Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28562 del 06/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 06/11/2019, (ud. 11/09/2019, dep. 06/11/2019), n.28562

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21948-2013 proposto da:

F.S., elettivamente domiciliato in ROMA V. A. GRAMSCI

54, presso lo studio dell’avvocato GIAMPIERO TASCO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIORGIO POZZI, giusta

procura in calce;

– ricorrente –

contro

AGEZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempere,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 202/2013 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata i 04/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/09/2019 dal Consigliere Dott. MAURA CAPRIOLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TOMMASO BASILE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente, l’Avvocato POZZI che si riporta agli

scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con sentenza n. 202 del 2013 la CTR del Lazio accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP di Roma con cui era stato accolto il ricorso del contribuente F.S., socio accomandatario della società Iter s.a.s., nei confronti della cartella di pagamento della maggiore imposta di registro in relazione ad atti di compravendita di appartamenti stipulati dalla società nell’anno 1994.

Rilevava che l’atto impugnato doveva considerarsi adeguatamente motivato, contenendo la chiara indicazione dei presupposti di fatto e diritto e delle ragioni giuridiche che lo avevano determinato.

Osservava poi, per quanto riguarda la posizione dell’appellato, che lo stesso, in quanto socio, era subentrato nei rapporti attivi e passivi facenti capo alla società pendenti alla data dell’acquisizione della relativa qualità, sicchè doveva rispondere illimitatamente dei debiti sociali rimasti insoddisfatti della società cancellata dal registro delle imprese.

Relativamente al merito, evidenziava che la fondatezza della dichiarazione di maggior valore degli appartamenti a suo tempo venduti dalla società era stata già accertata definitivamente dalla sentenza n. 259 del 2008 emessa dalla CTP nell’ambito del giudizio promosso dalla predetta società avverso l’avviso di accertamento avente ad oggetto il predetto maggior valore.

F.S. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR fondandolo su 9 motivi.

L’agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine di riservarsi l’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Con un primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, comma 2, art. 49 e art. 53, comma 2, nonchè degli artt. 102,103 e 331 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Sostiene il ricorrente che la CTR avrebbe dovuto disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti del concessionario della riscossione Equitalia Gerit s.p.a. (ora Equitalia Sud s.p.a.) in forza del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, che prevede l’obbligo per l’appellante di notificare l’atto di appello nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado, sicchè la mancata notifica al concessionario avrebbe determinato la nullità dell’intero procedimento, rilevabile in sede di legittimità, con la conseguenza che questa corte dovrebbe rimettere le parti ex art. 331 e 383 c.p.c. avanti al giudice di appello.

Osserva poi che la partecipazione al giudizio dell’ente concessionario non poteva ritenersi estranea al rapporto sostanziale, giacchè nel presente giudizio si controverte anche di vizi propri della cartella, e non solo di merito.

Con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, comma 2, art. 49 e art. 53, comma 2. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Il ricorrente lamenta che qualora fosse ravvisato un caso di litisconsorzio facoltativo, la CTR avrebbe comunque dovuto dichiarare l’inammissibilità dell’appello, attesa la mancata notifica del gravame nei confronti del concessionario della riscossione Equitalia Gerit, già costituitasi nel procedimento di primo grado.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19, 36 e 51, nonchè dell’art. 324 e 329 c.p.c e dell’art. 102 e 103 c.p.c. nonchè dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Afferma infatti che la Ctr avrebbe dovuto rilevare il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado in relazione ai punti della decisione relativi alla fase di riscossione che non aveva formato oggetto di impugnativa da parte di Equitalia Gerit s.p.a..

Con un quarto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19, 36 e 51, nonchè dell’art. 324 e 329 c.p.c e dell’art. 102 e 103 c.p.c. nonchè dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con un quinto motivo il contribuente lamenta omessa pronuncia in relazione all’eccepita mancata contestazione specifica dei fatti enunciati nel ricorso ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 23 e dell’art. 115 c.p.c..

Osserva infatti che la mancata contestazione specifica dei fatti renderebbe definitivamente provati i fatti non contestati dalla controparte.

Con un sesto motivo deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 1, nonchè del D.M. 1999, art. 1, nonchè della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, nonchè degli artt. 3 e 24 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Critica in particolare la decisione nella parte in cui ha ritenuto motivata la cartella impugnata, malgrado dalla stessa si evincesse l’assoluta carenza di motivazione, come rilevata dai giudici di primo grado.

