Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28564 del 20/12/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 28564 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: STILE PAOLO

SENTENZA

sul ricorso 15655-2011 proposto da:
MISSERI GIUSEPPE C.F. MSSGPP42L18G273C, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 106, presso
lo studio dell’avvocato FALVO D’URSO FRANCESCO,
rappresentato e difeso dall’avvocato GAMBINO LIBORIO,
giusta delega in atti;
bg,

– ricorrente –

2013
3309

contro

– CON.CE.BI . S.R.L. CONGLOMERATI CEMENTIZI BITUMINOSI
C.F. 00784250821, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

Data pubblicazione: 20/12/2013

CIRCONVALLAZIONE CLODIA 36-A,

presso lo studio

dell’avvocato PISANI FABIO, rappresentata e difesa
dall’avvocato EQUIZZI AGOSTINO, giusta delega in atti;
– BORDONARO PIETRO C.F. BRDPTR62M14G273K, BORDONARO
BENITO C.F. BRDBNT65012G273M, elettivamente

presso lo studio dell’avvocato PISANI FABIO,
rappresentati e difesi dall’avvocato EQUIZZI AGOSTINO,
giusta delega in atti;
– controricorrenti non chè contro

BORDONARO GIUSEPPE, I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER
L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO C.F.
01165400589;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1587/2010 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 21/02/2011, R.G.N. 27/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/11/2013 dal Consigliere Dott. PAOLO
STILE;
udito l’Avvocato GAMBINO LIBORIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per il rigetto .

domiciliati in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 36-A,

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 17 Giugno 1999, Giuseppe Misseri, premesso che in data
2 dicembre 1993, mentre lavorava in qualità di autista “presso la cava Borsellino”
alle dipendenze della CONCEBI SRL subiva un infortunio rimanendo paralizzato
alla gamba sinistra, assumeva che la responsabilità dell’evento era da imputare

di proprietario della cava,
Adduceva che era stata attuata “una intermediazione di mere prestazioni di
lavoro” tra il proprietario della cava e la società e che la responsabilità solidale di
entrambi traeva origine dalla violazione delle disposizioni contenute nell’art 2087
c.c.
Chiedeva, pertanto, la condanna dei predetti “in solido o pro quota secondo la
misura delle rispettive responsabilità”, al risarcimento del danno
complessivamente determinato nella somma dì £. 700.000000 o nella maggiore o
minore somma da determinarsi in corso di causa.
Si costituiva la CONCEBI SRL, assumendo che nessuna responsabilità poteva ad
essa essere attribuita dovendo l’evento infortunistico essere imputato a fatto
esclusivo dello stesso Misseri. Questi, infatti —aggiungeva la società-, alla guida di
un autocarro, avendo notato, durante le operazioni di carico del mezzo con terra,
delle pietre che ostruivano il passaggio, scendeva dall’autocarro dopo aver
inserito il freno di manovra; sennonché, accortosi che il mezzo, privo di
conducente, aveva iniziato improvvisamente a scendere lungo il pendio, si poneva
al suo inseguimento, tentando di aggrapparsi allo sportello, ma, mentre era in
procinto di aprirlo, veniva sbalzato a terra con violenza, rimanendo travolto dalle
ruote posteriori e riportando lesioni gravissime.
L’INAIL, costituitosi. eccepiva il suo difetto di legittimazione passiva.
Con sentenza del 28.9.2007 il G.L. del Tribunale di Palermo riteneva provata la

alla società ed a Salvatore Bordonaro, nelle rispettive qualità di datore di lavoro e

sussistenza della dedotta ipotesi di intermediazione vietata di mano d’opera, e,
considerata imprudente la condotta del lavoratore, anche se non al punto da
interrompere il nesso causale fra le omissioni datoriali e l’evento dannoso,
valutava l’incidenza causale della “colpa” del lavoratore in misura pari ai due
terzi; inoltre, accertato che dall’infortunio era occorso al Misseri un danno

