Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28575 del 29/11/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 29/11/2017, (ud. 21/06/2017, dep.29/11/2017),  n. 28575

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

1. Con sentenza n. 99 del 21 settembre 2011, la Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla Privata Leasing s.p.a. avverso l’avviso di accertamento ai fini IVA ed IRAP relativamente all’anno 2004, con cui l’amministrazione finanziaria aveva rettificato la dichiarazione IRES/IRAP presentata dalla incorporata Monza e Brianza Leasing s.p.a., riprendendo a tassazione componenti negativi di reddito, costituiti da ammortamenti dei maxicanoni incassati alla sottoscrizione dei contratti di locazione, ritenuti non deducibili ai sensi degli artt. 102 e 109 TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986).

1.1. I giudici di appello sostenevano che in base al disposto di cui all’art. 68, comma 8, (ora art. 102, comma 7) TUIR, come modificato dalla L. n. 549 del 1995, per le società di leasing il criterio in base al quale determinare la quota di ammortamento deducibile è costituito dal “piano di ammortamento finanziario”, che consente peraltro di costituire un collegamento funzionale tra i ricavi ed i costi di competenza, in quanto la società di leasing rileva, tra i ricavi, i canoni periodici maturati nell’esercizio e, tra i costi, le quote di ammortamento di importo corrispondente alle quote di capitale insite nei canoni medesimi; che alla luce della nuova impostazione contabile (diversa dalle quote costanti determinate in base alla durata del contratto di leasing, previsto ante L. n. 549 del 1995), il maxicanone altro non era che un canone di locazione iniziale più alto rispetto ai successivi e va pertanto contabilizzato tra i ricavi di competenze e, in contropartita, tra i costi, va contabilizzata, a titolo di ammortamento, la quota di capitale da recuperare relativa al maxicanone, cosicchè, dalla contrapposizione, a fine esercizio si ottiene il risultato economico rappresentato dagli interessi di competenza maturati nell’esercizio.

2. Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso

per cassazione affidato ad un unico motivo di violazione di legge cui replica l’intimata con controricorso e memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

1. La ricorrente Agenzia deduce con il motivo di ricorso la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 83, comma 1, primo periodo, art. 102, comma 7, art. 109, comma 5, art. 821 c.c., nonchè dei principi in tema di leasing finanziario con riferimento alla causa del medesimo e, quindi, dell’art. 1325 c.c., comma 1, n. 2.

1.1. Sostiene che la CTR, in violazione delle citate disposizioni aveva ritenuto corretta l’operazione contabile effettuata dalla società contribuente con riferimento ai contratti di leasing finanziario il cui periodo di esecuzione iniziava nell’anno in verifica (2004), consistita nella contabilizzazione nel conto “ammortamento beni dati in locazione” della quota capitale comprensiva dei maxicanoni incassati dalla medesima alla sottoscrizione dei contratti; operazione, invece, non consentita alla stregua delle seguenti argomentazioni:

1) il maxicanone non viene determinato in funzione del progressivo deterioramento del bene dato in locazione finanziaria, come accade per i canoni normali (incorporanti la quota capitale, cioè la parte corrispondente alla perdita di valore del bene riferita all’anno in cui il canone è dovuto), nè del piano di rientro dal finanziamento indiretto insito nel contratto di leasing, ma, avendo soltanto funzione di garanzia della società concedente, è un valore riferito all’intero periodo di durata del contratto;

2) in assenza di una specifica normativa in materia, deve applicarsi il generale principio di competenza previsto dall’art. 109, comma 5, TUIR;

3) la CTR, in violazione del divieto di ammortamento anticipato, previsto dall’art. 102, comma 7, TUIR, aveva consentito l’ammortamento nel primo anno del maxicanone, da intendersi quale parziale anticipazione dell’ammortamento del deprezzamento del bene previsto per gli anni successivi;

4) la sola modalità di ammortamento fiscale della parte di valore del bene compensata dal maxicanone, consentita dalle disposizioni vigenti e dalle istruzioni del 9/02/1996 della Banca d’Italia (in cui si afferma che “il maxicanone riguardante l’intera durata del contratto di leasing sia ripartito sulla base del periodo contabile di competenza”), è quella di “spalmare” l’importo del maxicanone su tutti gli esercizi di durata del contratto di leasing, attraverso il meccanismo delle variazioni fiscali di cui all’art. 83, comma 1, primo periodo, TUIR;