Con il settimo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 1292,2310,2311 c.c. della violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 14, nonchè degli artt. 3 e 24 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Osserva infatti che la CTR, nel ritenere non necessaria all’odierno ricorrente la notifica dell’atto presupposto, non avrebbe fatto buon governo della normativa citata in rubrica.

Con l’ottavo motivo il contribuente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in ordine all’eccezione di difetto di legittimazione del contribuente per aver acquisito la qualità di socio in data (OMISSIS).

Da ultimo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in ordine all’eccezione di merito riguardante l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo della sanzione per imposta di registro ed invim.

In relazione ai primi due motivi giova ricordare che: “L’obbligatorietà dell’integrazione del contraddittorio nella fase dell’impugnazione, al fine di evitare giudicati contrastanti nella stessa materia e tra soggetti già parti del giudizio, sorge non solo quando la sentenza di primo grado sia stata pronunciata nei confronti di tutte le parti tra le quali esiste litisconsorzio necessario sostanziale e l’impugnazione non sia stata proposta nei confronti di tutte, ma anche nel caso del cosiddetto litisconsorzio necessario processuale, quando l’impugnazione non risulti proposta nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado, sebbene non legati tra loro da un rapporto di litisconsorzio necessario, sempre che si tratti di cause inscindibili o tra loro dipendenti (art. 331 c.p.c.), nel qual caso la necessità del litisconsorzio in sede di impugnazione è imposta dal solo fatto che tutte le parti sono state presenti nel giudizio di primo grado”. (Cass. n. 492 del 2019).

Ciò posto si osserva che al giudizio di primo grado avevano partecipato tanto l’agenzia delle entrate quanto Equitalia, nella rispettive loro qualità di ente impositore e di riscossione.

Quest’ultimo soggetto, come specificato dal ricorrente sulla base degli atti evincibili dal fascicolo d’ufficio del giudizio davanti alla CTR, non è stato convenuto in appello dall’agenzia delle entrate.

Ora, pur rilevando che tra ente impositore ed agente per la riscossione non sussiste, in effetti, litisconsorzio necessario di natura sostanziale, ben potendo partecipare al giudizio – nell’ipotesi in cui si contesti non soltanto la regolarità dell’azione di riscossione ma anche la fondatezza nel merito della pretesa impositiva – indifferentemente l’uno o l’altro (Cass. SS. UU. 16412/07 ed altre), altrettanto indubbio è che il vincolo di litisconsorzio avesse nella specie natura prettamente processuale; così da imporre che il giudizio di appello si svolgesse nei confronti di tutte indistintamente le parti del primo grado.

In assenza di ciò, si produce non l’inammissibilità dell’appello ma l’esigenza di integrazione del contraddittorio.

Si è in proposito affermato (Cass. n. 27616/18; 10934/15 ed altre) che: “Nel processo tributario, in caso di litisconsorzio processuale, che determina l’inscindibilità delle cause anche ove non sussisterebbe il litisconsorzio necessario di natura sostanziale, l’omessa impugnazione della sentenza nei confronti di tutte le parti non determina l’inammissibilità del gravame, ma la necessità per il giudice d’ordinare l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., nei confronti della parte pretermessa, pena la nullità del procedimento di secondo grado e della sentenza che l’ha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità” (Cass. 2019 n. 14213).

Va in effetti riscontrata la mancata notificazione dell’appello ad Equitalia Gerit s.p.a., ora Equitalia Sud (parte nei precedenti gradi di giudizio) nei cui riguardi deve essere integrato il contraddittorio, anche in considerazione del fatto che, diversamente da quanto affermato dalla CTR, nel presente giudizio non si controverte solo sulla fondatezza della pretesa fiscale perchè il contribuente chiede l’annullamento di atti propri della fase di riscossione anche in relazione al difetto di motivazione della cartella e alla violazione della L. n. 212 del 2000. All’accoglimento dei primi due motivi segue l’assorbimento dei rimanenti.

La sentenza impugnata va cassata e dichiarata la nullità del giudizio di secondo grado, con rinvio degli atti alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per la rinnovazione del grado nella pienezza del contraddittorio; la CTR provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:

– accoglie il primo e secondo motivo del ricorso, assorbiti i restanti;

– cassa la decisione impugnata rinviando alla CTR del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese della fase di legittimità.

Così deciso in Roma, il 11 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2019

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