biologico nella misura del 55%, ed applicati i criteri dettati dal D. Lgs. n. 38/2000
e dalla tabella dl cui al DM 12.7.2000, riteneva spettante ai lavoratore al detto
titolo la somma di

e

45.144,63. Riteneva, pure, il G, L palermitano spettante al

Misseri, a titolo di risarcimento del danno morale, la somma di C 11,286,15
corrispondente ad un quarto dell’importo riconosciuto a titolo di risarcimento del
danno biologico.
Condannava, pertanto, Salvatore Bordonaro e la CON.CE.BI s.r.l. a
corrispondere, in solido tra loro, la somma di € 56.430,78 oltre accessori e spese
di lte che compensava per la metà.
Avverso tale decisione proponeva appello la società, chiedendone la riforma.
Si costituiva il Misseri, chiedendo il rigetto del gravame e, assumendo che la sua
condotta non poteva essere considerata concausa dell’evento, che andava
totalmente attribuito al Bordonaro e alla società, chiedeva, con appello
incidentale, condannarsi gli stessi in solido a corrispondergli la somma di €
361.519,83, o quella maggiore o minore che risultasse dovuta.
Né l’INAIL né gli eredi del deceduto Bordonaro, Pietro, Benito e Giuseppe
Bordonaro, si costituivano.
Con sentenza del 14 ottobre 2010-21 febbraio 2011, l’adita Corte d’appello di
Palermo, ritenuto che l’infortunio era da imputare esclusivamente al lavoratore, il
quale, per una scelta volontaria e del tutto arbitraria, aveva affrontato un rischio
diverso da quello inerente all’attività lavorativa, rigettava la domanda proposta
con il ricorso introduttivo, condannando il Misseri alle spese, in favore della

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CON.CE.BI s.r.1., del doppio grado di giudizio, nulla disponendo nei confronti
delle altre parti rimaste contunaci.
Per la cassazione di tale pronuncia ricorre Giuseppe Misseri con quattro motivi.
Resistono con controricorso la società CON.CE.BI e Benito e Pietro Bordonaro,
mentre Giuseppe Bordonaro e l’INAIL non hanno svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il Misseri, denunciando nullità della sentenza per violazione
e/o elusione del giudicato (art.360 n. 4 c.p.c.), violazione e falsa applicazione
dell’art.332 c.p.c. (art.360 n-3 c.p.c.), violazione dell’ art. 2909 c.c., unitamente a
vizio di motivazione (art.360 nn. 3 e 5 c.p.c.), violazione e falsa applicazione della
1. n. 1369 del 1960, art. 1 e 3 e degli artt. 1362 ss. c.c., nonché vizio di
motivazione (art.360 nn. 3 e 5), sostiene che la Corte d’appello ha errato nel
riformare la sentenza del tribunale sia per la parte relativa alla responsabilità della
CON.CE.BI sia per la parte relativa alla responsabilità di Salvatore Bordonaro,
dato che solo la società predetta aveva impugnato la sentenza del tribunale, con
conseguente passaggio in giudicato della pronuncia nei confronti del Bordonaro.
Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando omessa o carente motivazione su
punti decisivi della controversia (art.360 n.5 c.p.c.), violazione e falsa
applicazione dell’art.2087 c.c. (art.360 nn. 3 e 5 c.p.c.), violazione e falsa
applicazione dell’art.1218 c.c. (art.360 nn. 3 e 5 c.p.c.), violazione e falsa
applicazione degli artt. 1 e 3 della 1.23 ottobre 1960, n. 1369 (art. 360 n. 3 e 5
c.p.c.), lamenta che la Corte d’appello abbia genericamente escluso “elementi di
responsabilità” a carico del datore di lavoro senza specificare se abbia inteso
riferirsi al Bordonaro, che di fatto utilizzava le prestazioni di lavoro, o alla
CON.CE.BI ., che era il datore di lavoro intermediante, così privando la
motivazione di un essenziale chiarimento e, comunque, violando le disposizioni di
legge degli artt. 1218, 2087 c.c. e degli artt. le 3 della legge, al tempo vigente, del