5) è irrilevante la circostanza valorizzata dalla CTR secondo cui il sistema dell’ammortamento “finanziario” realizzerebbe -il perfetto bilanciamento tra ricavi di competenza (costituito dal maxicanone e dai canoni maturati anno per anno) e costi di competenza (costituiti dalle quote di ammortamento);

6) la tesi accolta dai giudici di appello opera una non consentita commistione tra criterio di competenza e criterio di cassa, in quanto il maxicanone diviene determinante ai fini del calcolo della quota di ammortamento del primo anno non perchè maturato, ma perchè incassato in tale anno;

7) la tesi contraria a quella sostenuta dalla CTR trova conferma nella posizione dell’utilizzatore del bene in leasing, simmetrica a quella del concedente, in relazione al quale questa Corte (sent. n. 7209/1997, n. 10147/2000, n. 8139/2002) ha affermato che non è consentito all’imprenditore computare tra i costi dell’esercizio un canone iniziale, relativo ad un contratto di leasing, maggiorato rispetto ai successivi, atteso che – essendo quello di leasing un contratto in cui la periodicità delle prestazioni si correla alla utilizzazione frazionata del bene nei singoli esercizi – la maggiorazione del canone anticipa nel tempo le spese di competenza di esercizi successivi, nei quali i correlativi ricavi sono prodotti.

1.2. Le critiche mosse dalla controricorrente alle tesi avversarie si fondano sulle seguenti articolate argomentazioni:

a) in base all’interpretazione letterale del disposto di cui all’art. 67, comma 8, TUIR (ora art. 102, comma 7), secondo cui “Per i beni concessi in locazione finanziaria l’impresa concedente che imputa a conto economico i relativi canoni deduce quote di ammortamento determinate in ciascun esercizio nella misura risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario”, deve ritenersi non ammessa alcuna variazione dell’importo da esso risultante, che pertanto l’amministrazione non può nè disconoscere nè rideterminare a proprio piacimento;

b) alla medesima conclusione deve pervenirsi alla stregua dell’interpretazione teleologica e storico-sistematica della citata disposizione, come reso evidente dal contenuto della relazione al disegno di legge poi trasfuso nella L. n. 549 del 1995 (che ha modificato anche il citato art. 67, comma 8, TUIR), che, al fine di coordinare la disciplina fiscale con quella relativa ai bilanci degli enti bancari e finanziari, ha riconosciuto l’opportunità di applicare anche ai fini fiscali il procedimento di ammortamento secondo il metodo finanziario (id est, del piano di ammortamento finanziario), che tenesse conto esclusivamente delle quote di capitale investito, progressivamente recuperate attraverso i canoni periodici;

c) a tale conclusione era pervenuta la stessa amministrazione finanziaria con la risoluzione n. 69/E del 10 maggio 2004;

d) i principi giurisprudenziali citati dalla ricorrente con riferimento alla posizione dell’utilizzatore erano nella specie inconducenti, riguardando fattispecie ricadenti nella disciplina antecedente alle modifiche apportate dalla L. n. 549 del 1995;

e) il principio di competenza, invocato dall’amministrazione finanziaria, nella specie è derogato espressamente dall’art. 109, comma 1, TUIR ed in ogni caso, sotto il profilo sostanziale, nel momento in cui la norma fiscale pone il piano di ammortamento finanziario del contratto di leasing come unico criterio per la determinazione della competenza dell’ammortamento, ovvero della componente negativa di reddito, anche l’imputazione dei canoni di leasing tra i ricavi non può che seguire il medesimo piano;

f) il richiamo al divieto di ammortamento anticipato, previsto dall’art. 102, comma 7, TUIR, è errato atteso che la disposizione in esame va correlata con la regola generale dell’ammortamento anticipato previsto dal comma 3 della medesima disposizione, secondo cui la misura dell’ammortamento “può essere elevata fino a due volte, per ammortamento anticipato nell’esercizio in cui i beni sono entrati in funzione per la prima volta e nei due successivi”, derogata dal settimo comma e, quindi, non applicabile nei piani di ammortamento finanziario;

