell’alienazione entro il quinquennio, che non danno luogo ad un’ulteriore liquidazione dell’imposta, ma sola alla perdita del beneficio originariamente concesso” (Cass. 22874/14; in termini: nn. 3446/16, ord., 13491/08, 12988/03 ed altre).

L’affermazione di tale principio – correlato al fatto che l’amministrazione finanziaria è in condizione di verificare in via autonoma, e senza necessità di segnalazione da parte del contribuente, l’avvenuto adempimento dell’obbligo dichiarato nell’atto registrato quale presupposto dell’agevolazione provvisoriamente fruita – deve valere ad ogni riguardo; e, dunque, non soltanto al fine di escludere la sanzione di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 69, ma anche al fine di individuare il termine di decadenza dall’imposizione, cit. D.P.R., ex art. 76.

Va infatti considerato che, in assenza di obbligo di denuncia ex art. 19 cit., non può trovare applicazione l’art. 76 cit., comma 1, u.p., e, con ciò, il termine quinquennale di decadenza dell’azione della finanza. Sicchè, vertendosi di atti regolarmente registrati, il termine di decadenza nella specie applicabile va individuato in quello triennale di cui al medesimo art. 76, comma 2.

Questa corte di legittimità ha più volte ribadito (tra le altre, Cass. n. 27080/16; n. 2275/17; n. 20265/18; 23226/19) il principio già espresso dalle SSUU con la sentenza n. 1196/00, la quale – in una fattispecie di disconoscimento dell’agevolazione “prima casa”, ma sulla base di considerazioni di portata generale – ha avuto modo di affermare che, in assenza di una specifica disciplina (come nel caso di recupero da parte dell’ufficio dell’imposta di registro, avente natura complementare, per ragioni differenti dalla rettifica di valore del bene) il termine di decadenza stabilito dalla legge (nella specie appunto triennale, D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 76, comma 2), non può che farsi decorrere, stante l’operatività anche in materia delle comuni norme dell’ordinamento (art. 2964 c.c. e segg.), a partire dal momento in cui sussista il potere di compiere o tenere l’atto od il comportamento accertativo.

Questa regola induce a ritenere che, nella presente fattispecie, l’amministrazione finanziaria fosse in grado di procedere all’accertamento del venir meno del beneficio ex art. 33 cit., con conseguente liquidazione dell’imposta ordinaria in luogo di quella agevolata, fin dal momento in cui la P3 srl ebbe ad alienare a terzi la massima parte dei lotti acquistati in regime di agevolazione; vale a dire, più precisamente, fin dalla registrazione degli atti pubblici di trasferimento dei lotti intercorsi tra il luglio 2004 ed il marzo 2008.

Posto che l’amministrazione finanziaria non ha mai contestato (e la circostanza, del resto, trova conferma anche nella sentenza qui impugnata) nè l’effettiva alienazione a terzi dei terreni nelle date indicate dalla società (come da documentazione notarile versata in atti fin dal primo grado di giudizio) nè la registrazione nei termini di legge degli atti di vendita così realizzati, il termine ultimo di notificazione dell’avviso di liquidazione in oggetto andava individuato, con riguardo all’ultima delle cessioni, nel marzo 2011, a fronte di notificazione invece effettuata soltanto il 16 gennaio 2012.

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo accolto, con pronuncia nel merito ex art. 384 c.p.c., – non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto – mediante accoglimento del ricorso introduttivo della società contribuente.

Le spese del presente giudizio di legittimità sono poste a carico dell’amministrazione finanziaria soccombente; stante il progressivo consolidarsi in corso di causa del su richiamato indirizzo interpretativo, sussistono i presupposti per la compensazione delle spese dei gradi di merito.

PQM

La Corte:

– accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;

– cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della società contribuente;

– pone le spese del presente giudizio di cassazione a carico dell’amministrazione finanziaria, liquidate in Euro 7000,00 per compensi, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge; compensa le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2020

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