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23 ottobre 1960 n. 1369.
Con ulteriore motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 5 c.p.c.),
violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p. (art. 360 nn 3 e 5 c.p.c.),
violazione e falsa applicazione dell’art. 2087 cc. in relazione a violazione e falsa

applicazione degli artt. 4 del d.p.r. n. 547 del 1955 (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.),
violazione e falsa applicazione dell’art. 35 Costituzione (art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.),
Sostiene il Misseri che la Corte d’appello ha completamente ignorato la rilevanza,
sotto il profilo causale, del guasto dell’impianto frenante dell’autocarro, senza del
quale il veicolo non si sarebbe mosso ed il sinistro non si sarebbe verificato,
erroneamente escludendo ogni responsabilità del datore di lavoro.
Con il medesimo motivo il ricorrente evidenzia anche che la Corte territoriale ha
del tutto omesso di considerare come sia anche mancata la prova delle necessarie
informazioni, (al Misseri) del funzionamento dell’impianto frenante del mezzo e
come tale carenza probatoria andava colmata dal datore di lavoro e non dal
lavoratore.
Con l’ultimo motivo si denuncia omessa, carente e contradditoria motivazione su
elementi decisivi della controversia ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., violazione e
falsa applicazione dell’art. 2087 c.c., in relazione a violazione e falsa applicazione
dell’art. 5 d.p.r 303/56 ai sensi dell’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., nonché violazione e
falsa applicazione degli artt. 6 DPR n. 547/55, 2045 c.c. e 54 c.p. (art. 360 nn. 3 e
5 c.p.c.).
Lamenta il Misseri che il Giudice a quo abbia ritenuto abnorme la condotta dallo
stesso tenuta senza considerare che l’errore dell’omesso inserimento del freno di
parcheggio era solo dipeso da una carenza di informazione sull’impiego del
sistema frenante del mezzo e che neppure abnorme poteva considerarsi il tentativo
di salire sul mezzo in movimento per fermarne la corsa dato che quel tentativo

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non era estraneo alla attività produttiva ed era, comunque, ispirato dalla necessità
di salvare un mezzo della azienda e prevenire l’investimento degli altri lavoratori
che operavano nel cantiere.
Tanto chiarito, va osservato, quanto al primo motivo con cui il ricorrente —come
accennato- si duole che la Corte territoriale non abbia tenuto conto del passaggio

in giudicato della sentenza nei confronti del Bordonaro non costituitosi in grado di
appello, che la censura è fondata.
È pacifico nella giurisprudenza della Corte il principio secondo il quale, in ipotesi
di responsabilità solidale tra coobbligati, si verte in causa scindibile (art. 332
c.p.c.), cosicché, l’appello proposto da uno soltanto dei condannati in solido non
impedisce il passaggio in giudicato della sentenza nei confronti del coobbligato
non appellante, qualora, nei suoi confronti, siano decorsi i termini di cui agli artt.
325 e 326 c.p.c. (vedi, tra le numerose, Cass. n. 7308/2007; Cass. 18 ottobre 2005,
n. 20140). Con l’ulteriore precisazione che il principio del giudicato riflesso,
ovvero il principio per cui un coobbligato può avvalersi del giudicato favorevole
emesso in un giudizio promosso da altro coobligato anche se non vi ha
partecipato, può essere invocato solamente da un soggetto che non sia diretto
destinatario di un diverso e contrario giudicato formatosi nel frattempo (Cass. 6
aprile 2004, n. 6694).
I richiamati principi sono sicuramente applicabili alla fattispecie, ravvisata dal
giudice di primo grado, di obbligazione solidale con cui si è posta a carico dei due
soggetti, in solido, l’obbligo di pagare la retribuzione dovuta al lavoratore, non
ricorrendo l’ipotesi della pregiudizialità-dipendenza tra le posizioni dei coobbligati
(su cui vedi, per es., Cass. 18674/2005).
Il motivo va, quindi, accolto.
Privi di fondamento sono , invece, i successivi motivi, rispetto ai quali, le
argomentazioni espresse dalla Corte territoriale, valgono, già di per sé, a fornire