g) nella fattispecie le risultanze processuali attestano pacificamente che il maxicanone iniziale è imputato interamente a quota capitale, che ha una funzione essenziale nel determinare l’entità del finanziamento “implicito”;

h) la Banca d’Italia nelle istruzioni del 9 febbraio 1996 ha espressamente affermato che “il maxicanone riferibile al primo periodo di validità del contratto sia imputato tra i ricavi in detto periodo. In contropartita tra i costi andrà rilevata una quota di ammortamento di pari importo, con l’effetto che il valore del bene da ammortizzare negli esercizi successivi risulterà decurtato dell’intero maxicanone in questione”.

2. Precisate le questioni poste nel presente giudizio, deve preliminarmente esaminarsi le eccezioni sollevate dalla controricorrente di inammissibilità del ricorso erariale per violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, che sono infondate e vanno rigettate.

2.1. La prima eccezione, di improcedibilità del ricorso per non avere la difesa erariale prodotto in giudizio gli atti processuali sui quali è fondato il motivo in esame, dev’essere rigettata alla stregua del rilievo che quello posto nel ricorso è questione di diritto la cui risoluzione non dipende dall’esame di alcun atto o documento, che neppure la controricorrente individua, indicandolo come necessario alla decisione del ricorso (in termini, Cass. n. 12028 del 2010; n. 3522 del 2011).

2.2. La palese infondatezza della seconda eccezione formulata dalla controricorrente, di inammissibilità del ricorso per genericità dello stesso per essersi l’amministrazione finanziaria “limitata ad affermare genericamente l’erroneità delle decisione dei giudici di seconde cure, mediante la sostanziale ridevoluzione delle argomentazioni già esposte nel giudizio di merito”, omettendo “di individuare i capi da censurare della sentenza impugnata ovvero i passaggi logico-giuridici che a suo avviso sarebbero illegittimi”, è palesemente infondata, emerge con tutta evidenza dall’esposizione che sopra si è fatta delle questioni poste nel presente giudizio e delle contrapposte tesi sostenute dalle parti, rilevandosi come la specificità e complessità delle questioni poste dalla ricorrente emergono già solo considerando le numerose contrapposte tesi sviluppate dalla controricorrente nel proprio atto di costituzione e, quindi, nella memoria pure successivamente depositata.

3. Venendo, quindi, al merito della vicenda processuale, il Collegio ritiene infondato il motivo di ricorso, che va rigettato.

4. Incontestate le circostanze di fatto inerenti la stipula di contratti di leasing finanziario da parte della società contribuente, che prevedevano la corresponsione alla medesima di un maxicanone iniziale che quest’ultima nell’anno di imposta 2004 ha interamente contabilizzato in conto “ammortamento beni dati in locazione” (pag. 2 del p.v.c., riprodotto a pag. 17 del controricorso), pare necessario premettere, sul piano normativo, che, in tema di ammortamento dei beni materiali concessi in locazione finanziaria, l’originario D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 8, che consentiva la deducibilità di “quote costanti di ammortamento determinate in funzione della durata del contratto e commisurate al costo del bene diminuito dal prezzo convenuto per il trasferimento della proprietà al termine del contratto” (fissando anche le condizioni di ammissibilità, non rilevanti per la soluzione del caso di specie), ha subito una radicale, quanto sostanziale modifica ad opera della L. n. 549 del 1995 (c.d. Finanziaria del 1996), art. 3, comma 103, lett. c), che ha riformulato il testo (rimasto ad oggi invariato, fatta eccezione per la numerazione, modificata per effetto della riforma del 2004, e divenuto art. 102, comma 7), che nella sua prima parte prevede che “Per i beni concessi in locazione finanziaria le quote di ammortamento sono determinate in ciascun esercizio nella misura risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario e non è ammesso l’ammortamento anticipato”.

