Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28568 del 20/12/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 28568 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MAROTTA CATERINA

ORDINANZA
sul ricorso 24904-2011 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati
ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO, EMANUELE
DE ROSE, VICENZO STUMPO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente contro
PUTIGNAGNO RAFFAELE, elettivamente domiciliato in ROMA,
presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv.
MERCURIO MAZZEI, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

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Data pubblicazione: 20/12/2013

avverso la sentenza n. 5479/2010 della CORTE D’APPELLO di
BARI del 26/10/2010, depositata il 04/11/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;
udito per il ricorrente l’Avvocato GIUSEPPE MATANO (per delega

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GIULIO
ROMANO che si riporta alla relazione scritta.
1 – Considerato che è stata depositata relazione del seguente
contenuto:
“Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Lucera, Raffaele
Putig-nano, operaio agricolo a tempo determinato, conveniva in
giudizio l’I.N.P.S., chiedendo la riliquidazione dell’indennità di
disoccupazione agricola per l’anno 2001. Il ricorrente, premesso che il
suddetto trattamento di disoccupazione gli era stato corrisposto
dall’Ente previdenziale sulla base del salario medio convenzionale
congelato all’anno 1995, sosteneva che lo stesso dovesse essere invece
calcolato, ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 146 del 1997, sui minimi
retributivi previsti dalla contrattazione collettiva provinciale, con
conseguente diritto alle differenze tra quanto spettante e quanto
percepito. L’adito Tribunale dichiarava inammissibile la domanda per
intervenuta decadenza. A seguito dell’appello proposto dalla parte
privata, la Corte di appello di Bari, con sentenza del 2 novembre 2010,
n. 5479/2010, accoglieva la domanda includendo nella base di calcolo
per la liquidazione dell’indennità di disoccupazione anche le somme
corrisposte a titolo di quota di T.F.R..
Per la cassazione della pronuncia della Corte territoriale ricorre
l’I.N.P.S., affidandosi a tre motivi.
Resiste con controricorso il Putig-nano.
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avv. ANTONIETTA CORETTI) che si riporta agli scritti.

Con il primo motivo di ricorso l’Istituto ricorrente denunzia
violazione dell’art. 47 d.P.R. n. 639/70, eccependo la decadenza.
Con secondo e terzo motivo di ricorso l’I.N.P.S. lamenta violazione
e falsa applicazione dell’art. 18, comma 18, del D.L. n. 98/2011
convertito in legge n. 11/2011 (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.) nonché

florovivaisti del 10 luglio 1998 in relazione all’art. 6, comma 4, lett. a)
del d.lgs. n. 314 del 1997 ed all’art. 3 del D.L. 14 giugno 1996, n. 318,
conv. nella legge 29 luglio 1996, n. 402, nonché in relazione agli arti
1362 e segg., 2120 cod. civ. ed all’art. 4, commi 10 e 11, della legge 29
maggio 1982 n. 297 (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.) censurando la
sentenza per avere incluso, nella retribuzione da prendere a base per la
liquidazione dell’indennità di disoccupazione agricola, anche la voce
denominata quota di T.F.R., voce che – contrariamente a quanto
affermato la Corte territoriale – ha natura di retribuzione differita.
Il primo motivo è manifestamente infondato, non ravvisandosi la
decadenza in caso di riliquidazione della prestazione previdenziale,
secondo il principio affermato dalla sentenza delle Sez. U, n. 12720 del
29/05/2009: «La decadenza di cui all’art. 47 del d.P.R 30 aprile 1970,
n. 639 – come interpretato dall’art. 6 del di. 29 marzo 1991, n. 103,
convertito, con modificazioni, nella legge 1 giugno 1991, n. 166 – non
può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale
sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla
prestazione previdenziale in sé considerata, ma solo l’adeguamento di
detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello
dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso
in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o
ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non