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elementi di adeguato riscontro.
Il Giudice a quo ha, infatti, in primo luogo tenuto a chiarire come le modalità
dell’infortunio, per cui è controversia, non fossero contestate dalle parti, sicché
doveva ritenersi accertato che il 2 dicembre 1993 Giuseppe Misseri, durante le
operazioni di carico di terra effettuate in una zona in. discesa, dopo avere inserito

il freno di manovra scendeva dall’autocarro per togliere dal terreno alcune pietre
che ostruivano il passaggio. Accortosi che l’autocarro aveva iniziato
improvvisamente a scendere lungo il pendio, si poneva al suo inseguimento e
tentava di aggrapparsi allo sportello, ma, mentre era in procinto di aprilo, veniva
sbalzato a terra con violenza per effetto del movimento irregolare del mezzo,
rimanendo travolto dalle ruote posteriori e riportando lesioni gravissime.
Ha poi proceduto ad individuare le responsabilità del sinistro, osservando che
dall’ampia istruttoria compiuta in primo grado non erano emersi nei confronti del
datore di lavoro elementi di responsabilità in relazione all’infortunio di cui
trattasi, né, tanto meno, specifiche violazioni di norme in materia di prevenzione
degli infortuni sul lavoro.
Si è preoccupato, quindi, di motivare tali conclusioni, osservando che detti
elementi non potevano essere costituiti, come ritenuto dal Tribunale, dalla
mancata specifica informazione sulle modalità di utilizzo del sistema frenante da
parte del datore di lavoro, posto che il Misseri era ben a conoscenza di tale
sistema, essendo un esperto nella guida dell’autocarro in questione per averlo in
precedenza condotto per lunghi periodi (cfr. dichiarazioni di Pizzo Girolamo e di
Aceardì Salvatore, entrambi colleghi di lavoro del Misseri).
Peraltro, anche gli accertamenti eseguiti dal Corpo Regionale delle Miniere Distretto Minerario di Palermo avevano escluso elementi di responsabilita a carico
del datore di lavoro.
Alla stregua di tutto quanto precede ha, coerentemente, escluso che l’infortunio in

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questione fosse stato determinato da condotte od omissioni poste in essere dal
datore di lavoro e che queste avessero avuto una benché minima efficienza
causale nella determinazione dell’evento, dovendosi invece ritenere che esso era
da addebitare alla condotta del lavoratore il quale, da un lato, scendendo
dall’automezzo in un terreno in discesa aveva omesso di inserire il freno di

parcheggio e, dall’altro, si era posto all’inseguimento dell’autocarro,
aggrappandosi allo sportello e tentando di entrare nella cabina di guida.
Ha, infine concluso, con una valutazione in fatto, fondata sul descritto
accertamento, e con opportuni riferimenti alla giurisprudenza di questa Corte, che
una tale condotta presentava i caratteri della abnormità, inopinabilità ed
esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute con
conseguente esonero totale del datore di lavoro da responsabilità (Cass.
n.7454/2002; Cass. n. 5920/2004; Cass. n.4980/2006).
Trattasi di una valutazione del giudice di merito, debitamente argomentata,
rispetto alla quale risulta del tutto irrilevante la questione della identificazione del
datore di lavoro.
Per quanto esposto, va accolto il primo motivo e rigettati gli altri, con conseguente
cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto. Sussistendo i
presupposti per la decisione della causa nel merito (art. 384, 2° comma, ult. parte,
c.p.c.), va confermata la sentenza di primo grado nei confronti di Bordonaro
Pietro, Benito e Giuseppe, quali eredi di Bordonaro Salvatore, e così pure, nel
resto, la sentenza impugnata, con compensazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta gli altri. Cassa la sentenza
impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, conferma la
sentenza di primo grado nei confronti di Bordonaro Pietro, Benito e Giuseppe,
quali eredi di Bordonaro Salvatore. Conferma nel resto la sentenza impugnata e

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compensa le spese di questo giudizio.

Roma, 20 novembre 2013.

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