Non è superfluo segnalare che la citata legge Finanziaria del 1996, art. 3, comma 103, lett. d), ha altresì sostituito l’art. 71 TUIR (ora art. 106), dettato in tema di “Svalutazione dei crediti e accantonamenti per rischi su crediti”, prevedendo “per gli enti creditizi e finanziari di cui al D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 87”, la deducibilità in ciascun esercizio delle “svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l’importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle operazioni di erogazione del credito alla clientela, compresi i crediti finanziari concessi a Stati, banche centrali o enti di Stato esteri destinati al finanziamento delle esportazioni italiane o delle attività ad esse collegate” (comma 3), specificando che “nell’ammontare dei crediti si comprendono anche quelli impliciti nei contratti di locazione finanziaria” (comma 4).

5. L’evoluzione legislativa sopra illustrata ha di fatto normativizzato il c.d. metodo finanziario – peraltro espressamente previsto dal principio contabile internazionale IAS 17 – per la rilevazione contabile del contratto di leasing finanziario. E la differenza con il metodo patrimoniale è che in quest’ultimo l’operazione di leasing è considerata alla stregua di una locazione di beni, nella quale i canoni corrisposti dal locatario sono imputati a conto economico, mentre con il metodo finanziario l’operazione è considerata come un finanziamento per l’acquisto di un bene strumentale.

6. Metodo contabile, quello finanziario, ritenuto applicabile per i contratti di leasing stipulati da società di locazione finanziaria (com’è la controricorrente) dalla stessa amministrazione finanziaria, che già nella circolare ministeriale n. 137/E del 15/05/1997 riconosceva espressamente che l’art. 67, comma 8, del TUIR (ora 102, comma 7), prevede l’ammortamento con il metodo finanziario delle immobilizzazioni materiali, “ciò in quanto, anche se nelle voci dello stato patrimoniale delle società di locazione finanziaria è indicato il valore del bene dato in leasing, tuttavia esso è considerato un credito implicito ai sensi dell’art. 71 (ora art. 106), comma 4, del TUIR”.

7. Tale ultima affermazione rende ragione del convincimento di questo Collegio che il contratto di locazione finanziaria, anche alla luce della definizione contenuta nell’art. 1, comma 136, della recente “Legge annuale per il mercato e la concorrenza”, n. 124 del 2017, (secondo cui “Per locazione finanziaria si intende il contratto con il quale la banca o l’intermediario finanziario iscritto nell’albo di cui all’art. 106 del testo unico di cui al D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, si obbliga ad acquistare o a far costruire un bene su scelta e secondo le indicazioni dell’utilizzatore, che ne assume tutti i rischi, anche di perimento, e lo fa mettere a disposizione per un dato tempo verso un determinato corrispettivo che tiene conto del prezzo di acquisto o di costruzione e della durata del contratto.

Alla scadenza del contratto l’utilizzatore ha diritto di acquistare la proprietà del bene ad un prezzo prestabilito ovvero, in caso di mancato esercizio del diritto, l’obbligo di restituirlo”), altro non sia che un contratto di finanziamento (la società di leasing acquista, in vece del locatario, un bene che poi gli concede in godimento), inquadrabile nella più ampia categoria delle operazioni di credito ed equiparabile al mutuo.

7.1. Tesi questa pure condivisa dall’amministrazione finanziaria che nella risoluzione n. 69/E del 10 maggio 2004, ha affermato con maggior chiarezza che “a seguito delle modifiche apportate all’art. 102, comma 7, appena richiamato, dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, comma 103, lett. c., il bene concesso in leasing, se pur iscritto nell’attivo dello stato patrimoniale della società concedente (la quale risulta averne la titolarità giuridica), è considerato alla stregua di capitale dato in prestito. Le relative quote di ammortamento sono infatti determinate, in ciascun esercizio, sulla base di un apposito piano, concordato dalle parti, in cui viene individuata la quota del capitale incorporata nei canoni periodici.