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violazione degli artt. 44, 49 e 53 del C.C.N.L. per gli operai agricoli e

soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione
decennale».
Nello stesso senso da ultimo è stato affermato (cfr. Cass. n. 6959
del 08/05/2012 e successive conformi) che: «In tema di decadenza
delle azioni giudiziarie volte ad ottenere la riliquidazione di una

d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv. in 1. n. 111 del 2011 – che prevede
l’applicazione del termine decadenziale di cui all’art. 47 del d.P.R. 30
aprile 1970 n. 639, anche alle azioni aventi ad oggetto l’adempimento
di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del
credito -, detta una disciplina innovativa con efficacia retroattiva
limitata ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore
delle nuove disposizioni, con la conseguenza che, ove la nuova
disciplina non trovi applicazione, come nel caso di giudizi pendenti in
appello alla data predetta, vale il generale principio dell’inapplicabilità
del termine decadenziale».
E’, invece, manifestamente fondato il terzo motivo (con
assorbimento del secondo) alla stregua della recente giurisprudenza di
questa S.C. secondo cui, ai fini della liquidazione delle prestazioni
temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla
contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario
medio convenzionale d.lgs. 16 aprile 1997, n. 146, ex art. 4 – non è
comprensiva del trattamento di fine rapporto. Ne consegue che la voce
denominata quota di T.F.R. dai contratti collettivi vigenti a partire da
quello del 27.11.1991, evidenziata nei prospetti paga ma non erogata se
non alla fine del rapporto di lavoro, va esclusa dal computo della
indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà espressa
dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in forza della
disposizione di cui al d.l. 14 giugno 1996, n. 318, art. 3, convertito nella
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prestazione parzialmente riconosciuta, la novella dell’art. 38 lett. d) del

legge 29 luglio 1996, n. 402, a norma della quale, agli effetti
previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non
può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli
accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa
rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna

collettiva (cfr. Cass. n. 200 del 5 gennaio 2011, id n. 11152 del 20
maggio 2011, n. 17832 del 30 agosto 2011, n. 7118 del 10 maggio 2012
e numerose altre conformi). Recentemente, peraltro, il significato della
norma di cui all’art. 4 del d. lgs. n. 146 del 1997, individuato dalla
giurisprudenza sopra citata, è stato esplicitato anche dal legislatore, che
al d.l. n. 98 del 2011, art. 18, comma 18, conv. nella legge n. 111 dello
stesso anno, ha specificato che « il d.lgs. 16 aprile 1997, n. 146, art. 4 e
il d.l. 10 gennaio 2006, n. 2, art. 1, comma 5 conv. con modificazioni
dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, si interpretano nel senso che la
retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore
degli operai agricoli a tempo determinato non è comprensiva della
voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla
contrattazione collettiva».
Per tutto quanto sopra considerato, si propone raccoglimento del
terzo motivo di ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc.
civ., n. 5”.
2 – Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte dal relatore
siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata
giurisprudenza di legittimità in materia. Ricorre con ogni evidenza il
presupposto dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ. per la definizione
camerale del processo, soluzione non contrastata dalle parti – che non
hanno depositato memoria – e condivisa dal Procuratore generale, che
ha aderito alla relazione.
Ric. 2011 n. 24904 sez. ML – ud. 24-10-2013
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illegittima alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia

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Conseguentemente, il ricorso va accolto e la sentenza cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ex art. 384,
comma 2, cod. proc. civ., la causa può decidersi nel merito, rigettando
la domanda di inclusione della quota di T.F.R. nella base di calcolo della
indennità di disoccupazione agricola.

propugnata dalla sentenza impugnata consigliano la compensazione
delle spese dell’intero processo.
P. Q . M.
LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e,
decidendo nel merito, rigetta la domanda quanto alla inclusione della

quota di T.F.R. nella base di calcolo dell’indennità di disoccupazione
agricola. Compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 ottobre 2013.

4 – L’esito complessivo del giudizio e la relativa novità della tesi

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