Per la società di leasing, dunque, il processo di ammortamento segue criteri indipendenti dalla materialità e deperibilità dei beni concessi in locazione finanziaria risultando collegato, piuttosto, all’esborso finanziario sopportato e al credito vantato nei confronti dell’utilizzatore (quantificato nei canoni che quest’ultimo deve corrispondere, in forza del contratto stipulato, per ottenere il bene in godimento)”, fermo restando, comunque, che “la deducibilità dei canoni pagati dal conduttore rest(a) subordinata alla circostanza che lo stesso bene sia effettivamente suscettibile di un processo di ammortamento, al pari di un acquisto in proprietà”;

8. Pertanto, l’iniziale maxicanone normalmente previsto nei contratti di leasing finanziario ha, come i canoni successivi, natura di credito implicito a tali contratti, che, essendo “riferibile al primo periodo di validità del contratto”, deve essere “imputato tra i ricavi in detto periodo. In contropartita tra i costi andrà rilevata una quota di ammortamento di pari importo, con l’effetto che il valore del bene da ammortizzare negli esercizi successivi risulterà decurtato dell’intero maxicanone in questione” (in tal senso la Banca d’Italia nelle istruzioni n. 34762 del 9 febbraio 1996).

E ciò nel rispetto di quanto espressamente previsto dall’art. 102, comma 7, TUIR, in relazione al quale, alla luce delle complessive considerazioni svolte, può affermarsi il principio secondo cui, in tema di ammortamenti di beni materiali concessi in locazione finanziaria, da considerarsi alla stregua di capitale dato in prestito (stante la natura di contratto di finanziamento della locazione finanziaria, inquadrabile nella più ampia categoria delle operazioni di credito ed equiparabile al mutuo), la citata disposizione consente all’impresa concedente, che adotta a fini contabili il metodo c.d. finanziario, imputando a conto economico i relativi canoni, di dedurre, in ciascun esercizio di competenza, le quote di ammortamento previste dal relativo “piano di ammortamento finanziario”, anche con riferimento al maxicanone, ove ricompreso in detto piano e per la relativa quota di capitale.

9. Deve, quindi, darsi continuità al principio affermato da questa Corte in una vicenda del tutto analoga a quella qui vagliata, nelle sentenze n. 9559, n. 9560 e n. 9561 del 2011 (poi seguita da Cass. n. 9096 del 2012, n. 5349 del 2014 e n. 4043 del 2015), secondo cui “ai fini dell’IRPEG sui redditi di impresa e con riguardo ai costi deducibili per beni conseguiti in locazione finanziaria, a seguito della modifica normativa prevista dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, commi 103, lett. c) e art. 109, il cd. “maxicanone”, corrisposto con il pagamento della prima rata, va contabilizzato interamente nell’esercizio di competenza”.

9.1. In dette pronunce si è evidenziata, con argomentazioni che vanno condivise, la radicale trasformazione subita dal 1995 in poi dal sistema di locazione finanziaria “a seguito dell’innovazione introdotta al riguardo dalla L. n. 549 del 1995, c.d. finanziaria del 1996, applicabile nella specie, secondo cui ex art. 3, commi 103, lett. c) e art. 109 nel caso in esame deve applicarsi il c.d. metodo finanziario adottato dall’impresa secondo il piano di ammortamento previsto nel conto economico, con la conseguente deducibilità del maxicanone corrisposto col pagamento della prima rata da parte del detentore, e cioè secondo il criterio di competenza, come nella specie. Infatti la normativa al riguardo chiaramente sancisce che “… la disposizione della lett. c) del medesimo comma 103 si applica per i beni consegnati a decorrere dal periodo di imposta per il quale il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi scade successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge; per i periodi di imposta precedenti sono fatti salvi gli effetti derivanti dall’applicazione del criterio previsto dalla predetta lett. c) e delle disposizioni di cui alla lett. e) del medesimo comma 103. Per i contratti di locazione finanziaria relativi a beni il cui ammortamento sia iniziato anteriormente al predetto periodo di imposta, ai fini del computo del limite previsto dall’art. 71 del citato testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, si considerano anche i crediti impliciti su tali contratti, se l’ammortamento di detti beni è computato con i criteri introdotti dalla lett. c) del comma 103…Per i periodi di imposta precedenti sono fatti salvi gli effetti derivanti dall’applicazione dei criteri adottati anche se diversi da quello previsto da tale disposizione”.

10. Conclusivamente, quindi, il motivo di ricorso va rigettato e le spese processuali, soltanto a voler considerare la sopravvenienza di pronunce giurisprudenziali sulla specifica questione, peraltro di particolare complessità, vanno integralmente compensate tra le parti.

PQM

Rigetta il motivo di ricorso e compensa le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2017

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